Valesio

Due viandanti e i loro cavalli sono alla ricerca della Mutatio Valentia. Sono in viaggio dell’aurora e il sole stà quasi per tramontare. Hanno bisogno di mangiare e riposare prima di potersi rimettere in cammino alle prime luci del’alba del nuovo giorno che sarebbe sorto da lì a poche ore.

La strada che hanno percorso è la stessa battuta da secoli ormai. Cambiano i regnanti, i nomi di chi la abita, l’organizzazione del governo e persino il suo toponimo. Oggi la conosciamo come Valesio.

Menzionata di rado nei documenti antichi, abbonda invece di riferimenti e citazioni nell’età imperiale romana. Strabone la chiamava Aletia, altri Valetium o Balesium, Baletium nella Tabula Peuntingeriana e Mutatio Valentia nella Roma Cristiana, in relazione con la stazione di posta lungo la viabilità imperiale romana presente nell’area.

Da centro messapico a complesso masserizio, la storia riportata alla luce nelle aree denominate “Santo Stefano” e “Valisu” nel comune di Torchiarolo ripercorre tutti i principali tasselli della cronistoria salentina, dall’età del ferro al basso Medioevo.

Nella pianeggiante zona di Valisu sono stati individuati i resti dell’abitato messapico, le cui necropoli sorsero probabilmente nei dintorni dell’area della cosiddetta “pajara” a nord del canale ‘nfucaciucci,  dove è stata rinvenuta una sepoltura già violata del III sec. a.C., in maniera del tutto fortuita, con un’iscrizione in lingua messapica facente molto probabilmente riferimento al nome o alla condizione sociale di uno dei tre individui qui deposti.

Il circuito delle mura, con le probabili sette porte d’accesso, è ancora in parte visibile. La tipologia costruttiva è analoga a quella di altre città messapiche. Doppia cinta muraria con uno spessore di circa 5 metri con riempimento di pietre e terra. Si pensa avessero un’estensione di poco più di 3 km e mezzo, delimitando una superficie di 83 ettari.

Il centro tra la fine del IV e inizi del II sec. a.C. occupava la parte centrale dell’insediamento messapico di Valesio. Due strade sviluppate in direzioni tra esse perpendicolari delimitavano i quartieri abitativi composti da nuclei a pianta quadrangolare, riferibili a due principali periodi edilizi tra il IV e il II sec. a.C., nei quali si realizzarono abitazioni domestiche prima e botteghe artigiane per la realizzazione di ceramiche e terrecotte poi.

Complesso termale di Valesio

Complesso termale di Valesio

Intorno al II sec. a.C. il centro abitato sembra comprimersi in un nucleo di circa 2 ettari. Alcune resti del periodo repubblicano sono stati individuati a sud-ovest del complesso termale, il vero fiore all’occhiello degli scavi condotti a Valesio tra il 1984 e il 1991, che insiste su un’area di circa 700mq, lungo la Traiano-Calabra, suddivisi in ambienti termali e vani di servizio. Si riconoscono lo stato principale con il mosaico (raffigurante un kantharis in tessere bianche e nere), lo spogliatoio, il frigidarium con la sua vasca d’acqua fredda e gli ambienti riscaldati del tepidarium, del sudatorium e del calidarium, con i piccoli pilastri a sezione quadrata che sorreggevano il pavimento rialzato al fine di formare un’intercapedine, nella quale circolava l’aria calda che veniva dai forni. Le sale balneari presentavano probabilmente una ricca decorazione di cui è rimasto ben poco.

Sulle rovine delle terme sorgerà successivamente un piccolo insediamento rurale che da il nome alla località,  “casale Santo Stefano”, a cui fanno riferimento alcune strutture murali e sepolture che hanno portato ad ipotizzare la presenza di un edificio di culto dalla ignota locazione.

Nel periodo medievale le fonti storiche ricordano la distruzione del sito nel 1157, ad opera di Guglielmo di Sicilia, detto il Malo, e, a partire dal 1182 il feudo di Valesio, probabilmente divenuto una fattoria, fu concesso dal conte Tancredi all’Ordine Benedettino di Lecce. Dal 1500 in poi l’area viene nuovamente abbandonata per essere destinata ad uso agricolo. Resti di basolati risalenti al 1600-1700, sono stati inoltre rinvenuti all’interno di alcuni complessi masserizi.

Marco Piccinni

Maggiori informazioni su www.valesio.it

 


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