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Bona Mixta Malis. Fascismo, antifascismo e chiesa cattolica nel Salento

Lo storico Salvatore Coppola smentisce De Felice. Duce in Terra d’Otranto: fu un consenso di facciata.


I treni arrivavano in orario e le porte potevano restare aperte, ma bastano i luoghi comuni montati ad arte dalla propaganda per poter dire che il fascismo ebbe il consenso delle masse? Balilla e figli della lupa alle coreografiche parate, adunate a Piazza Venezia a sentire il capo carismatico sfatto, si sa oggi, dal sesso mordi e fuggi, e le cui parole erano rimbalzate nelle piazze dei paesi dalla radio, ma questa sociologia è sufficiente a concludere che il regime “fece” l’Italia e gli italiani (come lo intendeva D’Azeglio?). La materia è scivolosa quanto complessa, non fosse altro per il fatto che abbiamo alle spalle 60 anni di interpretazioni storiografiche più che lucide analisi delle dinamiche che portarono all’ascesa, l’affermazione e infine il crollo della dittatura. Per cui non è ozioso domandarsi se il regime ebbe un consenso popolare, tesi cara a Renzo De Felice, confutata però, fra gli altri, dallo storico britannico Denis Mack Smith. Dove propaganda e populismo si intrecciarono? E se consenso fu, di che natura? Convinta o estorta? (“Manganello, manganello / Che rischiari ogni cervello / Sarai tu sempre il suggello Che punisce la viltà”). Quand’è che si cominciò a “credere, obbedire, combattere” e lievitò l’humus dell’adesione che consentì la campagna dell’Etiopia e poi la Guerra di Spagna, sfilò le vere d’oro dalle mani delle donne italiane e debordò nell’orrore delle leggi razziali? Quando gli italiani “pecore anarchiche” (Montanelli) si identificarono nel partito e nel suo astuto, effervescente capo che per certi aspetti riuscì a far credere il fascismo una religione? “Siamo stanchi di due Dii e di due religioni, a noi basta un solo Dio e questi è Mussolini, una sola religione e questo è il fascismo”.


Il Ventennio non fu un fenomeno omogeneo né geograficamente né culturalmente: la Romagna non era il Salento, le Langhe non furono l’Aspromonte. Attraversò varie fase temporali e necessita pertanto di molte chiavi di lettura. Ci fu la propaganda rozza e la censura, l’emarginazione della voci critiche ma anche la mobilitazione patriottica e l’acquiescenza fatalista, la narcosi delle coscienze da parte di un “patto sociale” ben saldo fra agrari (a cui i Savoia avevano lasciato il latifondo in cambio del consenso) e la borghesia industriale specie del Nord che aveva disegni egemoni e in cui il mondo accademico ebbe un ruolo di primo piano. Su tutto la Chiesa, che ai massimi livelli riusciva, in alcuni passaggi, a chiamarsi super partes, ma vedeva anche nel Duce l’argine al bolscevismo ateo. Mentre più sfumate erano le posizioni delle gerarchie periferiche modulate sul “non disturbate il manovratore”, messaggio per le masse contadine analfabete che in pieno patriarcato, in certi passaggi vedevano in Mussolini un “padre” in chiave quasi edipica. Fu dunque l’arretratezza economica del mondo rurale e la fragilità del tessuto produttivo autarchico a far levare “in alto i vessilli alla gloria del sole di Roma”, almeno nel Mezzogiorno e in Terra d’Otranto.
Fenomeno complesso il fascismo. Si direbbe barocco nelle infinite interfacce, sedimentazioni, letture, risonanze. Non facile da scannerizzare. Non comunque con i parametri analitici della militanza che hanno distinto molti studi in questi decenni post-bellici. Perciò gli storici anglosassoni hanno strumenti più adatti. Salvatore Coppola (Diso, Lecce, 1946) può essere annoverato fra gli storici europei più seri per il rigore analitico che da sempre contraddistingue il suo lavoro. Merito anche delle frequentazioni europee (ha insegnato Storia e Filosofia nel liceo italiano di Madrid dopo il Liceo “Francesca Capece” di Maglie). Non ha pregiudizi, non sovrappone le sue idee politiche sulla materia: scova una babele di documenti, li “legge” in modo adeguato, li mette in relazione fra loro, coglie dall’affabulazione popolare quel che gli è utile e solo allora azzarda conclusioni ampiamente condivisibili.
Così si è costruito la solida fama di uno degli storici più acuti e intelligenti, e soprattutto credibili, che oggi ha l’Italia. E tale si conferma in questo ultimo lavoro: “Bona Mixta Malis” (Fascismo, antifascismo e chiesa cattolica nel Salento), Giorgiani Editore, Lecce 2011, pp. 416, s.i.p., con la dotta prefazione di Mario Spedicato (Università del Salento, che ospita il saggio nella collana “Cultura e Storia” della Società di Storia Patria sezione leccese) e l’intrigante copertina di Valerio Giorgiani. Nell’Italia delle piccole patrie e degli infiniti campanili, Coppola dimostra, carte in mano (ha sfogliato tutti i giornali usciti nel Ventennio: da “Vedetta Mediterranea” a “Lecce Fascista”), che il Salento dei briganti e delle occupazioni delle terre ebbe una sua specificità anche sotto il fascismo. Coppola si rivela uno storico di rango sia nell’impostazione del lavoro, e sia nell’abbozzo delle dinamiche socio-economiche e politiche, come nel descrivere la quotidianità minimal (dal particulare all’universale) in piccoli centri del Salento con pennellate ora lievi ora decise, ma di grande effetto comunicativo per chi di quel periodo non sa nulla. Dalle prime avvisaglie delle squadre in camicia nera armate di manganello e olio di ricino al tormentato antifascismo di Monsignor Cuccarollo (Arcivescovo di Otranto), dalla parabola di Achille Starace, il gerarca “venuto dal Nord” alle organizzazioni religiose (Azione Cattolica) sul territorio cui la Chiesa pavida affidò la mission di far metabolizzare il regime alla povera gente senza terra né salario. Un libro prezioso, specie in un Paese che rimuove tutto, che derubrica ogni cosa a bassa, asettica sociologia, che non coltiva la terra della memoria e lasciandola inaridire e preda della gramigna si dispone, magari senza saperlo, a nuove tragedie, pubbliche e private.

Francesco Greco


Un commento su “Bona Mixta Malis. Fascismo, antifascismo e chiesa cattolica nel Salento

  1. cuccarollo raffaele ha detto:

    Egr.Prof. Salvatore Coppola,
    sono pronipote di mons. Cuccarollo Sebastiano abito a Tezze s/Brenta vicino a Bassano del Grappa e gradirei sapere dove posso trovare il Suo libro “Bona Mixta Malis” e se possibile conoscere se e come mons. Cuccarollo ha esercitato il suo antifascismo.
    Gradirei infine avere la Sua e-mail per scambiare qualche opinione.
    La ringrazio della cortese attenzione e resto in attesa di gradita risposta.

    cuccarollo raffaele

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