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La guglia degli Orsini Del Balzo a Soleto

Anno del Signore 1397. In una buia notte nella contea di Soleto si avverte nell’aria un senso di inquietudine e di fermento. Qualcosa nei pressi dell’antica chiesa medioevale stà accadendo. Tutti sono curiosi di sapere cosa sia, ma nessuno ha il coraggio di uscire di casa per accertarsi degli eventi in corso. Ecco quindi che la gente spranga le porte, assicura le finestre, si rintana nel letto di paglia con gli occhi svegli e vigili e il terrore nel cuore. Nessuno può esserne certo ma tutti sanno cosa stà succedendo. Solo un giovinetto impavido, noncurante delle raccomandazioni dei propri genitori, osa spiare fuori dalla finestra. La curiosità è tanta e l’ignoranza spesso rende coraggiosi.

Non c’era la luna quella notte, eppure il fanciullo riuscì a vedere distintamente alla luce di quelle strane lanterne, che sembravano librarsi autonomamente nell’aria, delle strane figure. Non erano uomini, non erano animali. Assomigliavano tanto a quei demoni che aveva visto negli affreschi  del Giudizio Universale nella chiesa di Santo Stefano, terminata esattamente mezzo secolo prima. Eh si, sembravano proprio dei diavoli.  “Allora tutte le storie che ci racconta il prete sono vere! I diavoli esistono davvero!” Pensò il bambino. All’improvviso gli venne voglia di gridare, di andare dai suoi genitori e cercare protezione tra le loro braccia. La curiosità era così forte da inchiodarlo li, contro la sua stessa volontà, a quella piccola finestra. “Cosa stanno facendo i diavoli?” Sembrava che stessero sollevando da terra dei mattoni, massi scolpiti, architravi, colonne per portali in alto. Oh si, ora che l’occhio si era abituato al buio riusciva a vederla, una torre! C’era proprio una torre li vicino alla chiesa. “Ma fino al tramonto non c’era!” Pensò ancora il bambino….”la stanno costruendo i diavoli!!”

Ed ecco che dopo aver formulato questa teoria si accorge della presenza di altre strane figure, delle donne, vecchie, indossavano vesti malandate e sembrava ridessero beffardamente. Toccavano degli enormi massi con le mani che inaspettatamente assumevano forme differenti. “Li stanno intagliando! Sono streghe!” La paura a questo punto fu troppo forte, il bambino corse via a rintanarsi sotto le coperte. “Le streghe, le streghe, ci sono anche le streghe!”

Le nuove paure del bambino erano motivate. In un paese in cui si ritiene vi fosse la più grande percentuale di streghe e stregoni, i macàri, le bocche degli anziani erano sicuramente piene di aneddoti terrificanti su di essi, e venivano fuori ogni qual volta schiudevano impercettibilmente le labbra, anche inconsciamente. La maggior parte dei racconti poi aveva come protagonista quel Matteo Tafuri, l’alchimista, o lo stregone di Soleto, da tutti temuto e rispettato. Si sentiva dire che avesse ai propri ordini creature demoniache!

Per tutta la notte non riuscì a chiudere occhio pensando a cosa stessero in realtà facendo quelle creature del male a pochi passi da casa sua ma, non appena vide un debole raggio di sole penetrare dalla piccola finestra vicino al suo letto, decise di rialzarsi e dare nuovamente un’occhiata. Quello che vide fu quasi comico: streghe e demoni che correvano all’impazzata per mettersi al riparo dalla luce. Tutti riuscirono a scappare quando il sole aveva già illuminato la zona. Solo quattro demoni non furono in grado di raggiungere un posto sicuro e si pietrificarono ai quattro angoli di quella torre che essi stessi avevano costruito. Il bambino si rendeva ora conto che quella struttura in realtà non era una torre, bensì un campanile e i demoni erano rimasti intrappolati all’altezza della terza balaustra.

Il giovane la guardò attentamente e con un filo di voce disse:  “è bellissima!”


La storia vuole che il campanile di Soleto, meglio noto come la guglia degli Orsini Del Balzo, adempì al suo compito fino al 1600, quando poi le campane vennero smontate e risistemate su una seconda torre campanaria più bassa della prima. Si adagia sull’attuale chiesa parrocchiale, edificata sulle fondamenta di una medioevale, abbattuta per accogliere il progetto di Adriano Preite di Copertino, nel 1783, in relazione all’edificazione di un nuovo edificio religioso.

Se eliminassimo tutto il carico di leggende che ruota intorno a questo edificio potremmo solo limitarci a dare qualche breve informazione architettonica: è di forma quadrata con 5 diversi ordini, il cui livello di decorazione cresce man mano che ci si sposta verso l’alto. I primi due ordini sono marcati da una cornice, semplice e doppia, di archetti trilobi; il quarto presenta bifore (divise in due da una colonna tortile),  motivi floreali, archi con teste scolpite e differisce dal terzo per la presenza di una balconata ornata. In cima, un tiburio ottagonale con una bifora per lato, arricchite da colonnine angolari che sostengono dei leoni alati, conclude l’opera d’arte.

E’ alto ben 45 metri e dalla sua altezza domina tutta Soleto, una dominazione sia materiale che psicologica. L’erezione del campanile fu infatti voluta dal Conte Raimondello Orsini del Balzo che voleva comunicare alla comunità, di culto griko, una forma di imposizione di stampo latino. Sarà forse per questo motivo che la leggenda ha invece assegnato la paternità dell’opera a Matteo Tafuri, noto medico salentino che perfezionò i suoi studi in diversi campi dello scibile nei suoi viaggi intorno al mondo. L’avvicinamento alle scienze naturali e alchemiche era più che sufficiente per la comunità per riferirsi a lui con l’appellativo di Stregone. Avrebbe ordinato di costruire in una notte, al suo esercito di streghe e diavoli, il campanile di Soleto. Ma per quanto potesse essere stato bravo nelle scienze occulte questa impresa era senza dubbio al di fuori della sua portata dato che, quando nacque, il campanile svettava sulla città da circa un secolo.

Anche se priva di connotazioni magiche la figura di Raimondello custodisce degli aspetti mitologici e leggendari, quasi ultraterreni. In lui si riuniscono due famiglie molto potenti. Quella degli Orsini, cognome ereditato dal padre, di orgine romana e i cui discendenti vantano una parentela diretta con gli orsi, una mescolanza di razze ritenuta possibile sin dall’antica Grecia che ha contagiato con il tempo Europa e Asia. Il secondo cognome invece, Del Balzo, lo eredita dallo zio Raimondo del Balzo che lo adotta per dare alla propria famiglia una discendenza ereditaria.  Una famiglia il cui stemma è una stella a 16 punte, astro che potrebbe ricordare quello avvistato dal capostipite della casata: Baldassarre, uno dei Re Magi.

Una figura intrigante e misteriosa dunque, che si radicò politicamente al Salento con maggior tenacia inseguito al matrimonio con Maria d’Enghien, nel 1384, che sposò su consiglio di Luigi I d’Angiò, suo alleato. Aggiunse così ai suoi possedimenti  la contea di Lecce ed il Principato di Taranto. Quest’ultimo includeva  metà del Regno di Napoli ed il Principe vi governò quasi indipendentemente dal sovrano del regno, diventando il feudatario più ricco d’Italia con entrate che superavano addirittura quelle del re di Napoli.

Marco Piccinni


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