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Edoardo Winspeare, innamorato del Salento

a cura di Francesco Accogli

Negli ultimi anni nel Salento si sta registrando un vero e proprio risveglio culturale che non è difficile avvertire. Per la verità, il settore che più di altri è in continua evoluzione e gode un particolare interesse del vasto pubblico è soprattutto quello cinematografico, seguito a ruota da quello letterario.

Uno dei rappresentanti che riteniamo abbia contribuito non poco a questo rinascimento cinematografico è sicuramente il regista salentino Edoardo Winspeare, di Depressa, frazione del Comune di Tricase, centro politico e commerciale del comprensorio del Capo di Leuca nell’estremo Salento.


Ma chi è Edoardo Winspeare? Perché viene chiamato regista anglo-salentino?

Edoardo Winspeare, figlio di una nobile famiglia, è nato il 14 settembre 1965 a Klagenfurt, in Austria, da Riccardo e da Elisabetta von und Liechtenstein (la madre è cugina del principe del Lichtenstein, il padre discende dal ceppo di piccola nobiltà inglese che nel 1600 si rifugiò in Italia, prima a Napoli e poi in Puglia e in Sicilia, perché cattolico; attualmente ha il titolo nobiliare di barone).

Ha frequentato le Scuole elementari e medie inferiori a Tricase ed ha conseguito la Maturità in un noto Liceo Classico di Firenze.

Successivamente ha perfezionato la conoscenza della lingua tedesca a Salisburgo ed ha studiato, con assiduità ed impegno, cinematografia e televisione a Monaco di Baviera, conseguendo la specializzazione con il massimo dei voti e la lode.

La sua prima esperienza cinematografica è stata un cortometraggio relativo alla conoscenza di alcuni gruppi etnici tedeschi, subito dopo ha prodotto “L’ultimo gattopardo”, cortometraggio dedicato al duca Guarini e ben sette documentari fra i quali ricordiamo: “San Paolo e la Tarantola” del 1990.

Edoardo Winspeare ha raggiunto la notorietà a livello nazionale ed internazionale come regista del film lungometraggio “Pizzicata”, con proiezione dell’opera prima il 10 maggio 1996 presso il Cine-teatro “Moderno” di Tricase.

Il film è un atto d’amore per il Salento, una terra misteriosa, di antica civiltà e tipica della tradizione culturale-religiosa del tarantismo, della tarantola e della “pizzica”, caratteristica danza della tradizione popolare salentina.

“Pizzicata” è una bella e intensa storia d’amore ed un viaggio meraviglioso alla riscoperta delle nostre radici. Ricordiamo con piacere le riprese cinematografiche effettuate nelle vie e nelle piazze di Tricase e in altri incantevoli luoghi del basso Salento. Come ricordiamo volentieri il centro di Tricase ammantato da una coltre di ghiaia di tufo ed avvolto in un’atmosfera irreale lontana nel tempo. Con maestria e dedizione vi lavoravano, in perfetta simbiosi, tecnici e artisti di professione con attori e comparse reclutate tra la gente della nostra terra, nel solco della tradizione dei grandi registi del cinema neorealista italiano.

Successivamente il giovane regista ha preparato un altro lungometraggio dal titolo “Sangue Vivo”. Presentato in anteprima nazionale il 31 maggio 2000 a Lecce, il nuovo film ha avuto un’accoglienza calorosa da un folto pubblico accorso da tutta la provincia.

“Sangue Vivo” racconta la storia di due fratelli, Pino e Donato, cioè Pino Zimba (deceduto nel 2008) e Lamberto Probo, attori non professionisti ma musicisti di rango che, nella realtà, hanno fondato il gruppo degli “Zoè”. I due sono divisi dalla morte del padre e dalle scelte della vita. Pino fa il contrabbandiere, ma crede nella musica, Donato si dà a droga e rapine.

Pino cerca di ricucire il cordone ombelicale che lo legava al fratello, alla sua famiglia, alla sua terra. Sa che la musica è l’unica maniera per salvare suo fratello dallo spettro dell’eroina e dalla pericolosa amicizia che lo lega a Giovanni, un malvivente senza scrupoli. Donato è un grande talento musicale ma sbarca il lunario tra piccoli furti, spaccio e un gruppo di amici che vivono nel nulla della piazza del paese. Nè la madre, nè l’amore di Teresa riescono sufficientemente a motivarlo.

Nel frattempo Pino firma un contratto discografico, mentre Donato rifiuta e sceglie l’isolamento, ricadendo nell’eroina e nel coinvolgimento in una rapina mal organizzata. L’ultima speranza è riposta nell’aiuto del fratello maggiore che cerca di risvegliare in lui l’antica passione e la capacità di resistenza tipiche dei salentini. La musica, quindi, diventa una valvola di sfogo, un mezzo per salvarsi, una microdimensione dove poter sorridere e ritrovarsi.

