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Quel viaggio dell’uomo nel suo io più profondo

MARTIGNANO (Le) – “La vita mi aveva risucchiato nel suo vortice nel modo più cruento…”.

Il solido ancoraggio della memoria affinché non tutto il passato vada rimosso e perduto per sempre, sommerso dall’oblio (perfida, crudele ideologia del nostro tempo) e la centralità dell’uomo con tutta la sua ricchezza semantica, profondità di emozioni e sentimenti.

Sono, a voler essere riduttivi, le due password, i concept che reggono l’affabulazione di “Moplen” (Viaggio su un transatlantico di polipropilene isotattico), di Giuseppe Corianò, Musicaos editore, Neviano 2018, pp. 254, euro 15,00.

Non c’è pozzo più profondo dell’animo umano, non c’è mistero più intricato, non c’è abisso più inesplorato”.

Un romanzo strano, curioso, spiazzante, estremamente innovativo sotto l’aspetto stilistico, dei codici narrativi usati per scansionare il passato e il presente così oscuro e barocco, osservato da un’angolazione assolutamente originale.

Che presenta il XXI secolo con le sue dinamiche sociali, complessità esistenziali su uno sfondo classico, derivante cioè dall’”archè”, le origini della terra (“Quando ho bisogno di ritrovarmi, ritorno alla zolla di terra dove affondano le mie radici…”) dove lo scrittore è nato e vive: la Grecìa Salentina, quel pezzo di “Polis” trapiantato in Terra d’Otranto che, a distanza di secoli, millenni, conserva intatti tutti i suoi topoi, le polisemiche contaminazioni: linguistiche, culturali, dell’immaginario.

Alla festa era d’obbligo una visita in un’osteria, in fondo a un vicolo stretto e poco illuminato: uova sode con sale e pepe e carne al sugo…”.

Leggi e non puoi non pensare al dna di questa terra denso come mosto, e quindi dei suoi scrittori e intellettuali, impregnato del “Simposio” di Platone e della “Metafisica” di Aristotele.

Le piazze della Grecìa sono come le agorà ateniesi e spartane, in modo evidente o carsico, ci si chiede le stesse cose: cos’è la democrazia, la libertà, la verità, per cosa deve vivere un uomo, quali sono le aspirazioni dei popoli, ecc.

Siamo sempre in attesa. Viviamo e attendiamo qualcuno o qualcosa…”.

Il senso della tragedia, della fragilità del destino, degli déi capricciosi, dell’oracolo, che impregna l’aria, il fatalismo (“Non bisogna avere fretta, tanto le cose avvengono e giungono comunque…”) che metabolizziamo, è mutuato dalla cultura classica, come dai suoi autori più sarcastici (estremamente politici) la leggerezza del vivere.

Ognuno di noi convive con il suo passato e con le poche certezze che si porta dietro…”.

Anche la koinè di Corianò (è nato e vive a Martignano, insegna Filosofia all’IISS “Cezzi De Castro Moro” di Maglie) è densa di nude allegorie, che appaiono in controluce, ricche di potenza dialettica, evocativa, anche messaggi subliminali.

Un’osmosi stretta fra Geo e Logos, Demetra e word in tutta la sua complessità, echi, suoni, interfacce. Di suo lo scrittore ci aggiunge quel minimalismo che dal “particulare” si fonde nell’universale: parla del suo villaggio per dire del mondo tutto, parla di se stesso e dice a tutti noi.

Le lacrime sono un bene troppo prezioso e quindi vanno usate con parsimonia…”.

(Il libro sarà presentato a breve ad Alessano dall’Associazione Emigranti Alessano e Montesardo e l’Apa, Associazione promozione Alessano).

Fracensco Greco


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