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Le origini di Morciano di Leuca e le intriganti vicende intorno al suo castello

Sulle origini del nome Morciano, ci sono diverse ipotesi; secondo alcuni, prenderebbe il nome dal suo territorio roccioso, ultima propaggine delle Murge, o da Roccia (in latino “Murex”) da cui “ager murcianus”; secondo altri , il nome deriverebbe dal latino “merx”, merce, “luogo di mercato” di deposito di merci; altri ancora sostengono che la denominazione derivi dal latino
Marcius” – “Morcius” – “Martius”, assegnatario del territorio al momento dell’occupazione romana dopo la seconda guerra punica


Stemma: lo stemma rappresenta una torre sormontata da due altre torri più piccole con in cima una corona, il tutto circondato da due rametti di ulivo.
L’olivo sta a rappresentare l’economia di Morciano, comune a quella di tutti i paesi del Basso Salento. Questo spiega la cospicua presenza di frantoi ipoegei nel territorio Morcianese. Basti pensare che l’attuale via Roma era anticamente chiamata “Via delle Cisterne”, quindi sito occupato da sotterranei destinati in parte a depositi di derrate in parte alla lavorazione delle olive.

Il piccolo e suggestivo centro storico di Morciano, si presenta come un quadrilatero di mura, che un tempo servivano a difenderla dalle abitudinali incursioni nemiche, provenienti dall’oltremare. Il lato a sud, è protetto dalle possenti muraglie di un castello che, ancora oggi, possiede intatta la sua imponenza. A sud-est, a in difesa del contado, sono le mura dell’ex-convento dei Carmelitani e la Chiesa del Rosario, che continua per il lato nord-est fino alla Chiesa Parrocchiale.

IL CASTELLO

Con l’anno 1335, Morciano guadagna il diritto di cittadinanza nella storia, legando il proprio nome e il proprio destino ad una figura di tutto rispetto. Grazie all’ esponente della famiglia dei Di Brienne, l’antico casale di Morciano non solo assume grandi dimensioni nell’ambito del Capo di Leuca, ma ha risonanza in tutto il Salento per varcarne subito il confine e imporsi in tutti i luoghi che videro il cavaliere e condottiero Gualtiero VI, padrone della Terra de Murchano, conte Di Brienne di Lecce, Duca di Atene, Signore di Firenze dal 1342 al 1343, Conestabile del Reno di Francia nel 1356 sotto re Giovanni II e pretendente della Contea di Alessano. Figlio del suo tempo, Gualtiero IV Di Brienne ci ha lasciato un’opera che ha sfidato i secoli e ancora oggi affascina con la maestosità delle sue forme, il Castello di Morciano.

Aristocrazia, ricchezza, benessere , potere. E’ quel che viene in mente alzando lo sguardo sulla possente costruzione. Non è certo l’anno esatto della sua costruzione ( 1100-1200). L’idea è nata sicuramente nella mente di Gualtireo di Brienne, quando vide sfumare davanti a sé il sogno di convogliare a nozze con la bella contessa Caterina d’Anleto di Alessano, giovane vedova . Ma un destino ancor più crudele, lo costrinse ad assistere al matrimonio fra la predetta Caterina e il nobile Francesco della Ratta, Conte di Caserta, che sposata la donna tanto contesa, divenne anche conte di Alessano.

Occorreva ad ogni costo frenare le sue mire espansionistiche verso sud; era quel che pensava il conte Di Brienne. Un castello , sarebbe stato certamente un baluardo ad ogni eventuale appetito dell’avversario, un’opera di difesa e, nel contempo, un monito per qualsiasi altro avventuriero. Il Conte di Morciano, aveva ben visto lontano con il suo castello. Riuscì, infatti, a vanificare gli attacchi del Conte della Ratta. Perso il ruolo per cui era stato realizzato, ne assunse subito uno nuovo, imposto dalle nuove scorrerie dei pirati d’Africa e Asia: quello di accogliere fra le sue mura la popolazione del Casale e del contado.

La struttura del castello è a pianta quadrata con torrioni angolari cilindrici. Delle quattro torri angolari originarie, quella di Nord-Ovest fu fatta abbattere molto tempo dopo per ordine dell’allora proprietario Barone Rodolfo Sanbiasi, il quale fondò nel 1507 il Convento dei PP. Carmelitani. Sempre negli stessi anni, quella stessa parte del castello fu ulteriormente mutilata al fine di consentire l’addossamento della Chiesa, anche questa appartenente, come il Convento, ai Padri Carmelitani.

Il secondo torrione, l’unico superstite nella sua struttura essenziale originaria, è quello di Sud-Ovest. Ha pareti verticali, senza scarpata o altre strutture sfuggenti: prova evidente, dal punto di vista stilistico e funzionale, del fatto che il fortilizio è stato costruito prima dell’invenzione della polvere da sparo, quindi ancor prima che in campo militare venissero utilizzate le armi da fuoco. Il torrione si presenta suddiviso in tre piani: tra il piano terra e il primo piano si nota un cordone orizzontale che ne delimita all’esterno le rispettive altezze; mentre il primo piano è suddiviso dal secondo da una serie di beccatelli, mensolette che accanto ad una finalità decorativa avevano anche una funzione architettonico-militare di sostegno ad alcune bertesche, cioé a delle feritoie indispensabili alla difesa e al contrattacco con armi quali archi, balestre, lance, acqua e olio bollente.
Per quanto riguarda i due rimanenti torrioni angolari del prospetto posteriore, essi sono stati parzialmente inglobati dalla muratura perimetrale esterna, al punto di perdere la propria fisionomia originaria.

Dei merli a forma di giglio, sulla cortina di coronamento, mostrano i segni della dominazione francese . Dominazione consacrata dal connubio tra Gualtiero e Beatrice d’Angiò (1320). Da allora, il leone rampante sullo sfondo azzurro e oro fu sormontato dai Gigli di Francia, emblema della casa angioina.
Quanto al portone d’ingresso al Castello, questo è particolarmente suggestivo non già per le dimensione che riproducono misure e tecniche abbastanza abituali nell’arte delle fortificazioni militari del Medioevo e del Rinascimento, quanto per la caditoia riccamente decorata che sovrasta la porta stessa con una duplice funzione ornamentale e difensiva.

Sandra Sammali

BIBLIOGRAFIA:
D’Aquino Cesare, “Morciano di Leuca” – Capone Editore (1988)


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