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ACAIT, La nostra storia

Il 21 luglio 2003, grazie al sindaco Antonio Coppola, l’Acait  diviene finalmente proprietà del Comune di Tricase.

Di Francesco Accogli

LE ORIGINI

Il 28 dicembre 1902, promotore l’On. Prof. Alfredo Codacci-Pisanelli[1] ed altri, con rogito del notaio Francesco Scolozzi di Montesano Salentino, veniva costituito in Tricase da 96 sociè[2], sottoscrittori di 99 azioni di 10 lire ciascuna, il “Consorzio Agrario Cooperativo del Capo di Leuca”. Questa società anonima a responsabilità limitata, successivamente poi, in forza di legge, dovette prendere la denominazione di “Azienda Cooperativa Agricola Industriale del Capo di Leuca”.
L’articolo 1 dello Statuto, infatti, recita:

“Sotto il nome di Azienda Cooperativa Agricola Industriale del Capo di Leuca è istituita, con sede e domicilio in Tricase, per la durata prorogabile di 99 anni, una società anonima cooperativa a responsabilità limitata, sottoposta alle norme del Codice Civile – Libro del Lavoro – in quanto non sia diversamente stabilito dal presente Statuto”[3].


Secondo quanto stabilito dallo Statuto, la società cooperativa si poneva il raggiungimento dei seguenti scopi:

“1) organizzare ed esercitare la coltura e l’industria dei tabacchi, sia per l’approvvigionamento delle manifatture dello Stato che per l’esportazione, con le modalità prescritte dalle leggi e dai regolamenti sulla coltivazione indigena del tabacco;
2) stabilire laboratori ed opifici per la conservazione lavorazione e trasformazione dei prodotti agricoli, con particolare riguardo alle esigenze dell’esportazione; nonché per l’esercizio di altre attività industriali nelle quali trovassero prevalente impiego le materie prime della contrada e possibilità lavorativa la mano d’opera locale;
3)  concedere prestiti ai soci; riscontare il portafoglio; nonché concedere prestiti agrari di esercizio a norma delle speciali leggi in quanto si sia ottenuta la prescritta autorizzazione;
4)  acquistare e vendere per conto proprio e di terzi, prodotti agricoli, macchine, attrezzi e merci in genere;
5)  fare saggi, analisi ed esperimenti: istituire corsi e scuole nell’interesse dell’agricoltura e, in genere, dell’elevazione culturale della popolazione;
6) di promuovere le iniziative che possono efficacemente contribuire al potenziamento produttivo locale, nonché d’intervenire dovunque l’opera sua possa riuscire utile ai soci e, in genere, all’economia locale”[4].

Agli inizi del secolo XX il tabacco era considerato la coltura fondamentale che poteva apportare quella desiderata e necessaria ventata modernizzatrice all’agricoltura salentina perchè costituiva una tangibile integrazione allo scarsissimo reddito contadino. La coltivazione del tabacco, perciò, rappresentava una delle maggiori fonti di ricchezza sia per i coltivatori, che avevano la sicurezza di collocare il prodotto, sia per le operaie tabacchine che, impegnate nella prima lavorazione, avevano la garanzia di un’occupazione per diversi mesi dell’anno. Pertanto, la nascita dell’ACAIT era ben vista dalla popolazione perché si poneva come struttura fondamentale e come sicura fonte di occupazione per la maggior parte della classe contadina di Tricase e dell’intero Capo di Leuca.

Non è certamente un caso se – come ampiamente documentato da Rossella Barletta[5]

“inizialmente le concessioni speciali per la coltivazione dei tabacchi levantini si diffusero soprattutto nella zona del Capo di Leuca, intorno al 1906, per interessamento del deputato locale – ed allora Sottosegretario alle Finanze – Alfredo Codacci-Pisanelli, per il quale il tabacco rappresentò l’elemento di modernizzazione e di integrazione dello scarso reddito agrario. Certamente questa vastissima area territoriale, estremamente povera, possedeva un elemento a favore della nuova coltivazione; nel comune di Tricase esistevano già opifici per la lavorazione del tabacco levantino e la mano d’opera, per la gran parte femminile, era adeguatamente addestrata ad eseguire l’intero processo produttivo che comprendeva, oltre alla coltura, la lavorazione, la trasformazione e perfino la confezione delle sigarette”.

