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Barbarano, meta di pellegrinaggi per la salvezza

Istintivamente, si è portati a pensare che il nome “Barbarano”, una frazione del comune di Morciano Di Leuca, derivi da “barbari”, ma una tradizione secolare, oggi scomparsa, documenta in senso contrario.

Un tempo, In questo piccolo Paese,  i Pellegrini che viaggiavano per raggiungere mete di culto come la collina di  Vereto o il famosissimo Santuario di Santa Maria di Leuca, solevano sostare per rifocillarsi e riposarsi.
Il nome, dunque, deriverebbe piuttosto dal greco barboroi nel significato di forestieri, quali erano appunto i pellegrini.

Leuca Piccola

Barbarano è nota, oltre alle famose Vore, per il cosiddetto “Complesso di Leuca Piccola”.
Vi sarete sicuramente già posti la domanda…”Ma perché Leuca Piccola?” L’aggettivo si riferisce al fatto che questo Santuario riproduce in forma “ridotta” il Santuario di Santa Maria di Leuca precedente a quello attuale.

“…e perché complesso?” La risposta è molto semplice; oltre al piccolo Santuario, sul sito sono presenti diverse strutture: i sotterranei della Chiesa, delle arcate e un  piazzale ove, un tempo, si svolgeva il mercato,  rimesse e scuderie,  una vecchia  locanda e un’officina realizzate, però, in periodi diversi.

La parte più antica è costituita dal piccolo Santuario che, in origine e per secoli, era stato un tempio dedicato alla dea Minerva, e che le prime generazioni di Cristiani dedicarono poi alla Vergine Maria.
Fu solo nel 1685 che iniziarono i lavori (terminati nel 1709) per la costruzione delle altre strutture, e in quest’occasione fu ristrutturato e modificato anche il Santuario.

Per capire l’importanza di questo luogo, dobbiamo aprire una piccola parentesi sui pellegrinaggi.
Nel mondo Cristiano sono esistite due forme di pellegrinaggio:

  • devozionale
  • penitenziale

Il primo, devozionale, esiste sin dall’epoca paleocristiana, e veniva praticato per visitare i luoghi della vita di Cristo e vivere più da vicino la sua storia e la sua passione.

Il secondo ha origini più tarde, è legato alla tradizione insulare (anglosassone e irlandese), risalente al VI secolo.  Questo tipo di pellegrinaggio portò all’evolversi del sacramento della Penitenza.

Prima del ‘500, infatti, la confessione e la penitenza dei peccati avvenivano in forma pubblica, era un rito molto suggestivo, a cui partecipava l’intera comunità. Generava partecipazione al pentimento, impegno a pregare per i peccatori e stimolo all’autocorrezione.
I nomi dei peccatori venivano scritti in un registro; il primo giorno di Quaresima i penitenti confessavano ad alta voce davanti al vescovo i loro peccati. Il vescovo, dopo aver assegnato a ciascuno la propria penitenza, imponeva sul capo dei penitenti un pugno di cenere e li scomunicava.
L’intero rito durava sino alla Pasqua; nella mattina del Giovedì Santo il vescovo celebrava una messa proprio per riconciliare i peccatori, abbracciandoli uno ad uno.

Nel VI secolo, i monaci irlandesi iniziarono a diffondere una nuova prassi che nell’alto medioevo, fu  esportata, dai missionari, nel continente europeo. Era la forma privata della confessione, tra il prete e il peccatore, al quale venivano poi imposte le opere di penitenza in base alla gravità dei propri peccati.
Erano soprattutto penitenze fisiche, come mortificazioni corporali, astensione dai rapporti coniugali, digiuni; alcune erano più spirituali, come intraprendere pellegrinaggi o partecipare a veglie di preghiere, altri ancora più speculativi, come il pagamento delle indulgenze.

Il Pellegrinaggio era una forma di dura condanna verso una colpa molto grave. Il reo era condannato  vagabondare in continuazione per terre sconosciute o pericolose vivendo di elemosina e nella povertà.
I pellegrini penitenziali, solo successivamente, iniziarono ad avere mete ben precise, che coincidevano con quelle dei pellegrini devozionali,  fu così che le due forme di pellegrinaggio si sovrapposero fino ad uniformarsi e confondersi tra loro.

Ma quali erano le mete del loro itinerario? I Pellegrini che arrivavano da tutte le parti del mondo, Francia, Spagna, Belgio, Polonia, sostavano prima a Roma, presso la tomba di San Pietro e Paolo, poi proseguivano fino alla grotta di San Michele, sul Gargano, e scendevano sempre più giù fino ad arrivare alla punta estrema del Basso Salento: a Santa Maria di Leuca. Da qui si imbarcavano sulle acque del Mediterraneo ed infine giungevano in Terra Santa.

Santa Maria di Leuca, quindi, ha svolto un ruolo fondamentale di unione tra il mondo Cristiano Occidentale e quello Orientale. Non a caso, la zona del Basso Salento era chiamata “il Capo di Leuca”; questo ruolo fu, però,  perso in seguito alla conquista della Terra Santa  per mano Musulmana (638). I pellegrinaggi diretti oltre mare diminuirono a causa dei pericoli a cui i Pellegrini rischiavano di andare incontro, salpando in una terra non più devota al culto ma alla guerra tra Cristiani e Musulmani. “De Finibus Terrae” – “Terra di Confine”, fu il nuovo appellativo di questo estremo lembo di terra proteso verso l’Oriente, una sentinella ai confini del mondo Cristiano, oltre il quale c’era solo il mare e le terre dominate dall’Islam.

Altrettanto importante è stato il ruolo di Leuca Piccola, soprattutto dopo i lavori di restauro, grazie ai quali divenne, usando dei termini forse un pò azzardati per rendere l’idea, una piccola stazione di servizio, una specie di moderno Autogrill, dove i Pellegrini potevano fermarsi, riposare e rifocillarsi nella locanda, oggi purtroppo distrutta, o nei sotterranei. Potevano anche preparare le provviste necessarie per rimettersi in cammino, acquistandole al mercato, che si svolgeva sullo spiazzale introdotto da splendide arcate, o lavorando direttamente i campi e tenendo per sé i frutti del raccolto.

Durante la loro sosta, i Pellegrini lasciavano i loro animali nelle rimesse, o nella scuderia e potevano far riparare i loro carri in una piccola officina, affiancata al Santuario (l’officina in cui, fino a pochi anni fa, prima che chiudesse, lavorava Mastro Giovannino Fanciullo, uno degli ultimi caraderi della provincia di Lecce.)

Sandra Sammali

BIBLIOGRAFIA:
A. De bernardi S. Guarracino “la conoscenza storica”, Mondadori


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