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Dalla baia delle Orte a Torre Sant’Emiliano

Abbandoniamo la macchina, infiliamo in uno zainetto tutto ciò che occorre per affrontate una lunga camminata, scarpe comode e macchina fotografica a portata di mano pronti ad immortalare le meraviglie che la selvaggia costa rocciosa idruntina ha da offrire. Dalla baia delle Orte a Torre Sant’Emiliano. Pochi chilometri in linea d’aria che si districano tra falesie, antiche masserie, un faro e torri costiere.

Partiamo dalla baia delle Orte, luogo incantevole e suggestivo designato sin dal XVI secolo come avamposto difensivo per le terre che ogni giorno, per prime in Italia, sono baciate dai raggi del sole. Già nel 1568 maestranze locali edificarono la Masseria delle Orte, un vero e proprio edificio militare, con lo scopo di supervisionare le acque dell’adriatico che ancora ricorda l’arrivo, nel 1480, della flotta della mezzaluna che sembrava dovesse porre fine per sempre alla storia della città salentina,primo vero ponte tra Occidente e Oriente.

Baia delle Orte

La vocazione “militare” della baia ha superato intatta secoli e incursioni piratesche per rinnovarsi in occasione dei conflitti mondiali, quando vennero realizzate trincee e bunker i cui ingressi si aprono nella roccia della baia costellata dal rosso acerbo delle decine di migliaia di pisoliti che ricordano al visitatore l’immediata vicinanza della meravigliosa  cava di Bauxite, conosciuta più comunemente come lago rosso, con il suo paesaggio surreale, quasi alieno.

Ingresso in un bunker

Lasciamoci dunque alla spalle la baia delle Orte, la torre del serpe, antico faro ad olio, probabilmente di origine romana, che ci osservato da lontano e  in silenzio fin dal momento del nostro arrivo. Un ultimo sguardo all’imbocco di un antro che dalle ipnotiche acque di questo azzurro mare conduce all’interno della grotta Palommara e incamminiamoci verso Punta Palascìa, lungo le scogliere al di sotto delle quali si aprono diverse grotte, accessibili via mare, che hanno garantito rifugio agli uomini che migliaia di anni fa abitavano questi luoghi.

Torre del Serpe e grotta Palommara

Troppo in alto rispetto al livello del mare per poter godere dei gabbiani che sfiorano il pelo dell’acqua per procacciarsi un lauto pasto, e troppo in basso rispetto al manto stradale per poter percepire il rumore delle auto. Il nostro cammino continua tra la flora e fauna tipica del mediterraneo: tra cespugli di Cisto Rosso, piante di capperi che sfidano la gravita e sembrano quasi volersi tuffare in mare, lucertole intente a prendere il sole disturbate solo dai nostri passi. Arriviamo a scorgere dietro un alta roccia la lampada del faro di punta Palascìa, uno dei cinque fari di terra d’Otranto che per oltre cento anni, fin dalla data di costruzione (1869) al momento in cui venne abbandonato, delimitò con la sua luce, alimentata prima ad olio e poi elettricamente, il confine nautico tra le acque dell’Adriatico e quelle dello Ionio, che qui si abbracciano ancora prima di proseguire in solitudine in direzioni opposte. Siamo qui, nel punto più ad est delle penisola italiana, luogo in cui un tempo sorgeva una delle decine di torri di avvistamento edificate nel corso del Sacro Romano Impero.Punto designato per l’installazione di una base militare che ha minacciato l’esistenza del faro che, in disuso fin dagli anni ’70 del secolo scorso, rappresenta comunque un’importante testimonianza per la storia della Terra d’Otranto, una sorta di anziano padre che non deve essere dimenticato a causa delle sua vetusta età. Ristrutturato e “riabilitato”, questo nostro avo è divenuto nel 2008 un Osservatorio su Ecologia e Salute degli Ecosistemi Mediterranei (ObsEco), un centro dell’Università del Salento per lo sviluppo della cultura ecologica e per  produrre e rendere disponibili strumenti di educazione ambientale.

Faro della Palascìa

Percorriamo il sentiero sterrato che ci allontana dal faro e dagli ambienti dove vivevano le famiglie dei due guardiani, per ritornare sulla strada e reimmetterci rapidamente sulla scogliera, prossima tappa: Torre Sant’Emiliano.

Il percorso si presenta particolarmente ripido, a tratti decisamente impegnativo e faticoso. Lo sforzo fisico viene ampliamente compensato dal benessere di cui gode la nostra vista che si apre a incantevoli paesaggi dai colori vivaci le cui linee, mosse da una fresco soffio di Eolo, si confondono a causa delle diversa densità e temperatura dell’aria al suolo di questa magnifica giornata primaverile.

Si oltrepassano antiche paiare in parte diroccate, agglomerati piramidali di pietre, vecchie costruzioni in mattoni alle quale sembra siano stati tolti dei pezzi, come in un puzzle.

Sullo sfondo Torre Sant Emiliano

Quando lo sguardo raggiunge la Torre, su una rupe ad oltre 50 metri sul livello del mare, un enorme cortile recintato da un lungo muretto a secco,visibile addirittura dal satellite, coglie la nostra attenzione. Al centro un’antica caverna ricavata nella roccia, dove un tempo avranno trovato riparo o dimora numerosi contadini e dove ora invece scorpi e rovi crescono all’ombra.

Grotta con cortile di muri a secco

Da qui si diparte un sentiero con che conduce li, sulla rupe dalla quale da quasi 500 anni si erge quest’imponente struttura cilindrica che mantiene la parola data a Carlo V. Se ne sta li ancora ad osservare il mare anche se nessuno può più lanciare l’allarme con segnali di fumo per avvisare le torri vicine e l’entroterra di un’imminente pericolo. Per rincuorarci decidiamo comunque di dare uno sguardo sul mare. Nessun veliero pirata in avvicinamento, solo alcune barche a vela.

Torre Sant Emiliano

Marco Piccinni


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