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Tra Neanderthal, dolmen, masserie e… Archès

Se la meraviglia di un bambino diventa una passione, e se quella passione diventa contagiosa, il risultato è una mobilitazione di uomini, donne e bambini che scelgono di vivere un’esperienza diversa, a contatto con la natura e con la storia, in un contesto in cui il concetto globalizzato e stereotipato di vacanza assume le forme di una cartolina in cui il blu del mare e il giallo dorato della sabbia è spezzato a tratti dai colori vivaci degli ombrelloni delle decine di stabilimenti balneari disseminati lungo tutte le località costiere.

Quel bambino ha un nome e cognome, Nicola Febbraro, il cui obiettivo di “lasciare qualcosa alla mia terra anche dopo la mia morte e di rendere orgogliosi i miei genitori”, si concretizza ogni estate, per almeno un giorno la settimana, quando con la sua passione e volontà strappa dalle spiagge affollate un piccolo gruppetto di turisti desiderosi di “altro”, convinti anche loro che il Salento vada ben oltre sdraio, abbronzatura, e crema solare, per addentrarsi nei meandri della contrada rurale e riscoprire, ogni volta come se fosse la prima, i monumenti megalitici costruiti dai nostri avi, e affrontare un viaggio nel tempo durante il quale toccare con mano la varie fase dell’evoluzione antropica.

Tra i contagiati d’amore per il territorio salvese da quel bambino tanto curioso, c’è anche Marco Cavalera, Lucugnagnese doc e responsabile legale dell’Associazione Archès, che inaugura la “spedizione turistica” con la prima tappa del tour archeologico, il dolmen Argentina-Graziadei. Probabilmente un caso unico nel Salento per le sue caratteristiche, oltre che per il suo eclissamento totale a vantaggio della mega-sdraio che indica l’ingresso alle Maldive del Salento.

Dal dolmen, l’attenzione si sposta al tumulo funerario di località Montani, poco distante. Datato alla fine del III millennio a.C.. Il tumulo ha restituito, per la prima volta nell’Europa di quell’epoca, la contemporanea presenza del rito crematorio e sepolcrale all’interno dello stesso sito. Ossa combuste e seppellimenti rituali per almeno 50 individui fanno emergere la complessità culturale delle antiche comunità salentine, aprendo scenari eccezionali che impongono di rivedere le pagine di storia già scritte. Sullo sfondo la masseria dell’Aparo Valentini, fornisce qualche spunto per discorrere del sistema di vedetta multiplo del Salento, diversificatosi nel tempo e nello spazio in forme sempre differenti: le torri costiere, le masserie fortificate, le casi turrite, le specchie. Strutture e architetture diverse accomunate nell’obiettivo, quello di proteggere la propria terra, e dai materiali di costruzione, la pietra. Sembra essere proprio quest’ultima a stregare il salentino ed il forestiero, come una pozione preparata chissà quando e da mani sconosciute, e la cui magia raggiunge il culmine con le pajare: architetture rupestri nate per necessità e motivi differenti, tra ulivi, fichi e fichi d’india, in grado di competere in bellezza e ingegnosità con le più maestose architetture moderne. Spesso ci indicano anche la via per “scoprire” nuove cose, come una grotta. Si, una grotta abitata dai Neanderthal, il cui ingresso sembra nascosto da un gioco di prospettive proprio da un grande pajarone, che il Sign. Antonio mette periodicamente a disposizione, come i frutti dei suoi alberi di fico, ai turisti che non riescono a far domande per via della bocca, socchiusa, in contemplazione del dolce frutto, o completamente spalancata, in un’espressione di stupore e meraviglia. Meraviglia che ha accompagnato tutte le età della carovana turistica fino all’ultima tappa del viaggio, una masseria del ‘700, abitata un tempo dalla scrittice e appassionata di archeologia Patience Gray e dallo scultore Norman Mommens, che hanno trascinato nel salento le principali tv e testate giornalistiche a stelle e strisce e che hanno contribuito attivamente ad accrescere la conoscenza storica e culturale del promontorio japigio.

Una serie di micro-universi ciclici e ricorsivi (che si estendono per ben 70.000 anni!) all’interno del quale perdersi, che decantano le bellezze del Salento che non conosci che Marco e Nicola inseguono da anni per carpirne i segreti e rivelarli a chi ha interesse e tempo per ascoltare. Un applauso spassionato e spontaneo chiude questo piccolo viaggio, ma solo momentaneamente, fino alla prossima partenza.

Marco Piccinni


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