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L’oratorio Sant’Angelo a Specchia

Sinistre figure antropomorfe di pietra e metallo si contorcono, se pur in un’innaturale rigidità, sulla collina dei peccatori. Eroi, divinità, elementi architettonici, si uniscono all’unisono in un contesto che abbraccia cristiano e pagano allo stesso tempo. E’ la pietra la vera protagonista di questa affascinante inquietudine di corpi che emergono dalla terra. Quella pietra che richiama le sue sorelle vicine, disposte regolarmente al fine di formare un tracciato, un antico basolato dalle dubbie origini che si alterna a carrerecce scavate nella roccia.

Strada basolata sulla serra dei peccatori – Specchia

Un antico asse viario vedovo dei suoi utilizzatori, che conduce il forestiero in un luogo di pace e di preghiera dedicato all’Angelo guerriero, San Michele Arcangelo, che in quella collina sembra aver il compito di guidare i peccatori sulla retta via. Primo tra i principi, riccamente abbigliato con il loron in oriente e fiero nella sua armatura in occidente, mentre veglia e pesa le anime in attesa di giudizio e trafigge il demonio con la sua lancia.

Pochi ruderi vegliati da orchidee spontanee, la cui presenza indica un terreno puro, non contaminato dalla devastante azione “purificatrice” dell’uomo. Terre non più coltivate, muri a secco vigili e fieri della propria costituzione, ulivi curiosi ma rispettosi, fichi d’india prolifici e pacati. Sono questi i fedeli che pregano e vegliano ciò che resta di quello che è conosciuto come l’”oratorio”, proprio come se fosse un’anziano rispettato e stimato che raccoglie al suo capezzale  i propri cari per un ultimo, estremo saluto.

Ruderi dell’oratorio di Sant’Angelo – Specchia

Due ambienti quasi totalmente diroccati, ciò che resta di una celletta votiva con una piccola edicola della quale sopravvivono decorazioni floreali e a finti conci. Pezzi discontinui di cornice testimoniano l’andamento di diversi crolli, ceppi di legno cristallizzato, forse residui delle antiche travi, strani simboli in uno dei due ambienti. Totale assenza di croci, un elemento discordante rispetto ad altri luoghi di culto, anche improvvisati, che abbondano nelle contrade vicine, spesso un segno indelebile del passaggio di migliaia di pellegrini diretti a finibusterrae, la fine della terra, che resistono ancora immutati dopo centinaia di anni.

Cella votiva nell’oratorio di Sant’Angelo – Specchia

L’oratorio di Sant’Angelo fa capolino dagli arbusti della macchia mediterranea e dalle chiome degli ulivi che lo circondano. Terre ormai incolte, pochi spettatori di passaggio se non gli uccellini in cerca di materia prima per realizzare il proprio nido, qualche serpentello che striscia tra le pietre dei muretti a secco, le delimitazioni delle antiche cisure (chiusure), una posizione da cui domina con un solo colpo d’occhio la città di Specchia, e che probabilmente gli ha consentito di salvarsi dall’abusivismo edilizio ma non dall’inesorabile scorrere del tempo che cancella riti, tradizioni, credi, che sopravvivono solo in parte nei toponimi delle nostre contrade. Li ripetiamo a memoria ma non sappiamo da dove hanno avuto origine.

Marco Piccinni


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