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I Massi della vecchia a Giuggianello

È mattino. I primi raggi del sole baciano le chiome di secolari ulivi. La vecchia strega apre gli occhi e profetizza al mondo i suoi vaticini, fila al fuso le sorti dei contadini che lavorano nei suoi poderi mentre un semidio combatte contro i giganti per liberare la Terra dalla loro oppressione. Non è la trama di una delle fiabe dei fratelli Grimm, ma la storia di un terra ricca di magia e leggende che ha sconvolto le menti di filosofi e registi, come Aristotele ed Edoardo Winspeare (che qui ha girato alcune scene dei suoi film), e aperto diverse prospettive per i portafogli di alcune società che vorrebbero costruirvi un impianto per la produzione di energia eolica.

Protagonisti di queste magie sono i fondi “tenenti” e “cisterna longa”, in contrada “Visilie”, sulla collina delle Ninfe e dei Fanciulli, in quel di Giuggianello. Qui, tra secolari uliveti, sono esposte sculture meravigliose. Opere eccezionali e maestose di un’artista paziente ed enigmatico che modella la solida pietra come fosse morbida creta. La pioggia.

Secoli e secoli di precipitazioni, coadiuvati dall’azione del vento, avrebbero eroso la roccia calcarea fino a formare delle opere uniche nel loro genere tanto da essere annoverate tra i monumenti nazionali di prima categoria. “Lu letto te la vecchia” , “lu Furticiddhu te la vecchia de lu nanni”, il “piede di ercole

Il primo è un enorme masso di forma circolare. Un giaciglio sul quale una vecchia strega, moglie de “lu nanni vorcu” (una delle tante trasposizioni del folletto salentino, qui visto come un terribile orco ghiotto di bambini) soleva dormire e rivelare le sue profezie all’alba. Questa custodiva un meraviglioso tesoro costituito da una chioccia con sette pulcini d’oro che chiunque avrebbe potuto far suo. Sarebbe bastato sollevare l’enorme masso con un dito nel giorno di San Giovanni.L’immensa fortuna acquisita però, sarebbe stata bilanciata con anni di disgrazie e disavventure. Per tutti coloro sprovvisti di una forza erculea, invece, sarebbe stato sufficiente rispondere a tre domande che la vecchia avrebbe posto appena sveglia il giorno del 24 giugno, a patto di non distogliere mai lo sguardo dal suo e di non esitare nemmeno per un istante a nessuna delle tre risposte. Pena la pietrificazione.

Sul letto della vecchia si possono notare alcune coppelle, probabilmente connesse ad antichi culti legati alla pioggia e all’acqua, elemento ricorrente in molte culture del passato di cui a Giuggianello si possono ritrovare ancora numerose testimonianze.

Letto della Vecchia

A pochi metri dal suo giaciglio, le vecchia strega poteva disporre di un fuso, lu furticeddhu. Nomenclatura medioevale per indicare un’anello a forma di disco che blocca il filo lavorato nel fuso. Qui la vecchia filava simbolicamente le sorti dei contadini del suo contado. Una rivisitazione nostrana delle moire o delle parche, che maneggiavano il filo della vita di ogni essere umano fino a quando non fosse giunto il momento di reciderlo, ponendo fine alla sua esistenza.

I disastri naturali, quali siccità e uragani (due fenomeni piuttosto ricorrenti nella cronistoria salentina) sono stati spesso attribuiti a eventi soprannaturali, di natura pagana. Questo giustificherebbe la presenza di una potente strega intenta a filare la lana o a dormire su un enorme masso. Il graduale, e non sempre indolore, processo di Cristianizzazione del Salento avrebbe poi scongiurato queste calamità richiedendo l’intercessione di numerosi Santi, spesso versioni catechizzate dei loro predecessori pagani.

Fuso della vecchia o masso oscillante di Ercole

Il fuso delle vecchia sembra come appoggiato su un altare, posizionato con cura da una forza impressionante. Ma quale uomo sarebbe stato dotato di una forza tale da far impallidire lo stesso Ercole? Niente panico, il mitologico semidio non ha nulla da temere! Secondo Aristotele, nel De Mirabilibus Auscultationibus (Racconti meravigliosi), sarebbe stato proprio l’illegittimo figlio di Giove a collocare il fuso della vecchia nella sua attuale locazione. In suo onore il fuso è anche conosciuto come il “masso oscillante di Ercole”.

La sua forza era tale da poter maneggiare la roccia anche con un solo dito. Probabilmente la utilizzò in una terribile lotta contro i giganti che il noto filosofo greco collocherebbe proprio all’estremità del promontorio japigio nella città di Pandusia, identificata dal Prof. Pagliara dell’Università del Salento nell’odierna Muro Leccese. Ercole sospinse i giganti fino alle scogliere di Santa Cesaria Terme, dove li uccise e li lasciò imputridire. Dalla decomposizione dei loro corpi si formarono le acque solfuree, dove sarebbe sorta un’importante stazione termale. A testimonianza di questa eroica impresa, e del passaggio del semidio nelle campagne del Salento, c’è un'”impronta”, anche questa rimasta impressa nella roccia, sulla quale il piede dei mortali non si sarebbe mai dovuto posare: questa roccia porta oggi il nome di “piede di Ercole”.

Piede di Ercole

Rocce che affiorano dalla rossa terra salentina con eleganza e semplicità. Terra che ha restituito all’uomo nel corso degli ultimi anni numerosi reperti archeologici che troveranno presto collocazione in una nuova sezione archeologica del museo civico di Giuggianello. Un occhio attento ed esperto può ancora rinvenire denti di squalo e selce bianca scheggiata. Un tesoro che non ha ancora rivelato tutte le sue meraviglie

Marco Piccinni


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