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INCENDIO SUI LUOGHI DELLA MEMORIA: Strage di ulivi sul tracciato della nuova 275 tra Tricase e Montesano

Era intitolata “I luoghi della memoria” la passeggiata organizzata dal “Comitato 275” il 2 giugno del 2011, in collaborazione con le associazioni Archès e Gaia. Per circa tre ore siamo stati a spasso per i luoghi che presto saranno cancellati dalla messa in opera dell’inutile e dannosa strada progettata, circa 20 anni fa, per servire le fiorenti zone industriali, cancellando per sempre il fascino e l’armonia di quel pezzo di territorio.

All’escursione avevano preso parte oltre cento sostenitori del Comitato che, attraverso antiche carraie, anfiteatri  naturali e boschi di querce, hanno avuto la possibilità di ammirare splendide opere d’architettura rurale (muri di cinta alti più di due metri costruiti con un pietrame piccolissimo e tipico della zona), le pajare e altri particolari da scoprire insieme. Ed inoltre è stato possibile osservare la fauna che pian piano si svegliava dal lungo letargo invernale, ramarri, biacchi, cervoni, farfalle dai mille colori, tutto immerso nei profumi della flora primaverile.

A distanza di un anno e mezzo da quell’esperienza emozionante ed entusiasmante, l’idilliaco quadro sopra descritto ha mutato cornice. Le località Serra del Fico e Macchie di Ponente, infatti, sono state di recente interessate da un incendio che “casualmente” ha coinvolto ettari di terreno, sui quali è previsto il passaggio del tracciato della 275. Le fiamme hanno percorso il tragitto di una strada campestre larga poco meno di 2 metri, che si caratterizza per la presenza di carraie sul banco di roccia.

Il rogo non ha risparmiato ulivi e macchia mediterranea (e i rifiuti in essa gettati), arrivando a lambire anche i ruderi di antichi edifici rurali e strutture in pietra a secco (liame e pajare). Le fiamme hanno avvolto il “giardino degli ulivi secolari”, così denominato per la presenza di alberi monumentali e maestosi, le querce spinose, le edere rampicanti, i mirtilli, gli alberi di fico e i lecci secolari. È andato in fumo, dunque, l’ultimo lembo di macchia mediterranea incontaminata presente nella zona compresa tra Tricase e Montesano Salentino.

Non si esclude che i “piromani” abbiano eseguito il loro perverso progetto di distruzione seguendo la mappa dei fondi interessati dal passaggio della nuova 275, appiccando il fuoco “a macchia di leopardo”. Questa ipotesi è supportata dal fatto che – incredibilmente – l’incendio ha ricalcato il medesimo percorso, coinvolgendo uliveti, campi ricoperti da fitta vegetazione spontanea (compreso quello dalla particolare morfologia che ricorda vagamente un anfiteatro naturale), comprese le specie vegetali autoctone rare ivi presenti, a detta dei botanici che hanno effettuato in passato dei sopralluoghi.

Le fiamme – infine – hanno lambito il bosco di località Macchie di Ponente, fortunatamente senza addentrarsi al suo interno. Il rogo ha lasciato, dietro di sé, uno scenario di distruzione e desolazione. Ha coinvolto numerosissimi ulivi (qualcuno secolare, altri monumentali), ha decimato un esteso tratto di macchia mediterranea e un habitat naturale che, semmai non dovesse essere interessato dal passaggio della 275, impiegherà anni per recuperare l’originario vigore.

Sulla dolosità dell’incendio non ci sono dubbi; è chiaro che dietro c’è un progetto preciso, considerato che nel corso dell’estate un altro rogo ha coinvolto il tratturo dei pellegrini in località Matine, anch’esso ricco di biodiversità vegetale e interessato dal passaggio della superstrada. Insomma, l’opera di cancellazione e obliterazione della memoria, dell’ambiente e del paesaggio del Capo di Leuca

sembra già iniziata, e stavolta non sarà nessun Comitato di cittadini o giudice di buon senso a mettere un freno. Ciò che rimane è solo un’arida distesa di nudi e neri scheletri di alberi di ulivo. I pochi esemplari sopravvissuti alle fiamme sembrano implorare aiuto, ma il loro destino sembra oramai segnato e lo scenario che balza agli occhi è quello di un territorio devastato dalla furia di una catastrofe immane, a due passi da una zona industriale simbolo del fallimento della politica e dell’imprenditoria salentina del nuovo millennio.

 Marco Cavalera


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