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La grotta della Posia di “Roca Vecchia”

Non c’è nulla di più romantico se non quello di associare la parola poesia ad una luogo, un’avvenimento importante, ad una particolare mistura di situazioni e circostanze che hanno particolarmente colpito l’occhio di chi le ha vissute in prima persona. E’ vero anche anche le poesie non sono sempre e solo romantiche, basti pensare ai “Fleur du MalCharles Baudelaire, in cui l’approccio dell’orrore e del lato peccaminoso della società venivano per la prima volta decantati al pubblico con estrema franchezza.

Un insieme di eventi contrastanti possono essere dunque associati al termine “poesia”, forse gli stessi che hanno indotto a rinominare una delle più famose grotte della marina di Melendugno, la grotta della Posia di Roca Vecchia.

Essere indotti all’errore è in realtà più semplice di quanto non sembri. Il vero nome della grotta è Posia, un termine greco che vuol dire sorgente; interpretabile erroneamente come un errore di battitura di uno scrittore distratto, è stato quindi facilmente trasformato in Poesia, una parola che contribuisce a rafforzare l’alone di magia e mistero che circonda questo grotta. Non mancano neanche le leggende a spiegare questa “nuova” e strana attribuzione, come quelle che vedono schiere di poeti recarsi sul posto per dedicare versi d’amore ad un’ipotetica principessa, dotata di innata e straordinaria bellezza, che soleva fare il bagno, probabilmente nuda, nelle acque di questo ambiente carsico.

La grecità del nome nasconde molto di più che una semplice considerazione di carattere geologico. Delle sorgenti sono veramente presenti all’interno di questo ambiente, un tempo chiuso ma ora scoperto in seguito al crollo delle volta. Non è questa però la cosa che ha destato l’interesse e l’attenzione degli studiosi di archeologia del dipartimento dell’Università del Salento.

All’interno della grotta vi sono, infatti, delle iscrizioni messapiche, un evento decisamente non nuovo dato che se ne trovano alcune anche all’interno della grotta Porcinara di Santa Maria di Leuca. Queste iscrizioni attesterebbero la presenza nel Salento del culto dell’antico dio Taotor (o anche TatorTeotor, o Tootor). Molte altre iscrizioni si trovano anche in una seconda grotta, distante dalla prima poche decine di metri, anche questa con caratteritiche morfologiche  molto simili alla grotta della Posia. L’accesso in questa seconda cavità è reso assai più complesso dall’eccessiva altezza con il quale emerge l’antro della caverna/pozzo in superficie e dalla ripidità della scogliera circostante. Delle pedane sono sistemate sul fondo per consentire al visitatore di poter visionare comodamente le pareti della grotta laddove riesca  a raggiungerle.

Gli studi condotti a partire da queste iscrizioni avrebbero accertato la presenza di un fitto traffico tra Italia e Albania, la cui minima distanza reciproca è definita lungo la congiungente  tra la Valle dell’Orso con Torre dell’Orso, a sud di Roca. Probabilmente fu questa la rotta che Virgilio utilizzò per descrivere il viaggio di Enea che lo portò tra l’altro a sbarcare nel Salento:

E di vèr l’Orïente un curvo seno
in guisa d’arco, a cui di corda in vece
sta d’un lungo macigno un dorso avanti,
ove spumoso il mar percuote e frange.
Ne’ suoi corni ha due scogli, anzi due torri,
che con due braccia il mar dentro accogliendo,
lo fa porto e l’asconde; e sovra al porto
lunge dal lito è ‘l tempio.

Virgilio – Eneide (tratto da Wikipedia-Torre dell’Orso)

Marco Piccinni

Sitografia:

Wikipedia – Roca Vecchia


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