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Lu cuturùsciu

La festa a Calimera si avverte con tutti i sensi: si vedono i bellissimi colori delle tenere luci delle tradizionali lampade, si sentono le note dei gruppi che esibiscono con in cuore l’ellenismo ereditato dai proprio padri, si tocca con mano una realtà che sembra aver vissuto in un contesto parallelo a quello della banale quotidianeità, si annusa e si gusta l’originale sapore del cuturùsciu, quella strana ciambella che sembra fungere da collante a tutti questi ingredienti.

L’uomo, anche se bombardato da tutti questi stimoli organolettici, non può astenersi dal porsi una domanda così banale che spesso sa di quel vago ricordo di infantilità, quando sembra di non poter fare a meno di chiedere il perchè delle cose. Cos’è il Cuturùsciu?

Cuturùsciu (Fonte: pugliaevents.it)

Senza voler rincorrere negli eoni del tempo e degli spazi l’etimologia di questa parola, si tratta si una ciambella morbida, ottenuta forse per caso dagli avanzi dell’impasto del pane rimasti attaccati alle pareti della madia. Insufficienti per costituire una panetto ma abbastanza preziosi per non essere gettati via, questi “scarti” di lavorazione, destinati ad indurire leggermente sulla superficie interna della madia, venivano abilmente reimpastati dalle massaie della grecìa salentina che fu, con un filo d’olio in più, un pò d’acqua per ammorbidire, sale grosso e pepe per insaporire. Dritti in forno in attesa di essere gustati.

Un prodotto semplice che Calimera stà cercando di preservare, che riempie le strade delle feste di giugno, quella dei Lampioni e di San Luigi Gonzaga, di quell’aroma che colma ogni spazio, che attiva tutte le papille gustative per prepararle al lieto evento, mangiarlo!


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