 

IL CONTRIBUTO DELL’ON. ALFREDO CODACCI-PISANELLI

Alfredo Codacci-Pisanelli – il toscano divenuto pugliese per adozione e vocazione, interprete delle esigenze vitali delle popolazioni del Basso Salento – con il discorso del 30 marzo 1901 alla Camera dei Deputati, uno dei più importanti interventi parlamentari testimonianti il suo concreto “meridionalismo” espresse le linee maestre dei programmi politico-economici che erano da realizzare per alleviare le sorti dell’agricoltura salentina. Di essi costituivano capitoli centrali, tra loro congiunti, il credito agrario e la istituzione dei Consorzi. E poiché non era un uomo da lasciare nell’aria i progetti, si adoperò affinchè anche nella “sua contrada” – come era solito con sincera convinzione e profondo affetto chiamare Tricase ed i suoi territori circostanti – si costituisse un Consorzio. Pertanto, sin dal 1902, Codacci-Pisanelli si fece promotore, insieme all’amico (e suo “grande elettore”) Antonio Winspeare[6], della costituzione del Consorzio agrario cooperativo del Capo di Leuca. L’ente da lui voluto fu uno dei primi ad operare in Puglia e nel Mezzogiorno d’Italia[7].

La solidarietà, la cooperazione e il credito agrario non avrebbero dato i risultati sperati se non fossero state al tempo realizzate le infrastrutture di cui il Salento era carente. Alfredo Codacci-Pisanelli, nel vigoroso intervento parlamentare del 10 luglio 1909, dirà:

“Nulla come deputato mi sorrideva e mi attraeva più del poter dare, richiesto, alla Puglia intera l’opera tenace che, coi miei amici, da cinque lustri ho dedicato a migliorare le condizioni di vita d’ogni classe sociale del Capo di Leuca. Nulla come studioso mi attraeva più dell’esperimento e dell’esempio che la Puglia, con me, avrebbe dato al Mezzogiorno, alle due grandi Isole e all’Italia tutta di quel che di benessere sociale e di rinsavimento politico può dare tra noi una sana autarchia regionale”[8].

LA TRAGEDIA DEL 15 MAGGIO 1935

Il 14 maggio del 1935 il Ministero delle Corporazioni, per il tramite del Prefetto, rendeva noto il decreto di scioglimento del Consiglio d’Amministrazione dell’ACAIT e, per la verità, anche di altri Consorzi cooperativi della provincia di Lecce, per procedere alla fusione di tutti nell’unico Consorzio Agrario Cooperativo di Terra d’Otranto con sede a Lecce.

Si può intuire benissimo che i Tricasini, quando appresero la notizia, espressero immediatamente un fortissimo dissenso perché vedevano in questo provvedimento una reale minaccia contro il loro lavoro e soprattutto la fine di quella parziale, ma vitale, sicurezza economica che era rappresentata dall’ACAIT.

La notizia si diffuse immediatamente, mentre la sera del 14 maggio i dirigenti dell’ACAIT si riunivano per prendere atto del provvedimento e compilare un esposto motivato, da inviare al Capo del Governo, col quale si chiedeva la revoca dello stesso provvedimento. La mattina del 15 maggio le operaie tabacchine manifestarono l’intenzione di astenersi dal lavoro per protesta, ma convinte dai dirigenti dell’ACAIT, ripresero il lavoro con malcontento e disapprovazione. Nel pomeriggio si raccolsero le firme per l’esposto da inviare al Capo del Governo, mentre in piazza moltissimi lavoratori e tabacchine discutevano con notevole interesse.
Nel frattempo venne fatto affiggere un manifesto del Podestà di Tricase, Avv. Edgardo Aymone[9], che riproduceva una lettera inviatagli dal Prefetto e invitava i cittadini “a tornare” tranquilli al proprio lavoro, fiduciosi nell’opera oculata e provvida del governo fascista. Questo manifesto provocò un effetto diverso da quello sperato e l’appuntamento delle operaie tabacchine per una dimostrazione sotto il Municipio in modo pacifico, pian piano divenne una vera e propria protesta. Venne strappato il manifesto, le persone incominciarono ad agitarsi e a gridare, lanciarono alcuni sassi e avevano l’intenzione di abbattere la porta del Municipio. Intanto erano stati chiamati i Carabinieri, i quali non riuscivano a calmare gli animi dei presenti. In questo stato di esasperazione, per evitare l’invasione del Municipio e che la situazione degenerasse, venne ordinato ai Carabinieri di sparare. Si udirono alcuni spari a brevi intervalli, i dimostranti ovviamente si sbandarono e incominciarono a correre all’impazzata: la situazione era completamente degenerata. Risultato: un morto subito e numerosi feriti, tre dei quali morirono poco dopo e un quinto morì, a causa delle ferite ricevute, dopo sei giorni.

