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Le Torri colombaie

Ipnotiche, maestose e numerosissime sono le torri colombaie del Salento, i cosiddetti  palumbari, che costellano il territorio in qualsiasi punto cardinale lo si guardi e che spesso non sfuggono all’interrogativo: che cosa sono?

Si tratta di strutture a base circolare o quadrate, prive di volta, le cui pareti interne sono caratterizzate dalla presenza di numerosissime cellette dove un tempo nidifica il colombo torraiolo. Una scala a pioli ricavata internamente nella parete dell’edificio consentiva di raggiungere ogni punto della torre, ricollegandosi alla base ad una porta di ingresso o ad una finestra (spesso l’unico accesso all’edificio) situata ad un paio di metri dal livello di calpestio esterno, solitamente più alto di quello interno di due, tre metri. Il fondo della colombaia poteva essere intonacato e utilizzato come raccoglitore dello sterco degli uccelli, ottimo fertilizzante, nonché ricco di colombina, una sostanza particolarmente sfruttata in una delle fasi del processo di concia delle pelli, in sostituzione dello sterco di cane.

Interno della colombaia del complesso del Celsorizzo (Acquarica del Capo)

La carne di piccione era considerata un alimento pregiato, altamente proteico, apprezzato soprattutto sulle tavole del clero e di quelle blasonate della nobiltà, che possedevano la maggior parte di queste strutture.

Presumibilmente la costruzione delle prime torri colombaie risale al regno di Federico II di Svevia come architettura a sostegno dell’economia delle masserie rurali, elemento che si conserverà almeno fino al 1789, anno in cui venne liberalizzata la caccia ai colombi. Intorno al XVI secolo, invece, si verifica una vera e propria esplosione che vede realizzare colombaie con decorazioni quasi sfarzose, con araldi scolpiti bene in vista, in concomitanza con il periodo d’oro dell’economia agricola in Terra d’Otranto. Anche se la costruzione della colombaia più grande, oggi ancora esistente, precede di un secolo questo boom economico. Si trova a Carpignano Salentino, in zona Cacorzu, ed è in grado di contenere ben 10.000 piccioni torraioli.

Alcuni colombi escono dalla colombaia di Carpignano Salentino

La presenza di una torre colombaia nell’area di una masseria poteva essere considerato  un segno di prestigio sociale, oltre che sinonimo di ricchezza, anche se spesso realizzate poco distanti dal blocco centrale del complesso masserizio. Siamo nel periodo nero delle incursioni saracene, e la forma circolare delle colombaie, molto simile a quello delle torri costiere, poté essere utilizzata come deterrente per un attacco, facendo credere al nemico di essere in presenza di un luogo fortificato piuttosto che ad un “contenitore” di viveri. Durante i periodi di pace invece, le torri venivano inglobate all’interno del nucleo masserizio o di palazzi e castelli, ingentilite da elementi architettonici che richiamavano eleganti decorazioni ricorrenti solitamente nelle dimore nobiliari del circuito urbano. Secondo Luigi Caputo, nel suo La Masseria Grande di Surano, Valorizzazione ambientale e riuso delle masserie fortificate del Salento, la presenza di torri colombaie sarebbe più concentrata nelle zone in cui era già presente un complesso fortificato proprio per potenziare l’illusione di una sufficiente disponibilità di strutture difensive, benché gli assedi da parte del nemico, anche in presenza di torri e bastioni, potevano risultare spesso logoranti nei confronti dell’assediato, che finiva per cedere alle pressioni esterne, soprattutto in carenza di viveri e armi con cui rispondere alle offese.

Molti di queste torri oggi si presentano come dei ruderi, abbandonate dall’uomo e dai colombi, che sembra quasi non vogliano più tornarci.

Marco Piccinni


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