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La cripta di Sant’Elia, Patù

Solitaria e abbandonata come il complesso industriale in cui è stata inglobata controvoglia. Fiori artificiali dai colori spenti, sbiaditi dal tempo, luridi di terra e fango, restano gli unici addobbi di un culto ormai spento. Siamo nella piccola chiesa rupestre di Sant’Elia a Patù, a pochi metri dalla strada che conduce a San Gregorio, in località Verginelli.

Cinque scalini in pietra separano l’esterno dal piano di calpestio interno. L’ingresso presenta ancora ai lati gli incavai scavati per l’alloggiamento di una porta. Un ambiente minuto, poco meno di 8 metri x 4, nascosto dalla vegetazione, caratterizzato da un gradino-sedile che corre lungo tutte le pareti interne e un rozzo altare ricavato direttamente nella roccia. Tracce di quello che doveva essere l’antico ciclo pittorico della chiesa rupestre è ancora visibile. Santi nimbati dall’incerta identificazione tra i quali è possibile riconoscere un Cristo Pantocreatore in vesti bianche benedicente alla greca, che regge nella mano sinistra un cartiglio con il quale si presenta come “la luce del mondo”.

Ingresso cripta Sant'Elia, Patù

Ingresso cripta Sant’Elia, Patù

Adiacente al Cristo un volto barbuto irriconoscibile dal nimbo perlinato, un uomo su fondo blu inserito in una elegante doppia cornice color ocra e rosso decorata con elementi geometri, identificato con un probabile Sant’Elia, titolare della cripta, grazie a due lettere greche poste su di un lato, AΣ. Una figura che si sottoponeva ad un affresco successivo di cui si intravedono solo alcuni lembi di cornice sovrapposti.

Affreschi Pantocreatore e Sant'Elia Patù

Affreschi del Cristo (sinistra) e di Sant’Elia (destra)

Segue un’altra immagine dai contorni indefiniti dalla tunica verde e un lungo mantello rosso su sfondo blu punteggiato da piccoli fiori bianchi ed infine una probabile Vergine con un’aureola perlinata di colore giallo bordata di blu, inscritta in una cornice decorata anch’essa con motivi geometrici e un arco ogivale. Ai lati della cornice due croci dipinte di rosso, altre quattro nella zona absidale inscritte in altrettanti clipei. Una decorazione che si ripete a distanza regolare, circa un metro l’una dall’altra, su tutta la parete meridionale.

Croce iconoclasta patù

Una delle numerose croci rosse

Le croci potrebbero vantare un possibile rimando al periodo iconoclasta, intorno al IX secolo, e trovano riscontro con decorazioni simili sulle pareti nella Chiesa di San Nicola a Mottola e di Santa Marina di Muro Leccese. Se questa ipotesi fosse vera la cripta attesterebbe la presenza di diverse fasi di rimaneggiamento fino a giungere alla configurazione attuale attribuibile al XIV secolo.

Un altro piccolo tesoro salentino, abbandonato, incustodito, dimenticato all’ombra di un rudere che ormai fai parte del “patrimonio” dell’archeologia industriale e, come tale anch’esso terribilmente offeso e martoriato.

Marco Piccinni

BIBLIOGRAFIA:

-Stefano Calò, Paesaggio di Pietra, gli insediamenti rupestri delle serre salentine – Arbor Sapientiae
-Mariangela Sammarco, Gli insediamenti rupestri nel Capo di Leuca – Congedo Editore


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