“La rivolta di Tricase”[10], così come venne definita dagli storici, finì nel sangue ed ebbe cinque morti: tragico bilancio di quel mercoledì 15 maggio 1935. Questa, in sintesi, la tragedia del proletariato tricasino per aver manifestato il dissenso contro la decisione del Ministero delle Corporazioni che intendeva sopprimere l’ACAIT e trasferirla a Lecce[11].

LA REPRESSIONE, IL PROCESSO E LA SENTENZA

La repressione continuò durante la notte e vennero arrestate 26 persone ed altri arresti vennero effettuati nei giorni successivi. Non fu consentito di celebrare i funerali delle vittime e i loro corpi furono trasportati al cimitero nel corso della notte successiva. La motivazione di tutto questo fu quella di evitare nuovi possibili disordini.
Gli imputati furono 74, dei quali 22 vennero prosciolti in istruttoria; degli altri 52, 49 furono tenuti in stato di detenzione fino alla celebrazione del processo, dopo quasi un anno. Con la sentenza, emessa il 2 aprile del 1936, si chiudeva una dolorosa vicenda, successa in una cittadina definita da tutti laboriosa e tranquilla, con 28 concittadini condannati a pene varianti da un minimo di 6 mesi ad un massimo di un anno e 4 mesi di reclusione[12].
Dieci anni dopo lo storico eccidio i Tricasini, auspice la locale sezione del Partito Socialista Italiano, apposero una lapide a perenne memoria dei caduti di Tricase del 15 maggio 1935, collocandola sulla facciata dell’ex Convento dei Domenicani ed attuale sede di alcuni uffici comunali.

LE ATTIVITA’ COLLATERALI

Detto questo bisogna ricordare anche che da parte dei Tricasini l’attenzione e l’interesse nei confronti dell’ACAIT sono state sempre vive e reali.
E’ noto che la Cooperativa – nella sua centenaria presenza – non ha svolto un ruolo importante solo nel campo economico e produttivo, ma ha ben operato in diversi settori promuovendo numerose iniziative che hanno contribuito efficacemente allo sviluppo delle popolazioni del Capo di Leuca.
Le persone più anziane ricordano benissimo come la Cooperativa elargì, fin dal 1921, dei premi di nuzialità; istituì nel 1938 – quando non esistevano gli attuali Enti Assistenziali e Previdenziali – un ambulatorio medico-chirurgico, diretto da un proprio medico di fabbrica – per la prevenzione e la cura delle malattie con distribuzione gratuita di medicine e un asilo-nido per i figli delle tabacchine. Fece costruire un immobile da adibire a Scuola Media nel 1937; donò il suolo per l’edificazione della “Casa della Madre e del Bambino” nel 1952; costituì la S.E.A.T. (Società Esercizio Autotrasporti Tricase) nel 1956, oltre alla commercializzazione di elettrodomestici, la vendita del gas liquido, la fabbricazione di ghiaccio e tutti i servizi legati ovviamente all’agricoltura (frantoi per la molitura delle olive, commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli, etc.) ed alla zootecnia[13].

