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A Castro Marina fa freddo

A  Castro Marina fa freddo, eppure non si trova agli antipodi dell’oikoumene abitato… né tanto meno in una nottata di giugno inoltrato, quando si passeggia sui bastioni e non si teme, traguardando con la mano a visiera l’orizzonte, l’improbabile arrivo di galee turche…

Mi sono sentito quella notte un ‘melonaro’. ‘Miluni, miluni! Ci ole miluni?’ Andavo urlando con il carretto sulla banchina. Ma quella notte di fine giugno non c’erano avventori, se non qualche isolato pescatore e qualche coppietta appartata che si strofinava per provare l’ebbrezza fisica. Di tanto in tanto guardavo verso il mare. Non si sapeva mai che qualche pirata turco o circasso facesse vela verso i nostri porti messapici, ora salentini. Come Enea che lasciò la sua città in fiamme e si avventurava verso i lidi laziali per fondare la città eterna. Era sposato Enea, condivideva il letto con Creùsa, ma non aveva potuto salvarla dallo stratagemma del cavallo di legno e dall’incendio della città che ne era seguito. Ulisse avrebbe pagato il fio della sua ubris con anni di peregrinazioni, amori trovati qua e là, minacce, il suo letto di nozze ambito… Si chiedeva alla fine se ne era valsa la pena. Anche Enea si era follemente innamorato, ma sempre delle donne che per una ragione o per l’altra non aveva potuto amare. Cassandra era una sacerdotessa. Lo guardava con degli occhi smaniosi, lo avrebbe amato seduta stante tutte le volte che lo incrociava per strada a Ilio o nei saloni della reggia di Priamo e persino nella sala del tempio di Atena, a cui aveva sacrificato la sua verginità ma non il suo sentimento. Anche Enea la guardava con desiderio, ma le circostanze nuziali e sacre gli avrebbero impedito di baciarla e possederla nei luoghi dei loro incontri furtivi. Si sarebbe rifatto durante il viaggio di fuga, pensava. A Cartagine, presso la regina Didone. Anche gli dei avevano preso parte nel favorire l’incontro amoroso durante una battuta di caccia. La pioggia improvvisa li aveva costretti a riparare in una grotta e qui si erano amati profondamente, di un desiderio irrefrenabile. Ma il pio Enea era chiamato a un nobile proposito: fondare Roma. E quindi che volete che se ne importasse dell’amore di una regina, fenicia per giunta? L’aveva lasciata morire. Lei che non sopportava di essere abbandonata si era gettata giù dalle mura. A tutto questo pensavo mentre attraversavo i bastioni marini della città ferrigna di Castrum Minervae, il chissàdove, illuminati dalla luna con a fianco le mani intrecciate della fanciulla che scrive parole alate. Un amore inverosimile, era penetrato nei precordi in men che non si dica e si era insinuato ormai nelle sue viscere, ancorato agli scogli come la fanciulla de ‘lu rusciu de lu mare’. La amava e la desiderava e voleva farne la sua amante, ma temeva il gorgo delle passioni, la irresistibile discesa agli inferi, il dopo di tutto. Si frenava, misero. Lei gli si avvinghiò e lo tormentava con la sua lingua, ma sentiva il suo distacco. Non diede subito il permesso di affondare le mani fra le sue cosce, alla ricerca del sesso caldo e pronto da penetrare. Anzi si ritrasse delusa. Mesi di attesa perduti in una notte di plenilunio, durante la notte delle streghe e delle fattucchiere, che in quelle circostanze non si adoperarono per piegare l’animo di lui perso nei pensieri delle nebbie padane. Lei si ritrasse dopo le giaculatorie di rito e si avviò senza di lui, in preda al gelo nel cuore. Più tardi lo scaraventò fuori dal carro che avevano usato per ritornare in paese. Si rividero e trascorsero altre ore mano nella mano, ma quell’atmosfera magica si era rarefatta. Lui aveva insistito nella ricerca delle loro anime perdute, ma lei lo guardava scettica e non capiva perché si ostinasse a voler recuperare qualcosa che già apparteneva loro. Egli aveva capito che lì si era chiusa una fase. Continuava ad amarla e l’avrebbe amata per sempre nel corso della sua vita, ma quel momento magico era volato via e non sapeva come farlo ritornare. Per questo si attaccava ad ogni stratagemma e ad ogni implorazione, sperando che lei facesse rivivere il sogno infranto di una notte d’estate trascorsa all’addiaccio sui bastioni del molo della città ferrigna.

Paolo Rausa


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