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“Tienimi forte”, Marta

“E’ caro agli dei chi muore ancor giovane…”, (Menandro citato da Leopardi).

Storia di Marta (5 luglio 1994) che amava il mare e i cani, gli piaceva De Andrè e voleva studiare Medicina (ottimi voti allo “Stampacchia” di Tricase).

Adorava i piercing, i tagli particolari dei capelli, truccarsi e vestire all’ultima moda. Si scambiava app col padre di Daniele di Gagliano.

“Mentre stavo ballando, fui costretta a fermarmi d’improvviso perché avevo male al ginocchio”, (Capodanno 2007).

”Alla festa dei 18 anni, accoppiò il colore del vestito (turchese e nero) a quello della torta a piani…”

Daniele le regalò una borsa firmata. Lui si ubriacò, lei pure: “Persino il mio cane assaggiò un cocktail”.

Marta che “I want to live before I die” e “cullai il grande desiderio di mettere al mondo un bambino…”.

Voleva andare a vivere a Parigi.

Con Daniele (“Era molto bella e si faceva amare”) lo fecero la prima volta su un prato a Bologna.

Storia di Mino, padre di Marta: “E’ contro natura che un genitore debba seppellire un figlio”.

Un fiume di gente accompagnò Marta… Gli amici le fecero ascoltare le sue canzoni preferite…

Di Gessyca, la mamma di Marta: “Un genitore che vede soffrire un figlio e che sopravvive a lui, subisce il più grande dei dolori. E’ contro natura… Marta era il mio porto di approdo sicuro, la mia forza”.

E storia di Mattia, fratello di Marta (“una guerriera come poche!”, Jacqueline, infermiera “personale”), che aveva intuito il “the end” dopo un calvario di 7 anni.

Lei stessa faceva coraggio a chi gli voleva bene, raccomandando di essere felice, di continuare a vivere la vita con la sua stessa gioia e passione, “in direzione ostinata e contraria”.

Mino Cordella, “Tienimi forte”, Lupo editore, Lecce 2018, pp. 216, euro 12,00, bella cover di Antonio Pizzolante (coordinamento editoriale Gabriella De Donno e Giuseppe Martella).

Alla prima presentazione, a Castrignano, c’erano 1500 persone. Per desiderio della famiglia, i proventi della vendita andranno in un fondo per la realizzazione di un progetto di accoglienza, una residenza sul mare per i malati e le famiglie (e vorremmo che a questa piccola, grande donna coraggiosa, fosse intitolata una scuola, una piazza sul mare, magari un asilo…).

Ora Marta aiuta sconosciuti a loro volta scaraventati in un tunnel buio, perché gli dei sono capricciosi e spesso anche ingiusti.

“Sono solo un cuoco…”, sorride Mino Cordella mentre mi dona una copia e va via sotto la pioggia d’autunno dopo aver preso un caffè al bar “Porta Terra” di Montesardo.

Vero, e anche famoso (“Zio Tom”, Leuca). Ma è soprattutto un uomo. E’ in pace con la sua coscienza: con la sua famiglia, ha fatto sforzi sovrumani per cambiare il destino della figlia.

Questo libro è una storia di uomini veri e donne forti (è il dna magno-greco, mediterraneo, guerriero, indomabile): tutti sorpresi dalla malattia, vi scorre un flusso di dolore, di dignità e umanità, di speranza e smarrimento, di energie nascoste, insospettate e di senso della comunità.

Aiuta a capire quali sono i valori per cui vale la pena vivere e lottare, l’essenzialità della vita depurata da disvalori e barocchismi inutili.

Ha le scansioni della tragedia greca: c’è l’oracolo impietoso, il fato imprevedibile e folle che irrompe nelle nostre vite e le schiaccia contro il muro.

Ma può essere letto anche usando una password filosofica: perché la malattia? E perché una ragazza così ricca di gioia di vivere, nella luce sfolgorante e pura della sua primavera?

Ma anche psicanalitica (Mino e Marta sono legati da un rapporto edipico, come ogni padre e figlia). E antropologica, sociologica, psicologica: chi sono davvero quelli intorno a noi? Cosa sono e come reagiscono quando la tragedia ci scaraventa in un vortice da cui alla fine si esce altro da sé? Quando si continuerà a vivere col peso di un’assenza, un vuoto che nulla e nessuno riuscirà mai più a colmare?

