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Dalle antiche rappresentazioni sceniche non letterarie al caso del cant/attore salentino P40

Lo spettatore che partecipa alle rappresentazioni di P40 è immediatamente coinvolto dalle sue canzoni (la voce), dalla musica (il suono) e dalle movenze del corpo, che sembrano dettate dall’improvvisazione ma che in realtà affondano – forse inconsapevolmente – nella tradizione delle rappresentazioni teatrali plebee, popolari, non letterarie. Nello stesso tempo i suoi testi fanno riferimento a situazioni tipiche degli usi e costumi popolari, per es. alla frequentazione del mercato, come luogo del commercio minuto di prodotti locali, e della piazza,  luogo di frequentazione pubblica dove si discute di tutto. La rappresentazione scenica popolare – come si sa – manca di canovaccio, mentre l’improvvisazione e la vivacità del dialogo, infarcito di battute licenziose, grasse e argute, mettono a proprio agio lo spettatore ed anzi egli ne diventa quasi protagonista, immedesimandosi nelle vicende rappresentate in scene esilaranti e per lo più risolte, nella loro drammaticità, con trovate geniali e scrosci di risate liberatorie.

Vane - Fronte CD

P40

Nel corso del tempo i personaggi si sono come tipicizzati, per es. nelle figure del menestrello e del giullare di corte, a cui tutto è permesso, soprattutto di dire la verità, o del servo pre/scelto una volta l’anno per vestire i panni del signore/padrone, sostituendosi ad esso nel bene e nel male gozzovigliando senza limiti ma anche assumendo su di sé, come capro espiatorio,  guai e malanni della società. Questa tradizione per fortuna non si è persa del tutto e sopravvive nelle rappresentazioni di singoli artisti, comici e mimi, più che nei generi. Fra questi rientra il caso del nostro Pasquale Quaranta. La sua arte deriva proprio da quella tradizione, specialmente quando pone al centro delle sue canzoni e della sua mimica le scene popolari variopinte che si svolgono al mercato e quando, carpendoli dal patrimonio di saggezza e di arguzia popolare, mette in musica i testi degli indovinelli erotici interrogando il pubblico presente, il quale è chiamato a dare prova di altrettanta prontezza di spirito nello sciogliere l’arcano. Ecco perché riteniamo che l’arte dell’intrattenimento di P40 risalga indietro fino ai Fescennini latini, versi motteggiatori, sfacciati ed aggressivi, pure licenziosi, che venivano recitati o cantati durante la cerimonia e il banchetto nuziale come lazzi rivolti agli sposi da parte degli accompagnatori e dei compaesani, come succedeva fino a qualche tempo fa e in qualche occasione dura ancora oggi. Accanto a questi corre il richiamo della memoria a un’altra rappresentazione caratteristica, il Mimo, durante la quale gli attori entravano in scena scalzi. Il compito dei mimi era di suscitare il riso e l’effetto era affidato alla abilità della recita e all’istintivo dono della vena comica degli attori. La scena riportava al naturale, con tutti gli accorgimenti comici, anzi mimici, la vita di tutti i giorni, con i personaggi che la caratterizzavano nei loro ruoli sociali. Il linguaggio era sfacciatamente plebeo, osceni i cantici, come la danza. Il viaggio per inquadrare le radici culturali del fenomeno P40 è giunto al termine. Anche se i riferimenti delle sue canzoni sono attualissimi, ancor più perché la nostra cultura è messa duramente alla prova dalla globalizzazione, contro la quale non resta che attestarsi su lembi di cultura, di tradizioni e di manufatti, tuttavia egli affonda le sue radici proprio nelle rappresentazioni popolari, laddove con un semplice strumento musicale, un ritmo e un vocalizzo si rappresentano le aspettative, i desideri e le ansie di una società.

Vane” è il nuovo disco di P40, presentato martedì 25 ottobre alla Libreria Universal Service di Maglie.

Paolo Rausa

Info per accedere alle sue rappresentazioni:

http://www.facebook.com/pages/P40/60477586103;





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