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SCRITTRICI. Io sono Mia

Non è essenziale la chiave, Mia, ma l’amore per la debolezza umana. Amati…”.

Tra tanti bluff ben confezionati e imposti dal marketing, ecco finalmente una scrittrice talentuosa, dallo stile nuovo, la prosa fresca e colma di luce e di energia primordiale, che per transfert trasmette alle donne di cui parla: fruga nella loro mente, negli interstizi della loro vita quotidiana, nei sogni, le speranze, le illusioni.


Non stai sbagliando, è giusto ciò che pensi. La natura è il nido della pace interiore…”.

Con “La poltrona rossa”, Il Seme Bianco editore, Roma 2018, pp. 96, euro 10, 90 (Collana “Magnolia”), Delia Marzo da Tiggiano (Lecce), borgo denso di umanità palpitante, esordisce nelle affollate patrie lettere abitate da manierismi barocchismi qualunquismi, ma dà subito prova di estrema originalità (anche nella tecnica narrativa: intervalla pagine di diario a poesie come una danza dolce e lieve), di un mondo interiore ricco di ancestrale armonia, polisemico nella sua purezza. In definitiva: di essere una donna che sa sondare l’animo di tutte le donne, un labirinto in cui tanti si sono smarriti.

Il treno, il treno mi rammenta di non essere la sola nel labirinto senza soluzione. Ognuno è prigioniero…”.

E visto che Delia ha solo 21 anni, e studia Lingue e Letterature straniere (si spera non solo europee, come dice in quarta di copertina: ve ne sono di più semanticamente pregne, quelle latinoamericane e orientali, per dire), c’è da pensare che continuerà a farsi contaminare dalle grandi scrittrici d’ogni tempo.

A proposito di rimorsi nel corpo di chi ferisce, accantonato l’orgoglio, il mio raziocinio mi suggerisce…”.

“La poltrona rossa” è un bell’esordio: la scrittrice padroneggia bene la storia che racconta e compone un romanzo delicato, psicologico, intimo, freudiano, in cui si indovina la tendenza all’autoanalisi, all’introspezione, tipica delle culture orientali. La sua prosa abbaglia e turba.
Una storia d’amore inteso in senso il più universale possibile, ma anche di paura dei sentimenti, perché amare è rischioso: ci si può smarrire, ci si deve mettere in discussione e non tutti sono disposti a farlo, specie al nostro tempo che offre infiniti transfert e volgari sublimazioni.

Mi chiedo se la morte sia il solo prezzo per la libertà…”.

Pagina dopo pagina, Delia svela l’animo femminile, la sua forza nell’apparente fragilità, la capacità di superare ogni trauma, di richiudere le ferite, di essere protagoniste della propria storia.

E’ come se Delia immaginasse il ritorno (la storia è ciclica) a una civiltà matriarcale che forse è già qui, anche se esitiamo a legittimarla, per assurde chiusure culturali in disfacimento, preda come siamo di orrori e mostruosità che non fanno più notizia.

Non è un caso e non è da oggi che escono di continuo romanzi e saggi che hanno per protagoniste le donne del mito, le divinità del mondo greco-romano.

Ciao Felicità, la nostalgia e il bisogno di amore mi sollecitano a scriverti come se fossi il mio adorato P….”.

La leggerezza della scrittura, densa di dolore, ma anche di forza, fa pensare al tormento delle sorelle Brontë (Emily, Charlotte), alla magia dei romanzi di Isabel Allende, ma anche alla complicità delle amiche geniali di Elena Ferrante.

Nell’Occidente dove tutto è relativismo e merce, feticismo e paranoia, stolto voyerismo, basta cambiare latitudine e si ritrova il senso vero della vita, il mondo, se stessi.

Ho raggiunto Lampedusa per offrire il mio aiuto in un centro di accoglienza… Parlare con bambini orfani, con bambini mutilati o affetti da malattie causate dall’arretratezza dominante i loro villaggi… La terrificante storia di Jamal… Uno dei miei compiti è documentare le storie dei richiedenti asilo… Paura è anche l’incertezza di una destinazione…”.

Bisognerà tener d’occhio Delia Marzo: fra qualche anno ce la potremo ritrovare fra le poche scrittrici capaci di una loro impronta, unica, che lascia il segno. In questa prima, emozionante opera, si intravede l’ombra rassicurante, ma anche faticosa, della vocazione. Lei la seguirà. Piccole scrittrici crescono…

Francesco Greco


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