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La specchia dei mori, “Segla u demonìu”

Intrisa di leggende e circondata da un alone di mistero. Solo a pronunciarne il nome non si può impedire ad un brivido di attraversare la schiena dell’interlocutore. Una location perfetta per ambientare le storie più inverosimili e disparate in un epoca dominata dalla magia, dalla superstizione e dall’ignoranza. Stiamo parlando della Specchia dei Mori, meglio conosciuta in griko come Segla u demonìu, la Specchia del diavolo.

Si tratta di una delle grandi specchie del Salento, un fenomeno tipico esclusivamente di quest’area, costituita da massi di differenti dimensioni, ammassati uno sull’altro, fino a formare un cumulo, una specchia appunto, utilizzata molto probabilmente come struttura di avvistamento. Posizionata su di un’altura del comune di Martano, nel cuore della Grecìa Salentina, dalla sommità della Specchia, alta sei metri,  oggi dominata da un grande albero di fico, è possibile estendere lo sguardo ben oltre i confini del paese. Un punto di osservazione eccezionale!

Difficile datare con certezza questo monumento di pietra anche se D’Andria ha notato, inseguito ad alcuni scavi condotti clandestinamente da parte di terzi, resti di ceramica medioevale che consentirebbero di collocare la struttura ad un migliaio di anni fa, in età normanna, in linea con altre specchie del Salento.

La funzione principalmente difensiva del luogo rivive anche nelle leggende che vi ruotano intorno. Si riteneva infatti che enormi voragini si aprissero lungo il perimetro per ingoiare i nemici che osavano sguainare le spade contro la gente del luogo. Un racconto molto diffuso anche nei comuni del capo, nato probabilmente per spiegare l’origine di alcune voragini naturali, come quelle di Barbarano ad esempio, comunemente dette vore.

Un’altra leggenda racconta, invece, che la specchia venne costruita da imponenti mori, i quali volevano raggiungere il cielo per poter “toccare” gli dei. Impilando pietra dopo pietra eressero una torre dalle dimensioni mostruose sulla quale potersi poi arrampicare e raggiungere l’Olimpo nostrano. Ma, come abbiamo già avuto modo di imparare in passato, le divinità non vedono di buon occhio questa forma di edilizia e, anche in questo caso come avvenne a Babele, distrussero questa rudimentale via di comunicazione tra il cielo e la terra seppellendovi  sotto di essa chi prese parte all’edificazione.

Se è vero che dietro ogni leggenda c’è sempre un fondo di verità, chissà, quale sarà in questo caso? Un’indagine archeologica accurata potrebbe risolvere alcuni dei misteri legati alle grandi specchie anche se le leggende popolari conservano sempre un certo fascino, seppure i tempi siano cambiati e non parliamo più di stregoni, giganti e dei.

Marco Piccinni

SITOGRAFIA:

Grandi Specchie del Salento – Associazione Archès


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