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Cave di argilla nel territorio di Lucugnano

La materia prima utilizzata per la produzione fittile di Lucugnano veniva estratta dalle numerose cave di argilla presenti nel territorio. I segni del duro lavoro svolto per molti decenni sono ancora visibili nel terreno, dove si possono individuare numerose imboccature di cavità quasi del tutto obliterate da sedimenti alluvionali e recenti crolli, dovuti anche all’azione antropica. Oltre a quelle sotterranee si individuano numerose cave all’aperto, laddove il banco di argilla affiora in superficie o al di sotto di uno strato di terra rossa (“bolo”) spesso meno di un metro. In quest’ultimo caso l’attività di estrazione era meno rischiosa, ma l’argilla estratta risultava essere in minor misura depurata e più contaminata con sabbie e detriti calcarei.


Gli insediamenti estrattivi sono stati localizzati in due aree, ad ovest (denominata area 1) e a nord-nord/est (definita area 2) del paese, su due rilievi di serra posti rispettivamente a 108 e 110 metri s.l.m.

Cavità per estrazione di argilla in località Archi (Lucugnano)- Foto: Rocco Martella

Cavità per estrazione di argilla in località Archi (Lucugnano)- Foto: Rocco Martella

AREA 1. In località Archi, circa 200 metri ad ovest dal centro abitato di Lucugnano, in un fondo condotto in parte ad uliveto e in parte a seminativo, si individuano tre cavità utilizzate per l’estrazione di materiale argilloso dal sottosuolo.

La prima è ubicata a circa 80 metri dalla strada interpoderale di accesso al terreno e a circa 40 metri dal muro in pietra a secco che cinge ad est il fondo in oggetto. La cavità presenta le seguenti misure massime: lunghezza 8 metri, profondità 5 metri, apertura ingresso 2,10 metri. E’ probabile che il corridoio originariamente avesse maggiori dimensioni, in quanto ha subìto evidenti crolli in tempi recenti.

La seconda è ubicata a circa 10 metri ad ovest della precedente e presenta le seguenti misure: lunghezza 5 metri, profondità 2,50 metri, apertura cavità 2,20 metri. Il corridoio è parzialmente ricoperto da detriti e dal materiale dilavato dal terreno sovrastante.

Una terza cavità, posta circa 25 metri ad ovest della precedente, si presenta quasi totalmente interrata e non è possibile allo stato attuale risalire alle originarie proporzioni.

Il banco di argilla si individua a poche decine di centimetri dalla superficie del suolo. La composizione del terreno dell’area si caratterizza per la presenza di un ridotto strato di terra (30-40 cm di spessore), di colore marrone chiaro, frammisto a spezzoni di pietrame e argilla, risultato dei sbancamenti dovuti alle pesanti arature. In alcuni tratti il terreno assume un colore più chiaro, a causa della contaminazione del banco di argilla che affiora in superficie.

Una ricognizione topografica ha permesso di rinvenire numerosi frammenti di ceramica acroma, di difficile datazione e attribuzione tipologica.

A circa 100 metri a sud da località Archi sono state individuate numerose cave di argilla all’aperto. Queste sono ubicate in località Fogge, Panareddhu e Cignorosso. La tradizione orale riferisce che queste ultime hanno fornito materia prima di miglior qualità rispetto a quelle di località Archi.

I tagli di cava si rinvengono in sezione nel terreno, fortemente sbancato nel corso di secoli di attività estrattiva. I fondi in oggetto sono piantumati ad uliveto e i relativi alberi tuttavia sembrano avere un’età non superiore al secolo. Si tratta di un elemento importante ai fini della datazione dell’abbandono del sito di estrazione.

Le persone più anziane, che hanno svolto in gioventù l’attività estrattiva dell’argilla, raccontano che nel territorio in oggetto tale lavoro non si effettua più da almeno 60 anni.

Nella stessa località (Fogge) si rinvengono, in sezione e in condizioni di pessima conservazione, i resti di una presunta fornace adibita alla cottura dei manufatti in argilla. Ciò è indiziato dai numerosissimi frammenti di scarti di lavorazione individuati sia nel muro a secco che delimita ad ovest la struttura della stessa fornace, sia sparsi nel terreno su cui essa insiste. L’impianto produttivo presenta una forma pressoché rettangolare con i lati lunghi che misurano circa 4 metri e quelli corti 2,70 metri. La struttura all’interno è intaccata dalla vegetazione spontanea e di conseguenza risulta impossibile stabilirne la planimetria e le proporzioni originarie.

A sud del fondo interessato dalla presenza della fornace si individuano, su un terreno condotto ad uliveto, ulteriori segni dell’attività estrattiva. La cava, all’aperto, presenta una forma pressoché rettangolare e le seguenti misure: 60 metri lunghezza; 25 metri larghezza; 1,50 metri altezza. Sul lato meridionale è perfettamente visibile in sezione il banco di argilla, posto circa 70 cm al di sotto del consueto strato di terra rossa.

