Home » Personaggi illustri salentini » Tricase: la cara patria di Ferdinando Maria Orlandi

Tricase: la cara patria di Ferdinando Maria Orlandi

Su Ferdinando Maria Orlandi lo studioso Nicola Vacca così si espresse: “Nonostante diligenti ricerche, non sono riuscito a trovare l’atto di nascita di questo benemerito salentino cultore appassionato di agronomia. Ma dal registro dei defunti risulta che Ferdinando Maria Orlandi, U. J. D. e sacerdote, figlio del fu Francesco e D. Maddalena Baldari da Galatina, morì di circa 45 anni nella sua casa in Tricase il 3 dicembre del 1790. Nacque, dunque, circa il 1745”1.


In effetti l’atto di morte di Ferdinando Maria Orlandi risulta a pagina 248 del Liber Defunctorum (1782-1805) della Chiesa Matrice di Tricase2. Era allora parroco don Vincenzo Resci, ma l’estrema unzione venne impartita da don Pasquale Piri.

Anche il prof. Hervè A. Cavallera, in occasione della ristampa anastatica Dell’Arte del Pelacane e della Vallonea dell’Orlandi, pubblicata nel febbraio 1988, in merito alla sua biografia precisò: “Poche le notizie sull’Orlandi ed incerta la data di nascita”3.

Tenendo presente i contributi di Nicola Vacca e di Hervè A. Cavallera, abbiamo pensato comunque di fare una accurata ricerca presso l’archivio della Chiesa Matrice di Tricase e, per fortuna, la nostra costanza è stata premiata. Infatti, adesso possiamo tranquillamente affermare che Aloisio, Ferdinando, Gaetano Orlandi è nato a Tricase il 9 marzo 1746 ed è stato battezzato il giorno dopo, cioè il 10 marzo 17464. Pertanto, sappiamo ormai con sicurezza che Aloisio, Ferdinando, Gaetano Orlandi  è nato a Tricase e che è vissuto 44 anni e nove mesi. I suoi genitori furono Francesco e Maddalena Baldari di Galatina e fu dottore in utroque iure e sacerdote.

La vita di Ferdinando Maria Orlandi appartiene, quindi, al periodo storico della seconda metà del secolo XVIII; un periodo sostanzialmente positivo per il Meridione d’Italia dal punto di vista economico e sociale, segnato da una forte concezione riformistica nel settore dell’attività artigianale e della piccola industria.

Ma quale era la vita in Tricase, la “cara Patria”, come era solito esprimersi l’Orlandi?

Notizie particolareggiate dal punto di vista politico, sociale, economico e religioso di Tricase è possibile ricavarle dal Catasto Onciario, conservato presso l’Archivio di Stato di Lecce, che reca la data del 17455. Dall’esame di tale Catasto si deduce che i tre borghi, quelli che avrebbero dato vita a Tricase, ormai facevano parte integrante del nucleo abitativo e che la via Giuseppe Pisanelli (attuale via San Demetrio), sorta sull’antico fossato, era diventata la strada principale dell’abitato.

Tricase era amministrata da un sindaco assistito da quattro consiglieri e da un governatore, il quale, scelto dal principe tra le persone non indigene, amministrava la giustizia ed aveva anche il potere di dettare prescrizioni a tutti i cittadini. Nel 1754, per esempio, operavano diversi professionisti rappresentati da due giudici a contratto, cinque notai, quattro medici e due chirurghi. Numerosi erano i contadini e gli artigiani, tra i quali sono registrati nel Catasto un indoratore ed un conciatore di pelli, quest’ultimo erede di una lunga ed attiva tradizione locale, perché la concia delle pelli, abbastanza diffusa in Terra d’Otranto, era in Tricase particolarmente famosa per i suoi cordovani o marocchini, come è possibile verificare proprio dall’opera scritta da Ferdinando Maria Orlandi sull’arte del pelacane e della valonea, grazie alla diffusione nel territorio tricasino della quercia vallonea6.

Come caratteristica di Tricase l’Orlandi ricorda la quercia valonea o pizzofao o falanida. Un esemplare enorme, stupendo, plurisecolare, che tuttora si ammira, non distante da un altro bosco di antiche vallonee, sulla strada che da Tricase città conduce al Porto. Oppure, quando parla delle fortune formatesi con l’industria delle pelli, le disposizioni governative per perfezionare la concia, i diversi usi e le diverse qualità di cuoio, aggiunge:

“Ma non posso però passar sotto silenzio i marocchini di Tricase senza taccia di disamorato, ed ingrato alla cara Patria, onde mi sia lecito pagar qui questo tributo, giacché e la di loro morbidezza, e fina delicatezza, e l’altre qualità, che l’accompagnano, rendendoli pregevolissimi, par con ragione richieggano da me, che particolarmente qui di essi favellassi”7.