LA CRISI DEGLI ANNI ‘70 E ‘80

Alla fine degli anni ’70 inizia una crisi per la coltura del tabacco che porterà numerose aziende a chiudere definitivamente. Nonostante l’ACAIT avesse una struttura forte e solida non sfuggirà ugualmente, purtroppo, a questa crisi di mercato e di cattiva volontà politica a livello nazionale e regionale.
La coltura del tabacco non rientra più nelle strategie politiche nazionali e, nonostante i numerosi convegni nazionali – uno dei quali tenuto proprio a Tricase nel dicembre 1979 – la situazione volge sempre al peggio.
Agli inizi degli anni ’90 l’amara decisione di procedere alla vendita di alcuni terreni dell’ACAIT nel tentativo di sanare i debiti[14].

Tutti i rappresentanti dei gruppi consiliari, nel Consiglio Comunale del 12 agosto 1992, ritengono che “occorre salvare l’ACAIT”.
La replica dell’allora Sindaco, prof. Vittorio Serrano è la seguente:

“L’Acait è da decenni un punto di riferimento economico a Tricase, con riflessi sulla vita sociale tricasina. Il mondo della cooperazione è in grave difficoltà. Difficoltà strutturali legate al sistema cooperativistico che va salvaguardato come diritto ma va corretto come gestione… Ci siamo trascinati per un lungo tempo una situazione difficile ed ora è giunto il momento di intervenire”[15].

In sintesi, la crisi ventennale del tabacco porta anche l’ACAIT, la più prestigiosa e longeva cooperativa di Puglia, al fallimento e alla conseguente alienazione degli storici edifici e degli appetibili terreni.

L’ACAIT: SIMBOLO DELLA COMUNITA’ TRICASINA

Sabato, 28 dicembre 2002, nella sala del trono di palazzo Gallone a Tricase, è stata presentata ai cittadini un’attenta indagine secondo l’inusuale metodo della ricerca orale commissionata dal Comune nell’ambito delle iniziative per il centenario della fondazione dell’ACAIT. Ci riferiamo al volume a cura di Vincenzo Santoro e Sergio Torsello: Tabacco e tabacchine nella memoria storica. Una ricerca di storia orale a Tricase e nel Salento, Lecce, Piero Manni Editore, dicembre 2002, con un’introduzione del Prof. Sandro Portelli dell’Università “La Sapienza” e Presidente del circolo “Gianni Bosio” di Roma, nella sua veste di consulente scientifico.

Il volume è un racconto a più voci, perché il gruppo di lavoro ha raccolto circa trenta interviste a tabacchine e persone coinvolte e si struttura in tre capitoli. Il primo è dedicato alla coltivazione del tabacco a Tricase e nel Salento, il secondo alle vicende dell’ACAIT dalla fondazione alla dismissione di qualche anno fa ed il terzo alla rivolta e ai tragici fatti del maggio 1935. Completa la ricerca sul campo un contributo di Roberto Raheli sui canti delle tabacchine e di lavoro nella tradizione orale salentina.

Giustamente il prof. Sandro Portelli precisò che

“le fonti orali essenzialmente ci permettono di parlare anche con persone di cui c’è meno traccia negli archivi. E in questo senso costituisce un correttivo fondamentale, che non solo allarga l’ambito delle fonti ma introduce una molteplicità inesauribile di punti di vista. Rispetto alla storia di Tricase, direi che più che una storia è stato opposto il silenzio, la dimenticanza. Adesso questo silenzio è stato interrotto grazie all’iniziativa del Sindaco Antonio Coppola che vuole restituire l’ACAIT alla collettività”[16].

Renato Corvino, docente di Archeologia industriale della Facoltà dei Beni Culturali dell’Università di Lecce, in un suo pregevole intervento, intravedendo il rischio che un pezzo importante dell’identità cittadina andasse disperso e che un’ulteriore beffa si aggiungesse alla già avvenuta perdita di ricchezza e d’occupazione, precisò in modo chiaro:

“Al di là delle diverse valenze politiche date retrospettivamente al fatto, quello che emerge è come l’azienda assuma il ruolo di simbolo dell’intera comunità, come la possibilità che essa cessi la propria attività rappresenti non solo un momento d’impoverimento ecomonico, ma anche un’insopportabile privazione d’identità. Del resto è questo che spiega sia i tentativi di recupero della memoria, che i progetti d’acquisizione dello stabilimento da parte dell’Amministrazione comunale”[17].

