STORIA. Ottobre 1957, Salento sott’acqua
PRESICCE (Le) – Fu un sabato e una domenica da Apocalisse, “the end”, la fine del mondo. La pioggia cadde incessantemente per 17 ore, in tutto 300 millimetri: era il 6 e 7 ottobre 1957 (“ottobre impietoso”, dal tg dell’Istituto Luce). E il Salento (la zona compresa fra Otranto, Maglie, Taurisano, Ruffano, Presicce, Leuca) finì sott’acqua. Danni calcolati intorno al miliardo di lire.
Un replay del Diluvio Universale di biblica memoria, mancava solo l’arca, in senso materiale, perché il gran cuore dei salentini lo fu in chiave allegorica.
A Maglie, il centro storico fu invaso totalmente; a Santa Maria di Leuca, franò il “civettuolo lungomare come dopo un bombardamento” (dal tg dell’Istituto Luce). Paesi isolati, comunicazioni interrotte. Case, strade, negozi, scuole invase dall’acqua alta anche 6 metri. Le colture spazzate via in un amen da “torrenti d’acqua” (tg dell’Istituto Luce). Vore e falda non riuscivano a inghiottire quella massa d’acqua violenta e cattiva che trascinava via pietre e animali morti. Asini e cani erano come “impazziti”.
Materassi di crine, paglia, cacchiame (foglie di granturco) marciti, il mosto nei palmenti andato a male.
A Presicce, la “Vora” ai piedi della collina si strozzò. Cercarono di liberarla col tritolo: inutilmente.
I poveri, come sempre, persero tutto: il raccolto (grano, orzo) stipato nei sacchi, la provvista di olio, il vino, il pane, i legumi, i fichi secchi. La moja (fango) insudiciò le cassepanche colme di biancheria e la dote delle ragazze in età da marito. Un evento catastrofico che nessuno, manco il più vecchio in Terra d’Otranto, ne ricordava uno simile. Nelle vie si girava con le barche. Spettacoli surreali, da fronte di guerra.
A Presicce il parroco, don Carmelo Cazzato, comprò il pane, le sarde e il vino e in barca raggiunse la zona sud di Santa Maria degli Angeli (verso Salve), e ne fece dono ai poveri accampati sui tetti (“Il paese fu tutto unito dinanzi a questa sventura…”). Molti si rifugiarono in Comune (il sindaco socialista Amleto Monsellato si diede da fare (la politica era dignità e attributi, si ricorda una sua frase: “Vengono, girano per il paese, si sporcano un po’ le scarpe, poi se ne vanno e noi restiamo con i nostri guai…”) per più di una settimana (“un’ottina di giorni e più…” ricorda oggi la signora Gina Ratano, “Rimasi squasata…”, “Che morte disperata!”): ebbero una minestra calda. La contessa Alberti divenne un’apprezzata cuoca, instancabile e premurosa, e passata la bufera, ebbe una crisi mistica: si chiuse in convento e prese i voti.
La Prefettura mandò derrate, coperte, lettini. Le mogli (qualcuna gravida) telegrafarono ai mariti emigrati in Svizzera per dir loro di rientrare immediatamente. E quando questi tornarono, trovarono la casa con tre, anche quattro metri d’acqua e i militari che presidiavano le strade li scacciarono. Passò alla storia quel cittadino che legò la Fiat Cinquecento nuova fiammante, con le rate ancora da pagare, a un palo perché il fiume non la trascinasse come un fuscello con la sua violenza, ma fu tutto inutile: la ritrovarono piena di fango in zona Calvario e quel carabiniere in pensione che stese al sole ad asciugare le banconote da 10mila lire dei suoi risparmi e fece la guardia con l’archibugio per difenderle da ladri e sciacalli. Alla fine ogni presiccese ebbe mezzo quintale di grano.
Ma se dinanzi al “liquido assedio” (dal tg dell’Istituto Luce) la politica balbettò, il Salento mostrò al contrario il suo grande cuore, il volto migliore con l’intervento (oltre ai Vigili del Fuoco di Lecce) di centinaia di volontari a spalare fango e pietre: la civiltà contadina era forte della sua coesione sociale, non si era ancora entrati nel tunnel del relativismo dei valori in cui purtroppo siamo finiti oggi, e dove tanti scappano dalle loro responsabilità, la nostra anima è atomizzata e declina verso la vigliaccheria del refrain “mi faccio i fatti miei…”, “chi te lo fa fare?”. Tanto poi arriva sempre il 27…
I nostri parlamentari (si era nella II legislatura), già il 10 ottobre presentarono due interrogazioni, discusse nelle sedute pubbliche n. 641 e 642 (ore 10 e ore 16), alla Camera e al Senato (n. 577, presidente Cesare Merzagora, vice Cingolani). Si chiedevano “interventi e risorse” per le popolazioni così duramente colpite.
