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La fiera della Madonna delle Rine

Una piccola edicola votiva, alta 1.85 metri e larga 2.25. All’interno l’immagine della Madonna, tra le braccia il figlio morto. Un angelo. Poche immagini senza una firma, senza un autore. Piccola e in periferia, la cappella della Madonne delle Rine ha accolto sempre più fedeli in un culto crescente come un’iperbole. Il degrado e l’abbandono, poi un restauro, nel 1993 a cura dell’associazione “Cultura e Salento”. Il ritorno di un culto affievolito ma mai perso del tutto. Il ripristino di una antica fiera.

Fonte: comune.taviano.le.it

Le misteriose Rine tornano in festa” sottolineava una pagina del Quotidiano del 2 Ottobre del 1993, e con loro la fiera di bestiame con commercianti e allevatori locali e provenienti dai paesi vicini. Un meccanismo collaudato ed efficace quello della fiera, spinto e diffusosi principalmente a partire dalla seconda metà del ‘400 sotto il beneplacito dei principi di Taranto, dei conti di Lecce e dei Regnanti Aragonesi. Il buon andamento di una fiera era sintomo di un economia sana e florida, in grado di risanare le casse domestiche e quelle dell’erario, e la loro frequenza, cadenzata ad intervalli regolari durante tutto l’anno, contribuiva ad una circolazione continua di denaro, oltre che a mettere in mostra anche l’altro lato della società, quello povero,  mendicante, che si aggirava tra mercanti e mercanzie in cerca di elemosine.

O TRAFITTA MIA SIGNORA, FA CH’IO PIANGA TECO OGN’ORA” recita l’epigrafe accanto all’immagine della Madonna. Parole di dolore e di sofferenza che si uniscono ai patimenti delle donne che per anni qui si sono recate per pregare per un caro defunto, per un figlio al fronte, per la povertà e la malattia.

La luce delle Rine si è ridestata, riportando ogni anno, la prima domenica di Ottobre, la fiera che un tempo ha contribuito al risanamento dell’economia locale e non solo.

Marco Piccinni


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