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Poggiardo, tra terre nere e rosse

Lasciata alle spalle l’antica chiesa rupestre dei Santi Stefani e dopo una breve capatina alla necropoli paleocristiana di fondo Giuliano, nelle campagne di Vaste, ci incamminiamo verso quelle che sono conosciute come “le terre nere”.

Non si tratta di uno dei tanti scenari delle fiabe in cui l’antagonista è la strega cattiva o un perfido orco, ma di un’estesissima superficie non coltivata. La terra ha una colorazione piuttosto scura che lascia ampio spazio nei periodi primaverili all’esplosione di colori della macchia mediterranea. E’ possibile rinvenire numerosi esemplari di orchidee selvatiche che qui sembrano aver trovato il proprio habitat naturale.I terreni lambiscono antiche linee di costa lungo le quali si vedono alcuni fossili di organismi marini, animali e vegetali.

Fossili lungo una delle linee di costa

Continuando il percorso lungo tratturi, mulattiere e vecchie stradine incorniciate tra fichi d’india, finocchetti selvatici, malva e ulivi, giungiamo rapidamente ad un viale alberato che sembra introdurci in una nuovo ambiente. La terra non appare più scura ma comincia ad assumere una colorazione più viva, rossa! Siamo infatti entrati in una delle zone particolarmente ricche di bauxite e sfruttate ad uso cava fino agli anni ’40 del secolo scorso. Per identificare l’area designata è molto semplice, basta seguire la scia dei pisoliti sul terreno che divengono sempre più numerosi man mano che ci si avvicina al punto X. La forma dei pisoliti, arrotondata e levigata, è dovuta al trascinamento e al trasporto ad opera di acque meteoriche durante il processo di formazione. Seguendo questa scia, le nostre briciole di pane che demarcano il sentiero, veniamo a contatto con altre realtà ormai scomparse: vecchi casolari diruti nascosti tra gli uliveti, funghi di ogni genere e forma, una vecchia strada lastricata realizzata probabilmente tra il ‘700 e l’800. Tanti mini mondi a due passi dalla strada provinciale ma in un punto inarrivabile mediante le quattro ruote.

Casolare diruto

Ritorniamo sulla scia dei pisoliti, ci rimettiamo in marcia e piano piano ci addentriamo  in terreni sempre più rossi, quasi accecanti. Ci siamo, le cave sono vicine! Una rapida sbirciata intorno e le troviamo proprio lì, tra giovani ulivi e alberi di fico e pino. Siamo in località “Bosco dei Reali“, una fossa che ora ospita altri alberi e piante ma dalla quale si può ammirare quello stravolgimento naturale indotto dall’uomo, che almeno per una volta non ha distrutto il paesaggio, ma lo ha reso più interessante ed accogliente nonostante l’intensivo sfruttamento.

Vecchia strada lastricata

A Poggiardo giungeva anche parte della bauxite estratta dalla cava di Otranto, il famoso lago rosso, per ricevere un primo trattamento prima di essere imbarcata e raggiungere l’effettiva destinazione.

Una delle aree di estrazione della bauxite

Lasciata la cava ci reimmettiamo sul sentiero, inoltrandoci nella macchia mediterranea, che protegge rigogliosa un ampio tratto di fondale marino, anch’esso ricco di fossili di diverso genere. La fitta vegetazione ci impedisce di oltrepassare questo basamento e ripieghiamo quindi verso un altro tratturo, molto antico e a tratti scomparso, inglobato da diversi terreni che rapidamente si immettono in una seconda cava, di tufo, più recente e ancora in uso.

Ci accorgiamo che il nostro percorso è giunto a termine, ritorniamo verso il paese lambendo la famosa pineta Mari Rossi che l’ora tarda e il sole già quasi tramontato ci invitano di visitare in un secondo momento.

Marco Piccinni

 


2 commenti su “Poggiardo, tra terre nere e rosse

  1. francesco lopez y royo ha detto:

    quelle grotte che furono trovate qualche anno fà nella cava,che fine hanno fatto?

    • Marco Piccinni ha detto:

      Per il momento sono state messe in stato di sicurezza con una cancellata che ne impedisce l’ingresso ai non addetti ai lavori.

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