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Sulle tracce della triade sotterranea

Dopo gli innumerevoli itinerari vissuti tra località pianeggianti ed improvvisi rilievi collinari, questa domenica gironzoliamo tra le viuzze del centro storico di Lecce. I ramificati vicoli serpentini che dalla periferia cittadina conducono nel cuore urbanistico della città barocca, sono caratterizzati da affascinanti e, in qualche caso, minute strutture architettoniche incastonate tra le alte e poderose murature degli ottocenteschi palazzi signorili. Percorrendo la frequentatissima via Paladini, in direzione della “sezione” posteriore del complesso di piazza Duomo,ammiriamo, giunti in vico dei Sotterranei, la “morigerata” chiesa di San Sebastiano.

Chiesa San Sebastiano

Il sacro edificio è situato su di una sottostante area paleocristiana consacrata anticamente ai santi Leonardo, Sebastiano e Rocco e venne successivamente ricostruito e riconsacrato a San Sebastiano (che in greco significa venerabile) allorquando, la sopraggiunta minaccia della peste, costrinse alcune nobili famiglie locali ad offrire doni ed elemosine in favore dell’edificazione di una chiesa in onore del Santo protettore degli appestati, solitamente legato alla presenza di San Rocco. Dalle pagine della “Lecce Sacra” redatta dal noto storico locale Giulio Cesare Infantino, apprendiamo che la data di inizio dei lavori è vergata all’anno domini 1520.

L’edificio con pianta a navata unica è caratterizzato esternamente dal prospetto a capanna, decorato da una sobria teoria di archetti pensili; a questi si aggiunge, collocato nella zona alta del timpano, un delicato bassorilievo raffigurante “la veronica” ossia il volto di Cristo. Secondo la Dottoressa Luciana Palmieri,presidente dell’omonima Fondazione, il piccolo manufatto effigiante l’immagine descritta rimanda “ai Mandylion del nostro tardo bizantinismo relativo ad uno scultore attivo a Lecce intorno alla metà del XVI secolo”. Il mandylion era originariamente un velo, sul quale era raffigurato il volto del Nazareno; secondo tale tradizione l’acheropita, ossia immagine miracolosa non fatta da mano umana; al XVI secolo invece, risale il raffinato portale d’ingresso,composto da due colonne scanalate sostenenti la classicheggiante decorazione del fregio attribuito interamente alla mano del Riccardi.

All’interno dell’edificio il corpo unico della navata è intramezzato da un arco trionfale ove giace “l’arme”cristologico emblema di una confraternita; subito dopo l’arco risalta alla vista l’ampia zona presbiteriale.Tempo fa le nicchie delle arcate laterali custodivano sia delle decorazioni murarie “a fresco” che degli altari secondari; nonostante i secoli ed i rinnovati restauri persiste un continuo e silenzioso dialogo religioso tra i frontali affreschi collocati nelle arcate a tutto sesto e raffiguranti da un lato la “Madonna degli Angeli che appare a S. Antonio e S. Francesco” e dall’ altro una “Deposizione”. Intorno alla fine del XVI secolo la chiesa e l’attiguo Conservatorio di S. Sebastiano ospitarono le suore Cappuccine, ossia quelle donne dette “le pentite” che, dopo una vita viziosa e dissoluta cercavano la redenzione attraverso il voto di clausura.

(Per la redazione di questo testo si è consultato uno scritto di L.Palmieri e G.Colaianni del Maggio 2008).

Giuseppe Arnesano


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