La storia dell’ACAIT, nel bene e nel male, è strettamente legata alla storia personale e familiare di tanti tricasini: è la storia di una comunità. Sono gli avvenimenti e i fatti dei lavoratori della campagna di Tricase e del Capo di Leuca, dei nostri genitori e dei nostri nonni; sono, appunto, la storia di tante tabacchine e contadini di Tricase e di altri comuni del Salento che dai campi hanno, con dignità e con sacrificio, tratto il sostentamento per le proprie famiglie[18].

L’ACQUISIZIONE AL PATRIMONIO COMUNALE

Negli ultimi anni, grazie all’Ing. Antonio Coppola, Sindaco della città di Tricase, vi è stato un particolare interesse da parte dell’Amministrazione Comunale nei confronti dell’ACAIT. Ecco quanto scritto nelle Linee Programmatiche, presentate in occasione del primo Consiglio Comunale, dopo le elezioni del 2001:

“Ci impegneremo per l’acquisto dell’ACAIT, simbolo del lavoro a Tricase, della sofferenza, patrimonio storico della nostra gente che non può andare perduto. L’ACAIT potrà costituire, insieme alla zona ‘Lama’ ed al bel fabbricato di via Micetti, ora scuola Materna, un grande centro di vita pubblica per migliorare la vita di tutti i giorni. Questa grande operazione dovrà essere un simbolo della nostra Amministrazione ed avrà un posto di rilievo in tutte le nostre idee” [19].

Alle parole sono seguiti i fatti: a cent’anni esatti dall’atto costitutivo, il comune di Tricase è divenuto proprietario dell’ACAIT. Il 21 luglio 2003 l’ACAIT è ufficialmente, definitivamente e legalmente del comune di Tricase[20].

Innanzi al notaio Antonio Pallara di Lecce, il Comune di Tricase, rappresentato dal sindaco Antonio Coppola, ha acquisito l’ACAIT dal curatore fallimentare Paolo Fanizzi, che agiva in nome e per conto del Ministero del Lavoro. Per volontà del Sindaco Coppola la firma dell’atto, avvenuto esattamente 100 anni dopo quella dell’atto costitutivo dell’ACAIT, voluta dall’allora parlamentare salentino Alfredo Codacci-Pisanelli, è avvenuta alla presenza di due testimoni d’eccezione: il nipote del fondatore dell’ACAIT, Alfredo Codacci-Pisanelli, figlio del fondatore dell’Università salentina, Giuseppe Codacci-Pisanelli,[21] e l’assessore alle Politiche Ambientali e Comunitarie del Comune di Tricase, Grazia Francescato, portavoce nazionale dei “Verdi”.

IL PIANO DI RECUPERO DELLA STRUTTURA

In soli due anni, da un progetto elettorale, l’ACAIT è ritornata ad essere realmente e nuovamente storia socio-economica di Tricase. L’ACAIT, infatti, potrebbe diventare un modernissimo centro di formazione per lo sviluppo, in collegamento con le Università di Lecce, di Bologna e di Roma. Un attrezzato centro di formazione per un moderno sviluppo turistico, per la valorizzazione delle risorse, per i servizi socio-culturali, ma anche per attività connesse con le produzioni cinematografiche.
L’ACAIT potrebbe diventare un punto di riferimento per la rinascita civile e produttiva di tutto il Capo di Leuca.

NOTE:

