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La collina delle ninfe e dei fanciulli

Si contorcono su se stessi. Protendono le braccia al cielo in cerca di un contatto che non raggiungeranno mai. Le loro gambe, rugose e immobili. Il busto, canuto e squarciato. L’espressione dei loro volti, segnate dal tempo e da una perenne smorfia di dolore, di sofferenza. Il loto urlo è coperto dal vento che ne agita le fronde, confonde chi può ancora sentire, infonde il dubbio…”questi vecchi ulivi sembrano quasi delle persone”. Un pensiero che suscita un’immediata reazione, un altro soffio di vento, un altro urlo soffocato.

Eppure quelle piante un giorno erano in grado di camminare, di respirare, di gridare, di godere del piacere, di osservare il creato e meravigliarsene, ogni giorno. La loro pelle, liscia come quella dei bambini, il loro volto, innocente e beffardo allo stesso tempo, inesperti nel vivere veramente il dolore ma condannati a manifestare eternamente uno stato di inquietudine, di innata sofferenza.

Erano dei fanciulli un tempo, in uno degli innumerevoli “c’era una volta” di cui ormai si è perso il conto. Anche la loro storia sembra essere stata dimenticata, la peggiore condanna per il mondo antico, quella di non essere ricordati dopo la morte. Ma in loro scorre ancora la linfa della vita, linfa che li ha resi di fatto immortali e destinati ad una fine ben peggiore: l’essere dimenticati in vita.

Erano Messapi, si, proprio loro, forse designati un giorno a diventare fieri guerrieri, e al tempo intrappolati in una realtà pastorale. Ma in un’epoca in cui il divino convive con il mortale non è consentito commettere degli errori, neanche uno. L’esuberanza dell’adolescenza e quella tipica spavalderia maschile, che a quell’età si manifesta in maniera più spiccata nei confronti del gentil sesso, fu fatale. Delle ninfe Epimelidi, dolci e bellissime ninfe amiche di Dioniso, gioivano del creato all’interno del quale muovevano eleganti passi di danza. I giovani le videro, abbandonarono il gregge del quale erano responsabili e sfidarono le ragazze, ignari della loro natura. “Noi siamo in grado di ballare decisamente meglio di voi”, esclamarono baldanzosi. “Vi sfidiamo!”. Le ragazze cominciarono a danzare, guidate dai quei boriosi pastori dai quali traspariva, ad ogni passo, l’essenza rude e grezza.

La “sfida” giunse al termine. I pastori reclamarono ingiustamente la loro vittoria in un gioco che non aveva né arbitri e né giudici. Ma l’esito era chiaro fin dall’inizio. Un umano non può sfidare una creatura divina. Mai. Le ninfe rivelarono la loro identità. Il peso di quelle poche, semplici parole, giunse così velocemente alle orecchie dei giovani da non poter avere il tempo di valutarne le conseguenze. Le eterne danzatrici maledirono i fanciulli che cominciarono a trasformasi in oleastri. Nessuna forma di pentimento avrebbe potuto cambiare le cose. Il terrore si impadronì di loro e si scolpi nel volto, proprio mentre uno spesso strato di corteccia si sostituì alla pelle.

Quel luogo di maledizione e di perenne tormento, all’ombra dei massi sacri, dove Ercole intraprenderà molto tempo dopo parte di una delle sue dodici fatiche contro i giganti Leuterni, divenne un monito per tutti i mortali che avrebbero avuto nuovamente intenzione di sfidare il divino. Da quel giorno si appella delle ninfe e dei fanciulli.

Collina delle ninfe e dei fanciulli

Una leggenda che assume i connotati di un racconto reale. La narra Nicandro di Colofone nel II secolo a.C nella sue Metamorfosi. La riprende Ovidio, un secolo più tardi, in una versione rinnovata e completamente differente, ma analoga nell’esito. Una variazione che entrò nelle grazie poetiche di Giovanni Andrea dell’Anguillara, nel 1561, che ne ripropone una trasposizione in ottava rima. E non mancano le raffigurazioni su vasi e incisioni. La più caratteristica quella di Johann Wilhelm Baur (Apulus pastor in nymphas mutatus in oleastrum).

Wilhelm Baur, Apulus pastor in nymphas mutatus in oleastrum (*)

Marco Piccinni

BIBLIOGRAFIA:

Federico Capone, Viaggio nel Salento Magico – Capone Editore (2013)

* Federico Capone, Da San Paolo a Dioniso, appunti per un viaggio a ritroso nel tempo fra tarantole e totem (www.sataterra.blogspot.it)


3 commenti su “La collina delle ninfe e dei fanciulli

  1. Federico Capone ha detto:

    Grazie per la citazione. fc

  2. maria elisa ha detto:

    come si arriva da Lecce? grazie

    • Marco Piccinni ha detto:

      Ciao Maria Elisa,
      per raggiungere la collina delle ninfe e dei fanciulli puoi seguire le coordinate poste in cima all’articolo,se lo visualizzi da pc, o in basso se lo visualizzi da mobile.

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