Ma l’amore per Tricase si evince in tutta l’opera dell’Orlandi. Di Tricase, lo scrittore ricorda l’attaccamento a casa d’Aragona e rammenta i privilegi ottenuti da Federico d’Aragona e dall’imperatore Carlo V. In tutto il volume l’autore dimostra un grande affetto per il paese natìo ed a proposito della gloriosa storia di Tricase e dei privilegi ottenuti dai sovrani precisa:

“Sarebbe a desiderarsi, che talun genio, ben facente alla Patria, riproducesse alla luce del giorno gli accennati privilegi, a sol’oggetto che i nostri concittadini, con grata piacevole rimembranza, specchiandosi nel passato, vieppiù s’accendessero ne’ di loro petti, i semi di gloria, ereditati da di loro Maggiori, e quindi sapessero anch’essi, dimostrando sempre più il di loro attaccamento, fede, e zelo all’Amabilissimo Nostro Signore e Padre Clementissimo Ferdinando IV, che Iddio sempre feliciti per la delizia dè suoi popoli, rimeritarsi la continuazione delle Sovrane Beneficenze “8.

Ritornando all’arte del pelacane è d’obbligo precisare che questo mestiere, molto antico ed un tempo fiorente, nel secolo XVIII era in crisi, non essendo registrato nel Catasto Onciario che un solo pelacano o marocchino.

 

Grazie all’Orlandi è stato possibile venire a conoscenza delle diverse fasi di lavorazione o concia delle pelli, degli attrezzi che venivano usati, delle citate conche dei pelacani, nelle quali si effettuava un prolungato lavaggio con acqua salata e come le pelli, in ultimo, venivano ingallate spargendovi sopra la nota Vallonea ridotta in polvere e, come ancora, nel Porto di Tricase attraccavano bastimenti per lo scambio di merci di vario genere; si importavano e si esportavano il cuoio e le materie affini (ghiande, legno di Vallonea, tannini, cordovano, marocchini, ecc., ecc.). Le pelli così conciate raggiungevano la perfezione cui erano pervenuti i gallicaj o pelacaj tricasini e gareggiavano con le pelli di qualsiasi provenienza e nazionalità.

Da queste brevi note si evince chiaramente come Ferdinando Maria Orlandi abbia saputo cogliere un aspetto importante del mondo lavorativo del passato locale. L’Orlandi, in particolare, descrivendo l’Arte del Pelacane e della Valonea ci ha lasciato preziose ed utili informazioni su una fiorente attività artigianale tricasina ed è riuscito a divulgare contemporaneamente un antichissimo mestiere, un’antica tradizione artigianale o, se si vuole dire con le sue stesse parole

“dell’altra da questa immediatamente derivante del Calzolaio, sopra tutto dopo che si depose l’uso di fasciar le gambe, ed i piedi, e si sostituì l’altro più comodo degli stivali, delle calzette e delle scarpe”9.

Per quanto riguarda l’istruzione, in questo periodo si può parlare dell’esistenza di una scuola, anche se tenuta da ecclesiastici. Infatti, nel 1663 si era avuta l’istituzione di una scuola pubblica per disposizione testamentaria del principe Stefano Gallone, ma, nonostante l’erogazione, stanziata dai principi, di ulteriori contributi finanziari, quei corsi non sortirono effetti positivi e l’istruzione popolare languì per molti anni, fin quando un nipote del principe, l’abate Arcangelo Gallone, col testamento del 2 novembre 1746 non nominò suoi eredi universali gli scolopi10, a condizione che istituissero in Tricase un collegio per l’istruzione popolare. I religiosi, stabilitisi in Tricase nel 1752, vi occuparono il palazzo del testatore nel borgo Fornomascio11 lungo l’attuale via Mons. Ingletti.

Gli arcipreti della Chiesa Parrocchiale tricasina, nel periodo che ci riguarda, come ben documentato dal parroco Noè Summonte12, furono: “D. Michelangelo D’Elia dal 1 dicembre 1730 al 20 maggio 1771 e D. Vincenzo Resci dal 22 novembre 1771 al 7 febbraio 1807”.

Ferdinando Maria Orlandi, nell’ultima parte della sua vita, grosso modo negli anni tra il 1780 ed il 1790, scrisse importanti memorie sulla coltura del tabacco, sulla ferrandina o pannina e sull’arte del pelacane o concia delle pelli.

