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La chiesa di San Nicola e Santa Maria dell’Itri a Nociglia

Nociglia, periferia Nord del centro abitato del comune salentino. Incontriamo una targa che indica la presenza di un monumento, “Cappella della Madonna dell’Itri, già chiesa di San Nicola sec. XI“. Guardiamo allora la facciata della chiesa consci della bellezza e della semplicità della cultura bizantina ma, quello che ci appare davanti, non sembra altro che una chiesa in stile neoromanico di recente costruzione. Entriamo allora al suo interno per dissipare ogni dubbio e per verificare un eventuale errore su tale iscrizione.

Ci accoglie un ambiente ad unica navata, molto semplice, con un raffinato altarino. Sulla destra una lastra commemorativa che recita:

Alla gloriosa

vergine dell’Idri

i nocigliesi

forti della fede dei loro avi

sprezzanti le insani gesta

degli empi iconoclasti del secolo

compiendo gravi sacrifici

questo umile tempietto

prodigio

di tenace volontà di popolo credente

che religione soltanto operar puote

divotamente

dedicano.

Nociglia 20 Aprile 1922

Stando a quanto afferma l’iscrizione il monumento sarebbe stato costruito nella seconda decade del secolo scorso, precisamente nel 1921, un anno prima dell’affissione della dedica del popolo di Nociglia alla vergine dell’Idri o Itri. Questa parola deriva dal greco Odoghtria, ossia Odegitria, Madonna del buon Cammino: l’immagine che dovrebbe rappresentare il vero volto di Maria dipinto dalle mani dell’evangelista Luca. Il culto della Madonna del buon Cammino nasce a Bisanzio ed è stato portato nel Salento dai monaci basiliani che fuggivano dalle persecuzioni iconoclaste. Il riferimento alla devozione del popolo di Nociglia è da ricercare nel miracolo della Santissima che ha consentito al paese di risollevarsi da una pesante siccità. La Madonna dell’Itri è copatrona insieme a San Giuseppe del comune, ed è festeggiata il primo giovedì successivo alla domenica di Pasqua.

Ma dov’è allora l’effige della Madonna dell’Itri, associata nel salento spesso a luoghi che rappresentavano le tappe intermedie del pellegrinaggio verso “De Finibus Terrae“.

Ci accorgiamo, a questo punto, che una porticina posta dietro l’altare ci conduce in un secondo antro, più buio. curiosi di conoscere oltre il mistero di questo luogo decidiamo allora di varcare quella porta…la meraviglia che ci attende è quasi tale da indurre allo stordimento: un piccolo ambiente colmo di figure umane, in piedi, in atteggiamenti intriganti, sguardi languidi, sembra quasi che fossero lì ad attendere la nostra venuta. Trascorso il tempo necessario per riprenderci dalla sorpresa, riusciamo finalmente a scorgere tra le figure che ci circondavano gli affreschi di scuola bizantina, immagini di santi, sante, madonne, avvolti da una luce tenue che ci accompagna in un’atmosfera intima e rilassante.

L’ingresso che abbiamo varcato era probabilmente l’ingresso principale della chiesa originale, dedicata a San Nicola, oscurata dalla costruzione della cappella della Madonna dell’Itri per preservarne la conservazione. L’intera chiesa è interamente affrescata, e si possono contare ben cinque diversi strati pittorici dai quali poter desumere informazioni sullo stile ed il soggetto artistico di un intervallo di tempo piuttosto ampio: dall’XI secolo, periodo in cui risalirebbero le prime raffigurazioni fino all’età moderna.

L’abside è assente, probabilmente crollato o abbattuto. Ai piedi della parete est è presente però una raffigurazione della Madonna dell’Itri che prima troneggiava nel suo affresco absidale. Un piccolo altare barocco, del ‘600, sorregge le statue della Madonna, di una santa sconosciuta, probabilmente Santa Irene, e di santa Marina. Alla sua sinistra una nicchia che doveva svolgere la funzione di prothesis, l’altare della liturgia ortodossa. Sulla parete nord un magnifico trittico con al centro San Nicola in abiti pontificali che benedice alla greca, con due differenti raffigurazioni mariane ad ambo i lati: una con le mani alzate e con il Cristo bambino sulle ginocchia, benedicente alla greca con la mano sinistra mentre nella destra regge le sacre scritture, l’altra mentre copre dolcemente con un velo di seta trasparente il Cristo che ha sulle ginocchia.

Trittico con San Nicola

Molte delle informazioni cromatiche del trittico, come l’ocra del trono della Vergine e l’azzurro del manto, sono andate perdute a causa di infiltrazioni d’acqua dall’originale volta in legno che sovrastava la chiesetta.

Sulla parete opposta invece una porta murata, un accesso secondario all’ambiente, si mimetizza tra decine di santi cinquecenteschi tra i quali risalta una figura in particolare, con il turbante, capelli castani, sguardo intrigante e dal collo allungato quasi come fosse stata una modella di Modigliani. Ed ecco che ciò che rimane di un nome ci indica la sua identità, Cesarea, la Santa salentina che dovette fuggire dal padre che voleva abusare di lei e rifugiarsi in una grotta abitata da colombe. Si tratterebbe dell’immagine più antica della Santa salentina.

Santa Cesarea

Stiamo per lasciare questo luogo magico e misterioso quando il nostro sguardo è catturato da una grata nel pavimento, che ostruisce l’accesso ad una piccola scaletta. Volgendo lo sguardo oltre la grata si intravedono tre cassoni in legno che custodiscono resti ossei. Una piccola cripta che conferisce al luogo un aspetto di sacralità aggiuntivo e che non fa altro che raccontarci ancora un pò della storia di questo luogo. Quello che vediamo è ciò che resta del cimitero medioevale che esisteva un tempo sotto ogni edificio religioso. Le ossa sono state recuperate e riposte nelle casse in seguito a lavori di risanamento della chiesa.

Resti del cimitero medioevale

Soddisfatti di aver appagato la nostra curiosità lasciamo questo luogo sacro, consapevoli di aver vissuto una sensazionale esperienza.

Marco Piccinni


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