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Il Canale del Rio

Il termine “rio” deriva dallo spagnolo “rios”, utilizzato per indicare estuari profondi in dirupi rocciosi, stretti fiordi.

Così come dice la parola stessa il canale del Rio di Tricase è un insenatura naturale le cui pareti cadono quasi a strapiombo sul mare, fornendo l’habitat naturale alla nidificazione delle taccole (le ciole). Si trova lungo la litoranea che dalla serra giunge a Tricase Porto, lungo una stradina secondaria.

Da sempre è stata ambita meta di turisti italiani e stranieri, affascinati dallo stupendo panorama che la natura ha da offrire in questi anfratti.

La magnificienza del luogo ha dato adito nel corso dei secoli ad un congruo numero di leggende che vede come protagonisti i diavoli e i principi di Tricase…

canale del rio, tricase

canale del rio, tricase


IL LIBRO DEI COMANDI

Il principe vecchio, tiranno e prepotente, viveva le sue giornate tra manie di grandezza e delitti efferati. Secondi molti, pretendeva che le giovani spose passassero la prima notte di notte nel suo letto, decapitanto il marito in caso di rifiuto o opposizione. La testa del malcapitato veniva gettata nel cosiddetto “taione”, una botola situata molto probabilmente nella torre del castello, insieme a quella di tutti colori che non andavano a genio al principato.

Un giorno il principe idealizzò che sarebbe stato davvero molto bello potersi affacciare dal castello e vedere il mare proprio lì, antistante al suo fossato. Ordinò così ai diavoli di scavare in una notte un canale che potesse portare il mare fino al castello.

Per poter evocare i diavoli il principe utilizzava il “libro del comando“, un antichissimo testo diabolico in grado di poter effettuare delle evocazioni demoniache e costringere i diavoli ad abbedire all’uomo che ne avesse sfogliato le pagine.

Una volta aperto il libro, uno dei diavoli compariva dinnanzi al suo evocatore in attesa di ordini: “Comandi, Padrone!“, erano le parole che una malefica voce disumana bisbigliava inseguito al richiamo. A questo punto l’evocatore per non provocare l’ira degli inferi sulla sua anima sarebbe stato costretto ad ordinare qualcosa.

I diavoli lavorarono alacremente per soddisfare le richieste del principe e scavare il canale che avrebbe portato il mare al centro del paese. Il principe però, dopo aver effettuato la sua richiesta, dimenticò il libro sulla sua scrivania lasciandolo alla mercè dei sui servitori, uno dei quali lo aprì: “Comandi, Padrone!“, tornò a dire la voce malefica.

Il servitore terrorizzzato e a conoscenza del poter del libro disse a gran voce: “Torte d’acqua e sarcene de rena” (ossia, fascine di sabbia e rami d’acqua). Il diavolo si mise a lavoro ma, per quanto si sforzasse, gli risultava impossibile esaudire la richiesta. Questa inadempienza nei confronti del suo padrone causò la distruzione del libro e la scomparsa di tutti gli altri diavoli che stavano ancora lavorando allo scavo del canale. L’opera rimase così incompiuta.


LE CAMPANE

Nella notte dei tempi, il principe, desideroso di adempiere alla richiesta di numerosi fedeli che richiedevano la costruzione di una cappella (oggi conosciuta come Chiesa dei Diavoli) in una borgata di campagna, decise di chiedere aiuto al demonio, ordinando la costruzione di una chiesa in una notte. Il demonio accettò di buon grado la richiesta del principe chiedendo in cambio di dare in pasto ad un caprone un’ostia consacrata. Da parte sua avrebbe aggiunto un forziere di monete d’oro a suggellare un patto di amicizia con il genere umano.

Nonostante il principe fosse un uomo maligno, la sua coscienza gli proibì di adempiere alla richiesta del demonio e si rifiutò di concedere al caprone l’ostia una volta che i lavori di costruzione della chiesa furono terminati.

Questa scelta causò l’ira del demonio che scaraventò le campane della chiesa nel canale del Rio, facendole risuonare nei giorni di tempesta. Ancora oggi, a distanza di tanti anni, si sentono le campane suonare nelle fredde notti di inverno.

Marco Piccinni


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