Home » Comuni Salentini » Alessano » LIBRI. “Rossi papaveri” fra Polonia e Salento

LIBRI. “Rossi papaveri” fra Polonia e Salento

ALESSANO (Le) – Da Erodoto a Denis Mack Smith, la Storia è un puzzle affrescato con tante micro-storie. Come i fiumiciattoli che corrono a tuffarsi nel mare magnum del tempo.

E’ il paradigma che ha ispirato il bel racconto di Paolo Wieczorek, “Rossi papaveri a Montecassino” (Piccole storie familiari nella storia grande della guerra), Manni Editore, Lecce 2018, pp. 178, euro 14, 00, con una corposa prefazione di Luciana Castellina e un apparato fotografico in appendice che è un documento capace di emozionare i cuori e folgorare le menti.

Un’opera che è un’attenta indagine storica, necessaria a ricomporre la memoria e l’identità, a esorcizzare ogni oblio, delirante topos del nostro tempo che ci fa vivere sospesi in un oggi ispido, volgare e violento: non per caso, perché l’uomo senza radici non sa chi è, dove va, cosa fare, e così lo domini meglio e lo fai vivere di valori surrogati, di pseudo-valori, di nulla direbbe Emile A. Cioran.

Già in prefazione la Castellina, come dire, dà a Cesare quel che è di Cesare e mette l’accento sull’“eroico contributo dei soldati polacchi alla liberazione dell’Italia” (il padre di Paolo, Jan, era a Montecassino l’11 maggio 1944 e nel carteggio con le sorelle descrive gli eventi), fattore divenuto marginale in questi decenni di brutale revisionismo, di negazionismo (dell’Olocausto, per esempio), di fake-news, quasi rimosso ex abrupto.

Il saggio dello storico (nato in Salento, Alessano, infanzia e adolescenza in Polonia, poi il ritorno, laurea in Lettere a Lecce e in Filosofia a Padova, una vita da docente) necessita di un canovaccio quale premessa per poter essere capito in tutta la sua potente forza dialettica.

E lo offre la stessa Castellina quando lo data nell’epoca recente: dal XVI secolo ai giorni nostri, da paese stretto fra gli imperi (ieri quello tedesco, poi l’orrore nazista e la “gabbia” del Patto di Varsavia), al sovranismo-populismo di questo ventennio del XXI secolo (con analogie e sovrapposizioni imbarazzanti, se solo le si vuol vedere…).

Dopo aver detto della genialità e dell’orgoglio e fierezza dei polacchi (da Rosa Luxembourg a Copernico e Madame Curie e i grandi musicisti, fino ai 5 premi Nobel di questi decenni), cosa di cui i sovietici erano ben edotti quando scavarono le fosse a Katyn per seppellirci la classe dirigente di domani, orrore che la propaganda staliniana attribuì ai nazisti, ecco il dipanarsi della memoria di Wieczorek, una tela attenta ai dettagli, ricavata dall’affabulazione dei suoi famigliari, a iniziare dal padre capitato ad Alessano con i polacchi del generale Anders (che aprirono un liceo per formare gli uomini del futuro, materia indagata anche dagli storici Antonio Caloro e Cristina Martinelli in apprezzate pubblicazioni).

Le vicende autobiografiche e familiari (Jan Wieczorek sposò Maria Amoroso, conosciuta nel soggiorno ad Alessano, a Venezia, nel 1947), si trasfigurano così in un dramma scandito dall’epos e di grande pathos, che riecheggia l’anabasi di ogni epoca, che hanno nell’Iliade e l’Odissea il loro format immortale, perché l’uomo, nel suo desiderio di libertà e di dignità, nei suoi sogni più infantili, nella sua ansia di futuro, è immutato sin dalla notte dei tempi.

Francesco Greco


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.