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Archeologia del Salento: il territorio di Salve dai primi abitanti alla romanizzazione

È stato presentato sabato 9 luglio, presso il suggestivo scenario della terrazza di Palazzo Carida – Ramirez di Salve, il volume “Archeologia del Salento. Il territorio di Salve dai primi abitanti alla romanizzazione”, a cura dell’archeologo e docente Nicola Febbraro, edito da Libellula Edizioni.

All’evento culturale – moderato da Augusto Cavalera – hanno preso parte il Presidente della Provincia di Lecce Antonio Gabellone, il Sindaco di Salve Vincenzo Passaseo, Paolo Güll (docente di Metodologie e tecniche della ricerca archeologica presso l’Università del Salento), Donato Corvaglia (in rappresentanza della casa editrice) e gli autori Nicola Febbraro e Marco Cavalera.

Il volume, 308 pagine corredate da un ricco apparato fotografico a colori, offre un quadro della frequentazione umana della penisola salentina a partire dalle origini fino alla romanizzazione, basato sulla consultazione di un cospicuo e aggiornato apparato bibliografico, d’archivio e su ricerche territoriali dirette.

Il libro, inoltre, focalizza l’attenzione su un contesto particolarmente significativo: il territorio di Salve. Le molteplici ricerche che lo hanno interessato sono riassunte nella realizzazione di una Carta Archeologica ed una Toponomastica, quest’ultima realizzata in collaborazione con Anna Lucia Nicolì.

L’autore inizia l’affascinante viaggio nello spazio e nel tempo a partire dalle prime fasi della Preistoria (Paleolitico inferiore). In particolare, Febbraro pone l’attenzione sulle oscillazioni climatiche e sulle loro testimonianze tangibili all’interno di una grotta rinvenuta nel territorio di Salve.

Il lettore, quindi, viene condotto in una sorta di viaggio nel tempo nelle diverse fasi della Preistoria salentina, soffermandosi con particolare attenzione sul passaggio dell’Uomo di Neanderthal nel territorio di Salve, attestato nella celebre Grotta Montani e sporadicamente sul pianoro di Spigolizzi. Quest’ultimo sito si caratterizza, inoltre, per una frequentazione nel corso del Paleolitico superiore (35.000 – 10.000 anni fa). L’Uomo Sapiens, protagonista di questa fase, ha percorso in lungo e in largo il comprensorio del Capo di Leuca e, in territorio salvese, ha lasciato segni significativi del suo passaggio, tra cui un’interessantissima pietra incisa, rinvenuta presso il riparo sottoroccia di località Sorgente Pozziche.

Lasciato alle spalle il Paleolitico, Febbraro ci introduce nella nuova età della pietra, ossia il Neolitico (letteralmente “età della pietra nuova”), fase in cui l’uomo inizia a coltivare la terra, ad allevare il bestiame e a sfruttare nuove materie prime come l’argilla e l’ossidiana. L’evidenza archeologica più importante del Salento è rappresentata dal complesso pittorico della Grotta dei Cervi di Porto Badisco, dove sono state rinvenute manifestazioni pittoriche datate alla fase neolitica di Serra d’Alto. In una grotta poco distante dalla località marina di Torre Pali, sono state individuate due rappresentazioni dipinte che trovano uno stretto confronto con quelle della grotta di Porto Badisco e per questo datate genericamente all’età neolitica. Ma la scoperta archeologica più importante degli ultimi decenni è quella relativa a dei tumuli cultuali e funerari, ubicati in località Macchie Don Cesare e Montani e oggetto di scavo stratigrafico da parte dell’Università del Salento fra il 2005 e il 2009. Il tumulo di località Montani ha restituito le più rilevanti evidenze archeologiche. Si tratta, infatti, di un monumento funerario costituito da una cassa litica, al cui interno vi erano i resti di 38 individui accompagnati da un corredo funerario, e da una fossa di combustione, utilizzata per la cremazione dei defunti.

I capitoli successivi riguardano l’età messapica e romana nel Salento, con particolare riferimento al territorio di Salve.

L’insediamento messapico più noto della zona è quello individuato presso il pianoro adiacente la Masseria Fano e limitrofo all’omonimo canale, indagato da un’equipe di archeologi australiani tra gli anni ’80 e ’90 del secolo scorso. L’abitato, in età arcaica, fu racchiuso da un’imponente cinta muraria, di cui attualmente si conservano labili tracce.

Poco distante dalla località Fano, in un fondo denominato Terramascia, è stato rinvenuto un tesoretto monetale che constava – in origine – di circa un centinaio di monete provenienti da diverse città greche e magnogreche, databili tra la seconda metà del VI secolo e il III secolo a.C. La moneta più recente è un quadrigato coniato dalla zecca di Roma del 250 a.C. circa. Ed è a partire da questo decennio che ha inizio il processo di romanizzazione della penisola salentina, culminato nel I secolo a.C. Nel territorio di Salve e dintorni i Romani hanno lasciato evidenti tracce del loro passaggio. Sono state individuate, tra l’altro, alcune fattorie rustiche, una fornace per la produzione di laterizi in terracotta, un’epigrafe funeraria relativa ad una necropoli e un approdo portuale nella località costiera di Lido Marini. Il capitolo relativo al’età romana si chiude con la scoperta di numerosi relitti sommersi nelle acque antistanti Torre Pali, a seguito di continui naufragi avvenuti in età imperiale e tardo antica.

L’autore conclude il suo viaggio nel tempo con un capitolo sul fenomeno delle grandi specchie salentine, con particolare riferimento alle tre presenti in territorio di Salve.

Il linguaggio semplice, divulgativo e comunicativo, ma sempre rigorosamente scientifico, rende piacevole e coinvolgente il viaggio nel tempo alla ricerca delle origini del popolamento della Terra del Salento e del comprensorio di Salve.

N. Febbraro, Archeologia del Salento. Il territorio di Salve dai primi abitanti alla romanizzazione, Libellula Edizioni, Tricase 2011, 308 pp.


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