  1. Alfredo Codacci-Pisanelli (1861 – 1929), figura di primo piano e importante personaggio che molto profuse per lo sviluppo economico e sociale di Tricase, ma anche del Capo di Leuca e dell’intera Terra d’Otranto. Per ulteriori informazioni cfr.: NUCCIO, Oscar, Alfredo Codacci-Pisanelli. Atti parlamentari per “Le Puglie” la “Terra d’Otranto” il “Capo di Leuca”(1897 – 1925), Galatina, TorGraf, marzo 1999.
  2. G. INGLETTI, I pionieri. La via del tabacco. Origini e prime iniziative, in “Nuove Opinioni”, Tricase, A. I, 1977, n.5, p.5.
  3. Azienda Cooperativa Agricola Industriale del Capo di Leuca. STATUTO, Tricase, Tipografia Scarascia, (s.d., ma settembre 1970), p.5.
  4. STATUTO, op. cit., pp. 5 e 6.
  5. R. BARLETTA, Tabacco, tabaccari e tabacchine nel Salento. Vicende storiche, economiche e sociali, Fasano di Brindisi, Schena Editore, 1994, p.100.
  6. Antonio Winspeare (1822  – 1918), Prefetto e Duca di Salve.
  7. O. NUCCIO, op. cit., pp.37 – 38. Cfr. anche: E. CORVAGLIA, Tabacco e corporativismo di Stato. Il caso dei “levantini” nel Salento tra le due guerre, Lecce, Edizioni Milella, 1983.
  8. O. NUCCIO, Ibidem, p.38.
  9. Edgardo Aymone (1877 – 1941), avvocato, era stato nominato prima Commissario e quindi Podestà di Tricase nel maggio-giugno 1931.
  10. A questo proposito cfr.: S. COPPOLA, La rivolta di Tricase (15 maggio 1935), Lecce, Ed. “Salento Domani”, Quaderno n.1, (s. d., ma 1981) e dello stesso autore: 15 maggio 1935 per non dimenticare la tragica giornata di 60 anni fa, in “Nuove Opinioni”, Tricase, A. XVIII –1995 , n.5, pp.4 e 12.
  11. F. ACCOGLI (a cura di), In ricordo di Pierino Panarese (Ucciso il 15 maggio 1935), Tricase, Edizioni Comune di Tricase, Aprile 2003. Gli altri morti furono: Maria Nesca, di anni 44, tabacchina; Cosima Panico, di anni 43, operaia tabacchina; Donata Scolozzi, di anni 56, contadina e Pompeo Rizzo, di anni 37, contadino.
  12. G. INGLETTI, ACAIT – LA NOSTRA STORIA. La protesta, la repressione, la sentenza, Tricase, Edizioni dell’Iride, Aprile 2004.
  13. A questo proposito cfr.: G. RICCHIUTO, Storia di una cooperativa 1 e Storia di una cooperativa 2, in “Siamo la Chiesa”, Tricase, A. XIII – 1985, nn.5 e 6, pp. 52 –72 e 31 – 45.
  14. R. FRACASSO, L’ACAIT vende i terreni, in “Siamo la Chiesa”, A.XX – 1992, n.4, lug.-ago., pp.27 – 42.
  15. Ibidem, pp.38 – 41.
  16. V. SANTORO – S. TORSELLO, Tabacco e tabacchine nella memoria storica. Una ricerca di storia orale a Tricase e nel Salento, Lecce, Piero Manni editore, 2002, pp. 9 –18.
  17. R. CORVINO, Storia dell’Acait e Tricase, così un’industria si fece simbolo, in “La Gazzetta del Mezzogiorno” del 6 Marzo 2003, (Sud Salento).
  18. G. INGLETTI, op. cit., p. 6.
  19. A. G. COPPOLA, Discorso sulla dignità. Contro le vecchie e le nuove schiavitù, Lucugnano di Tricase, Imago Pubblicità, 2001.
  20. A. A. CIARDO, Una firma suggella l’acquisto dell’Acait. L’atto siglato alla presenza del nipote dell’allora parlamentare Alfredo Codacci-Pisanelli, in “La Gazzetta del Mezzogiorno” del 22 Luglio 2003.
  21. Giuseppe Codacci-Pisanelli (1913 – 1988) libero docente in Diritto Amministrativo, Magistrato, Pretore a Tricase, componente dell’Assemblea Costituente, più volte Deputato, Ministro della difesa nell’8° gabinetto De Gasperi, Rettore del Consorzio Universitario Salentino, Presidente dell’Unione Interparlamentare, Ministro per i rapporti con il Parlamento nei governi Fanfani e Leone, Sindaco di Tricase dal 1962 al 1968, Rettore dell’Università degli Studi di Lecce. E’ stato l’uomo politico più importante del Salento dalla caduta del fascismo agli anni ’80.

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