In veste di storici, i ragazzi della scuola media (I e III C dell’Istituto Comprensivo Statale Presicce-Acquarica del Capo), in collaborazione con l’Associazione ”Museo Aperto” di Rolando Civilla, coordinati dai professori Vincenzo Verardi (geologo, bella la parte di sua competenza) e Maria Antonia Lamanna, hanno ricostruito l’alluvione del ’57.
Foto in bianco e nero sono emerse dagli archivi privati (famiglia Michele Stocco, Riccardo Monsellato, Cesare Luigi Quaranta, Carmelo Zingarello, Vito Mele, Franca Imperato), filmati di telegiornali dell’Istituto Luce, interviste agli ultimi protagonisti rimasti rievocano quella tragedia. 70 questionari distribuiti a contadini, tabacchine, sartori, cestai, bottegai, il farmacista, ecc. più le interviste live a chi visse quei giorni drammatici in cui la natura aveva deciso di sopprimere l’uomo con l’acqua e il fango (Gino Damiani, Andrea Cazzato, che ha ricordato il prodigarsi dell’Arma guidata dal maresciallo De
Lucia, il dottore Aniello Monsellato, i giovani medici Luigi Coccoli e Nicola Negro).
E tutto il materiale è finito in un bellissimo dvd dal taglio neorealista, più potente, sotto l’aspetto emozionale e comunicativo, di tanti documentari che vediamo in giro. Titolo: “60 anni dopo… Alluvione 6-7 ottobre 1957” (bel montaggio di Andrea Verardi Baviera).
Un’operazione culturale e rievocativa sul filo della memoria di grande spessore, di cui va reso immenso merito agli ideatori e i ragazzi che hanno lavorato con passione a un documento che resterà nel tempo, e che sono le nostre energie migliori.
Oltre a professori e operatori culturali già menzionati, vanno citati gli alunni: Brigante, Bruno, Esposito, Camisa, Cantoro, Ferilli, Cazzato, Marini, Manieri, Marzo, Paola Ponzo, Sergi, Vichi, Viola, Vitali, Zurlo (I C) e Brogna, Negro, Stefanelli, Viola, Zingarello, Spirto, Marzo Carlo, Verardi, Marta Cazzato, Matteo Cazzato, Maiorano (III C). E poi III A e III B, la dirigente scolastica Rosa Grappa, le professoresse Anna Licchelli e Maria Teresa Negro.
Con un enorme grazie a tutti: bravi! bravi! bravi!
Francesco Greco
Scriveva mia nonna il 10 ottobre 1957, da Marittima:
Alluvioni a m
Marittima e dintorni. Noi per fortuna non abbiamo avuto nessun danno né a casa né in campagna. Hanno passato i guai coloro che avevano le cantine, che si sono completamente allagate: dalle due di notte fino alle 10 sempre a cacciare acqua: alcuni hanno dovuto prendere i motorini dei trattori e pompare. Gravi danni ad Andrano; coloro che arrivavano con la corriera della sera hanno dovuto dormire là stesso. Anche Poggiardo è rimasta bloccata. Da noi per poco non annegava la capra nella cantina di comare Speranza. Il nonno, tornando dal gioco con compare Vitale, non poteva passare davanti al forno: meno male che c’era la madia che galleggiava, si sono messi lì sopra e sono passati. La mattina del giorno successivo l’hanno trovata vicino all”Orto del pozzo”.
Buonasera, che opera strordinaria il vostro raccogliere le testimonianze ! Io sono nato nel febbraio 1955, quindi all’ epoca avevo solo due anni e mezzo eppure ho dei ricordi nitidissimi della incredibile alluvione. Leggo di un DVD intitolato “60 anni dopo… Alluvione 6-7 ottobre 1957” “. Sono molto interessato, dove si può acquistare ? Grazie
Anch’io ho vissuta l’esperienza del diluvio su Acquarica del Capo.Noi abitavamo in una casa posta in alto per cui non siamo stati toccati dall’alluvione. Ma al mattino uscendo da casa vidi e sentii persone che gridavano tutta la loro disperazione,gente affranta e piangente. impotente davanti a simile catastrofe. L’acqua aveva sommerso tutte le cantine e aveva sciupato i sacchi di grano, di orzo che erano tutto per loro. Io ancora ora che sono anziano mi porto addosso scene di sofferenza e di umanità di dolore e di fratellanza. Mai come in quella mattina avevo capito,pur essendo ragazzino,l’amore della gente davanti a tragedie che li accomuna.