Il  tutto in linea con il titolo “Sangue Vivo” che proprio questo richiama: il ritmo ossessivo del tamburello con cui da tempo immemorabile, in quest’estremo lembo d’Italia, si cerca di ammansire la forza oscura e dolorosa che può abitare luoghi e persone.

Winspeare si conferma così il miglior interprete di un’anima del Sud che nei suoi film sembra ancora autentica e viva. Egli, in fondo, non fa altro che valorizzare la terra che ama. Cantare e valorizzare il Salento attraverso i luoghi, i volti, le persone, gli idiomi, la cultura tradizionale e, soprattutto, la musica, una musica ancestrale e sempre moderna ed attuale.

La “pizzica”, come già nell’opera precedente, sembra non voler essere “solo” una colonna sonora, ma contribuire piuttosto alla caratterizzazione dell’atmosfera che domina l’intera vicenda raccontata da “Sangue Vivo”, come se le canzoni degli Zoè costituissero una cornice logica alla vicenda animata da caratteri e situazioni tipiche della terra del Salento.

Gli Zoè, uno dei gruppi di punta nella scena della riproposta della musica popolare salentina, oltre ad interpretare il film (Pino Zimba e Lamberto Probo), ne hanno composto la fondamentale colonna sonora. Zoè, in greco, significa vita. E si capisce subito, ascoltando, perché i musicisti abbiano scelto questo nome e perché Edoardo Winspeare abbia affidato proprio a loro le musiche del film.

La sceneggiatura è firmata dalla salentina Giorgia Cecere, autrice più di dieci anni fa dei dialoghi e della sceneggiatura del mai dimenticato film di Gianni Amelio “Il ladro di bambini”. Con Gianni Amelio ed Ermanno Olmi, sono i suoi maestri, e con altri, come il noto Vincenzo Cerami, ha diviso il cammino ed ha perfezionato la sua preparazione. “Sangue Vivo”, ha dichiarato ai giornali la Cecere, ” è stato pensato a lungo, forse un anno, e scritto in quindici giorni a Leuca, in un agosto terribile, caldissimo. Ricordo come fosse violento lo sforzo fisico per mantenere la concentrazione ma non c’è altro sistema per fare cose vive”.

E’ giusto ricordare che “Sangue Vivo” ha conquistato premi in tutto il mondo (premiato a San Sebastian e Montepellier, invitato a London Film Festival, a Buenos Aires, Villerupt e Rotterdam, solo per fare qualche esempio) ed è stato anche presentato al “Sudance Film Festival”, primo film italiano selezionato per la manifestazione fondata da Robert Redford e dedicata al cinema indipendente. La sala era piena e al pubblico è piaciuto molto.

Sicuramente i due film di Edoardo Winspeare, il primo “Pizzicata” ed il secondo “Sangue Vivo” hanno contribuito notevolmente alla riscoperta in tutta Italia della “pizzica” e del mito della taranta. Grazie a questa attenzione e a quanti sono sempre stati appassionati dal ritmo della “pizzica”, sono venute anche le grosse rassegne che hanno richiamato l’interesse e la partecipazione di grandi nomi della musica nazionale ed internazionale.
E il regista Edoardo Winspeare così rispondeva ad un giornalista che gli chiedeva il segreto di “Sangue Vivo”:

“Credo che sia piaciuto perché è una storia di sentimenti, di valori, e di umanità, e, grazie alla naturalezza del dialetto, ‘parla’ in maniera semplice al pubblico. In un panorama cinematografico piuttosto omologato, probabilmente, queste caratteristiche hanno finito per essere determinanti. E’ questo il segreto, se così si può chiamarlo. Il Salento di cui parlo è schietto e autentico”.

Mentre scriviamo è nelle sale cinematografiche il terzo lungometraggio di Edoardo Winspeare “Galantuomini” che è stato ambientato nella città di Lecce e in alcuni Comuni della provincia. L’esordio è stato salutato dalla critica in modo positivo e i giudizi sono stati lusinghieri. Come dire: il successo continua e noi siamo davvero contenti per il conterraneo regista e per il nostro territorio.

Quanti volessero saperne di più sia sull’Uomo che sul regista Edoardo Winspeare si consiglia: Accogli Francesco e Peluso Virginia (a cura di), Viaggio nel cinema di Edoardo Winspeare, Tricase, Edizioni dell’Iride, 2003.


Un commento su “Edoardo Winspeare, innamorato del Salento

  1. Maurizio de Franchis ha detto:

    Caro Maestro….Lei è una di quelle eccezionali presenze che riescono a mantenere vivo il “fuoco sacro del Sud”nonostante il buio nel quale l’indifferenza del potere l’ha destinato.Mi chiamo Maurizio de Franchis voce storica di Toni Esposito,nonchè cantautore e compositore.Sarei estremamente onorato e felice di servire in qualche modo alla sua arte.Lei non immagina quanti sostenirori tra gli addetti ai lavori e non,qui dalle mie parti,abbiano capito ed apprezzato il suo messaggio.Nel salutarla la prego di continuare sempre così.

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