In questa località i fronti di cava si susseguono con soluzione di continuità. Lungo il lato settentrionale di un terreno si individua, in sezione lungo il terrazzamento – per una lunghezza complessiva di circa 6 metri – un crollo pertinente alcune strutture adibite a ricovero/riparo. I frammenti fittili raccolti in sezione sono relativi a laterizi e a grandi contenitori (localmente denominati capase). La ceramica raccolta appartiene alla classe della ceramica acroma, che si caratterizza per l’assenza di qualsiasi tipo di rivestimento sulla superficie del vaso e di decorazioni. Solo un frammento di dolio presenta una doppia decorazione ad onda incisa (tre solchi), immediatamente sotto l’orlo e sulla spalla, ottenuta mediante il passaggio di un pettine sull’argilla ancora fresca. Non è possibile stabilirne una datazione certa, ma si tratterebbe di manufatti di epoca relativamente recente.

AREA 2. In località Petrì-Alfarano, a circa 1 km a nord-nord/est da Lucugnano, quasi al confine con il Comune di Specchia, si individuano alcuni tagli di cava nella sezione del rilievo di serra che, in questo punto, raggiunge i 110 metri s.l.m. La posizione elevata permette di dominare visivamente una vasta porzione di territorio che comprende i vicini centri abitati di Lucugnano e Specchia e la cosiddetta Serra dei Cianci.

Le cave si presentano nelle due varianti tipologiche, ossia all’aperto e in sotterraneo. Di queste ultime, tuttavia, ne rimangono poche a causa della costante opera antropica (l’area è stata sfruttata intensivamente per scopi agricolo-pastorali fino a pochi decenni fa).

Una cavità artificiale, ubicata a poche decine di metri a sud da uno stradone di recente realizzazione, si apre nel terreno argilloso fino ad una profondità di circa 1,5 metri. Il piano di calpestio si presenta colmo di sedimento di origine alluvionale. La volta è piana e le pareti laterali sono state artificialmente regolarizzate. La cavità è composta da due ambienti di forma semicircolare (rispettivamente 2 metri e 1,5 metri di diametro). È probabile, considerando la morfologia della grotta, che non si tratti di una cava di estrazione dell’argilla. Si potrebbe ipotizzare una funzione di ricovero per animali o per contadini/pastori che lavoravano nel luogo. Attualmente si presenta in un pessimo stato di conservazione a causa dei numerosi cedimenti della volta.

Località Petrì-Alfarano (Tricase). Sito estrazione argilla- Foto: Rocco Martella

Località Petrì-Alfarano (Tricase). Sito estrazione argilla- Foto: Rocco Martella

Alcune centinaia di metri più ad est, nella medesima località e nei pressi di un antico palmento, si individua un fronte di cava (lunghezza: 60 metri; altezza massima: 7 metri) per l’approvvigionamento dell’argilla.

Circa 120 metri a sud del suddetto fronte di cava si individuano dei muri a secco realizzati con blocchi isodomi di grandi dimensioni (misure medie: 0,70 metri larghezza, 0,60 altezza). Le strutture murarie cingono diversi terreni incolti o piantumati ad uliveto. I blocchi sono stati cavati da un sito estrattivo ubicato nelle immediate vicinanze, laddove affiorano le formazioni geologiche denominate “Calcareniti del Salento”.

Strutture murarie in blocchi isodomi in loc. Petrì-Alfarano (Tricase)- Foto: Rocco Martella

Strutture murarie in blocchi isodomi in loc. Petrì-Alfarano (Tricase)- Foto: Rocco Martella

Negli anni ’80, alcuni ricercatori dell’Università di Bari hanno condotto un’analisi granulometrica e mineralogica su diversi campioni di argilla prelevati da diversi affioramenti del Salento, tra cui uno estratto dal sito di località Petrì-Alfarano, “ad un km a nord dall’abitato di Lucugnano”. Il campione proviene da argille del livello superiore e presenta un colore grigio con spalmature biancastre di carbonati e rossastre di ossidi-idrossidi di ferro. Non è stato possibile stabilire lo spessore dell’unità litologica, certamente non inferiore ai 10 metri.

Un’indagine autoptica, effettuata nell’aprile del 2009 da chi scrive su un campione di argilla prelevata dallo stesso fronte di cava, ha permesso di rilevare la presenza di minutissimi frammenti calcarei che rendono qualitativamente scadente la materia prima estratta in località Petrì-Alfarano. Si tratta di una considerazione oggettiva che conferma l’opinio communis dei maestri cretari di Lucugnano, secondo i quali tale argilla è adatta esclusivamente alla realizzazione di manufatti grezzi.

A cura dell’Associazione Archès

Bibliografia:

Marco Cavalera, Rocco Martella, “Cave di estrazione dell’argilla nel territorio di Lucugnano (Tricase)“, in Quaderni del Museo della Ceramica di Cutrofiano, 12, Galatina 2009, pp. 59-77.


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