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Da John Bradford, ufficiale della RAF, al LabTAF: l’archeologia vista dall’alto

Se ancora ci si domandava se fosse vero che la natura tenta di “comunicare” con noi in qualche modo, con l’ovvio seguito, “solo se la si sa ascoltare“, sappiate che un ufficiale della RAF di stanza in Puglia, John Bradford, riuscì ad identificare centinaia di siti archeologici semplicemente osservando delle foto scattate dell’alto sui campi di grano della Daunia, nel Tavoliere delle Puglie.  I semi che Bradford ha lasciato del suo lavoro hanno trovato terreno fertile e buon concime grazie all’opera, in anni più recenti, del LabTAF, il laboratorio di topografia antica e fotogrammetria dell’Università del Salento.

L’opera di Bradford, inviato nella base alleata di San Severo nel 1943, a 25 anni, e di un suo collaboratore, Peter Williams-Hunt, hanno permesso di portare alla luce  villaggi neolitici, centurazioni romane nonchè resti della civiltà Dauna.

Una passione per l’archeologia, condivisa con la moglie Patience Andrewes, specializzata in archeologia medioevale. Anche quest’ultima,innamorata delle Puglia si ri-stabilì nel tavoliere dopo la morte del marito per riprendere il lavoro su alcuni siti archeologici, fino a finire paralizzata inseguito ad una rovinosa caduta, causata da un malore, in un profondo scavo.

Osservando alcune foto scattate dagli aerei dell’aviazioni sul territorio pugliese, anche a bassa quota, Bradford si accorse di strane “disegni” che si formavano nel grano, come delle macchie scure che si congiungevano per formare delle linee, cerchi e semilune. Le sue conoscenze in campo archeologo gli suggerirono allora una teoria secondo la quale, al di sotto di quei strani segni, posti lì, quasi apposta, affinchè qualcuno li notasse, potessero celarsi imponenti siti archeologici. Bradford ci vide giusto e dopo aver esaminato migliaia di foto, scattate dagli aeri della RAF, che su suo invito continuò ad ispezionare la zona anche se non più militarmente rilevante dopo il termine della guerra, riuscì a riportare alla luce anche il mitico porto di Salpi della città di Arpi, oggetto di conquista da parte di un’allenza tra papato e veneziani. Strade, resti di fornaci invetriate, sono venute alla luce grazie alle espressioni dei campi di grano.

Questi “strani messaggi” sono generati da un alterazione nella crescita e nel colore della spiga  in zone in cui vi è una maggiore concentrazione di umidità nel sottosuolo, accumulata in alcuni spessori “artificiali” indotti dalla presenza di strutture ipogee come edifici, strade, ecc…

Il fenomeno, sfortunatamente, è osservabile solo tra la fine di Maggio e l’inizio di Giugno, quando il grano è pronto per la mietitura. In quel momento i campi disegnano delle mappe che consentiranno, ai nuovi cacciatori di tesori, di trovare la collocazione di questo o quel villaggio di cui si cercavano le tracce o i resti delle antiche strade che congiungevano la  Puglia alle altre regioni d’Italia.

Una delle immagini scattate dagli aerei della Raf (3)

Questo importante lavoro di ricognizione però non è stato sempre seguito da altrettanti lavori di scavo. Molte città sono ancora lì, sepolte sotto pochi centimetri di terra. L’introduzione di tecniche di sfruttamento intensivo dell’agricoltura, nonchè l’impiego di pesanti e grossi macchinari rischia di danneggiare e distruggere per sempre ciò che rimane di questo patrimonio. Negli ultimi anni però l’attenzione per le mappe nel grano è tornata a farsi sentire sulla scena nazionale, con l’istituzione di programmi di salvaguardia e formazione promossi in parte anche dall’Università di Foggia.

Oltre che nel territorio dauno gli insegnamenti di Bradford, pionere in Italia di questa tecnica di indagine archeologica, sono stati raccolti dal laboratorio di archeologia dei paesaggi e telerilevamento dell’università di Siena e il laboratorio di Topografia antica e fotogrammetria dell’Università del Salento, e perfezionati grazie all’utilizzo di tecniche  più evolute come il telerilevamento, che consente di intercettare strutture sepolte, e sensori multi-iperspettrali.

L’approccio indotto da Bradford consente di poter studiare il territorio nella sua completezza, utilizzando sistemi di ricerca non invasivi ma atti ad una ricognizione pulita, sicura e con buone probabilità di successo.

L’utilizzo di foto aeree per l’indagine archeologica potrebbe inoltre facilitare l’identificazione di zone, anche se non interessate da colture di cereali, che in passato avrebbero potuto ospitare città fortificate. Ne è un esempio l’identificazione del sito archeologico della Chiusa, nel territorio di Salve, caratterizzato da un forma circolare, che segue fedelmente il perimetro di una cinta muraria.

Impariamo ad ascoltare la natura dunque, dobbiamo essere pronti a percepire ogni suo segnale e così, forse, troveremo le risposte a tutte le nostre domande, compresa quelle relative alle nostre origini.

Marco Piccinni

Bibliografia:

(1) Maria Paola Porcelli, L’inglese che scopriva le città sepolte – BBC History Italia, numero 2  – Maggio 2011

(2) Roberto Goffredo (Intervista a ), Quell’Icaro di Oxford ha favorito in Europa una rete di archeologi, – BBC History Italia, numero 2  – Maggio 2011

(3) Immagine tratta dalla copertina di presentazione del Libro Paesaggi sepolti in Daunia John Bradford e la ricerca archeologica dal cielo · 1945/1957, a cura di Francesca Franchin Radcliffe – Claudio Grenzi Editore · Foggia
Paesaggi sepolti in DauniaJohn Bradford e la ricerca archeologicadal cielo · 1945/1957a cura di Francesca Franchin RadcliffeClaudio Grenzi Editore · Foggia, 200 (visualizzabile a questo  link)


2 commenti su “Da John Bradford, ufficiale della RAF, al LabTAF: l’archeologia vista dall’alto

  1. Tommaso Palermo ha detto:

    La foto a colori non è uno scatto di Bradford ma una foto aerea eseguita in tempi recenti. La località visibile nella foto è il sito neolitico di Motta della Regina.

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