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Il rustico leccese

Caldo, invitante, irresistibile. Ha da tempo superato i confini salentini insieme ad un suo dolce compagno, il pasticciotto, divenendo di fatto una forte attrattiva per quanti, avendone sentito parlare, muoiono dall’irrefrenabile voglia di addentarlo e perdersi nell’estasi della mozzarella filante, della besciamella e del pomodoro pepato. E’ lui, il rustico leccese!

Difficile dire quando questo incredibile prodotto da forno, leader indiscusso in tutte le rosticcerie che si rispettino e di bella presenza anche nei banchi frigo dei supermercati, abbia visto la luce per la prima volta, ne tantomeno chi sia stato il genio che ha partorito cotanto splendore.

La  forma e il colore ricordano quello del sole della sua terra d’origine. Il contenuto, poco contadino, come la maggior parte dei capisaldi della cucina salentina, ma più adatto ad un pubblico aristocratico. Il sapore, unico e coinvolgente, sottoposto a dura prova dalle decine di varianti ormai presenti sul mercato. E’ un’ottima compagnia per tutte le ore della giornata, un imperdibile esperienza per il turista desideroso di deliziare il palato oltre che la vista. Un qualcosa da concretizzare, in continuazione, e non da affidare al ricordo.

Due dischi di pasta sfoglia, realizzata con farina, strutto, acqua e sale, pronti ad ospitare  il ripieno di besciamella, mozzarella,polpa di pomodoro e pepe. Una breve sosta in frigo, una spennellata con uova intere sbattute e poi in forno per 15 minuti a 260 gradi circa. Una preparazione tanto semplice quanto meritevole di elogi e apprezzamenti, che affonda le radici nella storia della gastronomia leccese ma che non trova ancora un’adeguata collocazione cronologica. Ma se è vero che “si dice il peccato e non il peccatore”, dovremo continuare a tenerci questo segreto e continuare a peccare, in silenzio ma con la bocca piena.

Marco Piccinni


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