Ecco l’elenco delle sue opere in modo ordinato:

1.      Memoria su la coltivazione della pianta del tabacco, e manipolazione di esso, praticata nella provincia di Lecce scritta dal Sig. D. Ferdinando Maria Orlandi di Tricase, in “Magazzino Georgico”, A. 1786, coll.514-35; 593-99.

 

2.      Ferdinando Maria Orlandi. Memoria sulla Ferrandina, pannina che si lavora nella provincia di Lecce (Napoli 1786), in “Magazzino Georgico”, A.1786, coll. 782-89.

3.      Dell’arte del pelacane e della valonea che si ritrae in Tricase né Salentini e degli marocchini che quivi stesso si preparano. Memoria scritta dal Sacerdote D. Ferdinando Maria Orlandi, Napoli , presso Gaetano Raimondi, Con licenza dè Superiori,  1794 (postumo).

 

Il 9 aprile 1988, a cura del prof. Hervé A. Cavallera, venne presentata la riedizione del volume di Ferdinando Maria Orlandi: Dell’Arte del Pelacane e della Valonea. Diversa sorte hanno avuto, invece, le due memorie relative alla coltivazione e manipolazione della pianta del tabacco e alla ferrandina o pannina che si coltivava nella provincia di Lecce. Questi due scritti, entrambi del 1786,  per molto tempo dimenticati, sono stati ripubblicati, a distanza di oltre due secoli dalla loro prima pubblicazione nel “Magazzino Georgico” di Lecce, nella collana “Anastatica” della casa editrice delle Edizioni dell’Iride di Tricase (Lecce), con una interessante Presentazione del prof. Michele Mainardi ed una suggestiva Postfazione del dott. Alessandro Laporta.

Siamo davvero grati alle Edizioni dell’Iride che si sono assunte il compito di offrire ai lettori ristampe di scritti e di testi difficilmente reperibili in nuove edizioni corredate da apparati critici di alto profilo scientifico.

Ferdinando Maria Orlandi, sacerdote tricasino e benemerito salentino, nonché cultore appassionato di agronomia e di botanica, merita ancora oggi tutta la nostra attenzione ed il nostro interessamento. Per quanti fossero interessati si consiglia il volume: DEL TABACCO E DELLA PANNINA, MEMORIE DUE SCRITTE DAL SACERDOTE D. FERDINANDO MARIA ORLANDI, Tricase, Edizioni dell’Iride.

Francesco Accogli

NOTE

1 VACCA, Nicola, in DE SIMONE L. G., Lecce e i suoi monumenti, Vol. I. La città, nuova edizione postillata da N.

Vacca, Lecce 1964, p. 392.

2 A.C.M. – TRICASE, Liber Defunctorum (Libro dei Defunti), Registro dal 1872 al 1805, p.248.

3 CAVALLERA, Hervè, A. (a cura di), Ferdinando Maria Orlandi. Dell’arte del pelacane e della valonea, Lecce,

Edizioni del Grifo, 1988, p. 9.

4  A. C. M. – TRICASE, Liber Baptizatorum (Libro dei Battezzati), Registro dal 1730 al 1771, p.209v.

5  PAONE, Michele (a cura di), Tricase (Studi e Documenti), Galatina, Congedo Editore, 1978, p. 214.

6 ACCOGLI, Francesco (a cura di), La Quercia dei “Cento Cavalieri”. La Quercia Vallonea di Tricase albero simbolo della Regione Puglia nel mondo. Un patrimonio arboreo dell’intera umanità, Tricase, Edizioni dell’Iride, 2005.

7 CAVALLERA, Hervè, A. (a cura di), op. cit., p.56.

8 CAVALLERA, op. cit., p. 57 in nota.

9 Ibidem, p. 48.

10 GAUDIUSO, Martino, Le fondazioni delle case scolopiche in Terra d’Otranto, in “Estratto da Ricerche e  Studi in Terra d’Otranto, II”, Campi Salentina, Centro Studi  “A. Guerrieri – Magi”, pp.209 – 217.

11 MICETTI, Antonio, Tricase, in supplemento a “Rassegna Salentina”, A. II, n.1, gennaio-febbraio 1977.

12 MONASTERO SUMMONTE, Francesco (a cura di), Un Canto sulla marina della Serra ed un breve cenno monografico di Tricase. Ricordo ai gentili Tricasini, Maglie, Tipografia del Popolo, 1894, pp. 48-49.


Un commento su “Tricase: la cara patria di Ferdinando Maria Orlandi

  1. Francesco Aiello ha detto:

    Ottima trattazione

Rispondi a Francesco Aiello Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.