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Mpatulati e Pignatari

Mpatulati e Pignatari sono i due simpatici soprannomi con i quali sono conosciuti gli abitanti di Cutrofiano. A dispetto di molti altri paesi salentini, questo soprannome è di tutto rispetto in quanto rispecchia e perpetua le antiche ogini artigiane che hanno contrassegnato queste ridente paesino.


Il primo dei due termini connota un aspetto legato al territorio, le numerosissime paludi sparse nel circondario. Mpatulato indicherebbe quindi una persona che vive in ambienti fangosi, paludosi. Questo problema dell’antichità si riscontra anche in numerose canzoni popolari.

Il secondo termine, Pignataro, ricorda invece le origni artigiane di Cutrofiano nell’arte della creta. Le popolazioni salentine infatti, vivendo constantemente nella terra e lontane dai centri abitati, svilupparono con il tempo un intensa attività agricola e artigianale per poter far fronte al sostentamento economico.

Quando poi il livello artigianale raggiunge altissimi livelli, come successe anche per gli impagliatori di Acquarica del Capo (definiti spurtari), il commercio assume una connotazione sempre più ampia tale da invadere intere provincie.

Cutrofiano era ricco di materia prima, morbida creta, che non aspettava altro che essere lavorata.
La lavorazione era spesso legata a rituali quasi magici: movimenti, parole, gesti in grado di allontanare gli spiriti maligni e assicurare che tutto il processo, dalla modellazione alla cottura andasse a buon fine.

Uno di questi riti riguardava l’inserimento nel forno di cottura di una tavoletta di argilla con un’icona raffigurnate un santo, se il santo bruciava lasciando intatta la tavoletta era un indice di buon auspicio, il santo infatti avrebbe abbandonato il suo sostegno per assistere di persona la fase finale di cottura e proteggere il lavoro artigianale.

Marco Piccinni

BIBLIOGRAFIA:
“Agenda di Babbarabbà 1997. Soprannomi paesani nelle province di Brindisi, Lecce e Taranto tra storia e fantasia” – supplemento del “Quotidiano” dicembre 1996 (Arti grafiche Mondadori) a cura di Antonio Maglio


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