Home » Approfondimenti » Un monumento per ricordare i deportati di Puglia in Crimea

Un monumento per ricordare i deportati di Puglia in Crimea

Perseguitati da Stalin, venivano dal Barese. L’opera è di Antonio Sodo

Su di loro, implacabile, è calata la mannaia dell’oblio, forse della rimozione. Sono gli italiani – pugliesi, soprattutto – che a partire dalla prima metà dell’Ottocento cercarono pane e futuro in Russia, più precisamente nella penisola di Crimea (a sud dell’Ucraina, sull’istmo fra il Mar Nero e il Mare d’Azov). Deportati poi per volere di Stalin – siamo nel gennaio 1942 – in Kazakhastan. Figli e nipoti di italiani, benché ormai naturalizzati russi. Contadini e pescatori soprattutto. Bastò a perderli perché provenienti da un Paese schierato da Benito Mussolini contro l’Urss.

La guerra cominciò con la conquista della Crimea da parte dei nazisti. Ma nel 1942 i sovietici ripresero la regione. Da quel momento una comunità che raggiunse anche le 4.500 persone fu spinta nei campi di lavoro (gulag) dove morì di stenti, fame e freddo. Per vecchi e bambini, dopo un viaggio disumano di due mesi, su navi e carri-merci, i vagoni piombati divennero i loro sepolcri.

Un’interfaccia misconosciuta dell’Olocausto che a quasi 70 anni da quei giorni terribili aspetta di emergere dalle pieghe oscure della Storia. Detta meglio: i discendenti di quegli italiani, pugliesi soprattutto provenienti da Bari, Molfetta, Bisceglie, Trani, ecc., aspettano il riconoscimento dello status di “deportati, perseguitati dal regime e vittime di guerra”. Ma né il governo ucraino né quello italiano hanno fretta. Eppure le altre etnie perseguitate (tartara, armena, bulgara, greca, tedesca, ecc.) sono state legittimate.

La questione è stata sollevata nel 2010 dall’Arp (Associazione regionale pugliesi) di Milano “per alzare il velo sul colpevole silenzio e sanare una ferita che ancora sanguina e chiede giustizia”, afferma il giornalista pugliese Paolo Rausa. L’Arp si è così fatta portavoce della richiesta di un intervento del governo di Roma presso quello ucraino per dare a quelle vittime (di cui oggi resta una comunità di circa 300 persone) “diritto di cittadinanza” a chi lasciò Bari, Bisceglie, Trani, Molfetta e raggiunse Odessa, Nikolajev, Feodosia, Sinferopoli, Kerc, ecc. per dare un futuro ai figli.

Era una comunità di oltre 3000 persone – aggiunge Rausa – che aveva anche la sua chiesa e la scuola elementare. Lo sterminio degli italiani in Crimea è un Olocausto purtroppo ancora misconosciuto”. Eppure nel 2010 (3-5 dicembre) a Milano (allo Spazio Oberdan) si portò alla luce l’intera, complessa problematica con una manifestazione intitolata “La storia degli italiani in Crimea: una tragedia attuale”. Fu presentato un documentario, girato nel 2008 col sostegno della Regione Puglia, e firmato da Tito Manlio Altomare, giornalista Rai, dal titolo: “Puglia, oltre il Mediterraneo”.

L’opera metteva a nudo “le ansie, le aspettative, i sogni, le delusioni e la tragedia finale degli immigrati pugliesi” partiti dal porto di Trani verso Kerc, dove lavorarono duramente nei campi, e fino ad Atbasar, attuale capitale del Kazakhastan, dove tuttoggi sopravvive una piccola comunità di discendenti.

Il dramma ebbe inizio nel 1928, quando le famiglie che vivevano della terra furono espropriate dei loro kolcos (aziende agricole di esigue dimensioni): idea del dittatore Stalin per combattere la piccola proprietà terriera. Dalla sera alla mattina si ritrovarono senza più nulla, col frutto dei sacrifici di una vita vanificato. E proseguì, come s’è accennato prima, nel 1942. Nel maggio del 2003 il Comune di Kerc ha dedicato un monumento (un macigno con una lapide) a quelle vittime, escludendo però, chissà perché, la comunità italiana. Figlia di un dio minore?

Ora la tematica è risollevata da Rausa, Dino Abbascià presidente dell’Arp e Novo Umberto Maerna, vice-presidente e assessore alla Cultura della Provincia di Milano.

L’idea: un monumento da collocare sulla banchina del porto di Kerc. Nei mesi scorsi hanno scritto al Presidente della Repubblica Napolitano, del Consiglio Berlusconi, al Ministro degli Esteri Frattini, il Presidente della Regione Puglia Vendola, le Province di Bari, Bat e Milano, i sindaci di Milano, Bari, Trani, Bisceglie, Molfetta e Poggiardo, l’Associazione Internazionale Pugliesi nel Mondo di Gioia del Colle, l’Associazione “Memorial-Italia” e “Il Giardino dei Giusti”, sempre del capoluogo lombardo.
Il Quirinale ha risposto il 12 febbraio scorso e il Presidente Giorgio Napolitano ha riconosciuto, col conferimento di una medaglia commemorativa “apprezzamento per l’iniziativa che si pone come obiettivo la ricerca, attraverso un processo di indagine e approfondimento storico e culturale, la drammatica vicenda della comunità pugliese in terra di Crimea”. Il monumento, il cui costo si aggira sui 20mila €, è stato commissionato a un artista di fama mondiale, il Maestro leccese Antonio Sodo.

Ecco uno stralcio della sua relazione allegata all’intera documentazione: “L’opera è costituita da un blocco marmoreo a forma di vela, in marmo Bardiglio grigio, buggiardato a mano con martellina dentata”.

L’Arp vorrebbe inoltre che il 18 maggio di ogni anno fosse dichiarato il giorno della memoria dei deportati pugliesi in Crimea, affinché non si perda la memoria del loro sacrificio.

Francesco Greco


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.