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Grotta Grande del Ciolo

Ad appena 700 metri di distanza dalla nota località turistica del “Ciolo”, famosa più per il suo ponte che promette tuffi adrenalinici ai più impavidi da un’altezza di circa 40 metri che per le sue ricchezze archeologiche e paesaggistiche, si apre una delle più grandi cavità costiere del Salento, la grotta grande del Ciolo.

Scavata da fenomeni carsici e dalla perseveranza delle acque dello ionio (la separazione geografica dei due mari è delimitata dal canale d’Otranto e non da punta Ristola), la grotta (conosciuta anche con i nomi di Rutta Rane e Ucca u’ puzzu) si estende nella cavità dei calcari terziari fossiliferi per 120 metri con ampi corridoi, concamerazioni e cunicoli anche sotterranei che si diramano in diverse direzioni, accessibili sia da un ingresso a forma di cupola, sia attraverso un pozzo che si diparte dalle sua sommità, che via mare.

L’ampio antro di ingresso è frutto di un antichissimo fenomeno di crollo che ha in parte occluso una porzione del substrato archeologico della caverna, a circa 20 m. s.l.m., lasciando il resto in balia dell’inesorabile flusso e deflusso delle maree e del violento impatto delle onde.

Grotta Grande del Ciolo

Grotta Grande del Ciolo, antro domiforme

Una ricognizione archeologica effettuata da Cremonesi nel 1979 ha permesso di identificare numerosi reperti tra cui frammenti ceramici nell’ingresso, nei cunicoli e nel deposito archeologico e manufatti di calcare e selci nei pressi delle marmitte dei giganti (delle cavità cilindriche scavate dal moto vorticoso della acqua marine, dei torrenti o originatesi in connessione con fenomeni glaciali).

Nel deposito archeologico sono stati rinvenuti manufatti del periodo musteriano in calcare, punte e raschiatoi di diverse tipologie, scarti di lavorazione delle selci.  Reperti da attribuire ad un periodo di transizione tra Paleolitico e Neolitico, anche se non si escludono connessioni con l’età dei metalli. La grotta, infatti, potrebbe far parte di un’insieme di cavità che, secondo diverse teorie formulate agli albori degli anni 90 del secolo scorso, potrebbero aver rappresentato un ulteriore punto di congiunzione tra il passaggio dal Neolitico all’Eneolitico, quando si andava modificando la concezione degli stili di viti e di riti funerari.

Grotta Grande del Ciolo

Grotta Grande del Ciolo, ingresso a pozzo visto dall’interno

Grotta Grande del Ciolo

Grotta Grande del Ciolo, ingresso a pozzo visto dall’esterno

Non lasciano alcun dubbio invece i rinvenimenti ceramici (scodelle tronco coniche, orcioli biconvessi, vasi con bugna sotto l’orlo olle globulari), più omogenei rispetto ai manufatti litici, e tutti tipici del Neolitico, simili a molti rinvenuti in grotte più distanti, quella della Trinità sul Manfio, la grotta delle Veneri di Parabita e la grotta Zinzulusa.

Una preziosa testimonianza del nostro passato che la lenta azione del mare ha contribuito a creare e che ora, altrettanto lentamente, cerca di cancellare rendendola ogni giorno sempre più sbiadita.

Nota: Foto concesse dal GST (Gruppo Speleologico Tricase). L’accesso al pozzo della Grotta Grande del Ciolo è possibile solo per personale qualificato provvisto di attrezzatura adeguata. Si SCONSIGLIANO AVVENTURE ED ESCURSIONI IMPROVVISATE IN ASSENZA DI UN ESPERTO!

Marco Piccinni

 

BIBLIOGRAFIA:

La Passione dell’origine. Giuliano Cremonesi e la ricerca preistorica nel Salento, Elettra Ingravallo, a cura di, Conte Editore (1997)


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