Francesco Greco

 

A casa di Marta (aggiornamento del 7 gennaio 2019)

Daniele di Gagliano si è laureato a settembre, a Bologna. Ora lavora lì. Appena è sceso, il primo pensiero è stato per la “sua” Marta, è andato a trovarla e sulla grande pietra – opera dell’artista Albino – ha lasciato la corona d’alloro dei laureandi, ormai secca.

La prima sensazione – è difficile da spiegare – è che lei non è mai sola e che anzi è ancora fra di noi e sempre lo sarà. Un particolare curioso cattura subito l’attenzione: c’è scritta solo la data di nascita.

Ci sono piccoli Babbo Natale, piante grasse infilate nei buchi, un faretto, un esile olivo messo a dimora dal nonno.

“I peluche li ho portati a casa, la pioggia li rovinerebbe…”, sorride Gessyca, la mamma di Marta.

Nella superficie spianata della pietra, la scritta: I Want To Live Before I Die…

Tomba di Marta, Foto di Orazio Coclite

Letto e recensito “Tienimi forte,”, avevo un desiderio nel cuore: andare a casa di Marta.

Non sapendo bene dov’è, a quale vento si trova, ho chiesto a suo padre e in un pomeriggio di pioggia eccoci qua.

“Pioveva anche quando ti diedi la copia del libro, ricordi?”, sorride Mino Cordella.

Si, ricordo bene: era agli inizi di un ottobre piovoso e ventoso, come novembre, del resto.

La pioggia gli bagna la testa, ma lui non se ne accorge mentre fa strada a me e alla moglie.

La pioggia ci dà pace, lava via le nostre scorie.

Tomba di Marta, Foto di Orazio Coclite

Gessyca si ripara con una sciarpa avana, io ho il cappuccio del giubbotto. Lei ci sorride dal bel ritratto di Giuseppe Afrune.

Appesa una piccola Torre Eiffel: lei sogna Parigi.

E’ bella, Marta, bellezza mediterranea, solida, spalle larghe, sguardo deciso, coraggioso, da “guerriera”.

“Era alta?”, chiedo a Gessyca.

“Come me…”, risponde.

A casa di Marta c’è un’aria di dolcezza, di serenità, di pace.

Noto un particolare: guarda verso il mare, il “suo” mare, a ovest, dove c’è il ristorante di famiglia, “Zio Tom”. Chissà se amava i tramonti?

Si, Marta non è mai sola.

Per andare al lavoro, al ristorante, a “Ciardo”, la mattina Mino passa vicino, e lo stesso la sera, o la notte quando torna.

Usciamo in silenzio. Ha smesso di piovere, il cielo si apre a nord, nuvole scure annunciano il freddo.

Sulla via del ritorno, a Mino e Gessyca dico di non disperarsi, la patologia non era buona, il protocollo seguito per le cure quello giusto, non ci sono state negligenze né ritardi. E’ stato fatto tutto il possibile, e anche di più: Marta stessa, con la sua grande forza d’animo, ha sempre lottato.

“Per due anni e mezzo è stata bene…” ricorda Mino e un lieve sorriso increspa la sua faccia.

Poi, quando ha capito, si è messa a dare dettagli al fratello Mattia per il viaggio, che è stato particolare, unico, con la musica che a lei piaceva.

Ci lasciamo come se fossimo andati a trovare una persona speciale, una di famiglia, che con quello che ha detto e fatto è sempre fra di noi e sempre lo sarà.

Forse dove è andata a stare è con le sue amiche, i libri, le canzoni, le app, i cani…

In fondo, del dopo sappiamo molto poco, anzi, nulla.

Anni fa, a un falegname vidi mettere martello, scalpello, tenaglia; a un vecchio amante delle bocce una “còcala” ai piedi.

A mia nonna Mariangela misero un libro di preghiere e i suoi occhiali: quando andammo dopo 20 anni c’era una sola lente… Frugai bene e non trovai l’altra.

La casa di Marta ha questo di bello: dona pace, gioia, serenità.

Sono le emozioni che lei, sempre piena di vita, regala a chi l’ha incontrata – anche attraverso i racconti degli altri – e le ha voluto bene e l’amore dura all’infinito.

E sarà sempre così.

Ci sono persone che ci appartengono, che sono sempre con noi, le senti vicine, le cogli in un’ombra, un silenzio, un profumo improvviso, un alito di vento fra i rami…

Francesco Greco


Un commento su ““Tienimi forte”, Marta

  1. Donasina Russo ha detto:

    Grazie Francesco! Una sintesi perfetta che scalda il cuore!

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