Agosto di un anno imprecisato che si perde nella cronologia confusa di un universo che cammina con fatica in bilico sul ciglio del vero e del leggendario. Un uomo, in sella ad un cavallo che si sostiene a stento, non ha nemmeno più le forze di passare la manica della tunica sulla fronte per porre freno alla corsa di piccoli rivoli di sudore che superano senza fatica rughe e avvallamenti della pelle seguendo un percorso già a lungo esplorato. Ha bisogno di acqua, per sé e per la sua bestia, compagna di mille avventure. Ha bisogno di un posto per ripararsi dal sole, così violento e implacabile, che tra le terre della Messapia porta benessere e maledizioni allo stesso tempo. La ragione comincia a vacillare, ad abbandonare il senno di un uomo che da Oriente a Occidente tutti chiamano Magno. Prende la sua spada e la scaglia con violenza contro una roccia, colpevole solo di non essere bagnata dalle fresche acque di un ruscello.
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Il canto di quel gallo…sembrava quasi di sentirlo ancora nonostante fossero passate diverse lune e centinaia di chilometri lo separavano da quel pennuto, tanto sacro per alcune culture ma tanto infausto per lui. Il cuore di Pietro non si dava pace per aver tradito il suo Maestro. Colui che nemmeno la morte è riuscita a vincere e che non serbava alcun rancore verso quel discepolo così impaurito da perdere il lume della ragione. Eppure piangeva ancora, era in viaggio in una missione di evangelizzazione dopo aver rivisto risorgere Colui che aveva rinnegato, umiliato dai romani e appeso con pochi chiodi conficcati nella carni ad una croce di legno con altri due poveracci. Le lacrime scendevano senza freno, intrise di un senso di colpa tale da avere il potere di tramutarle in pietra e lasciarle cadere nelle fresche acque del fiume che stava attraversando, Chidro lo chiamano i locali, a imperitura memoria delle sue cattive azioni.
Lascia un commentoMONTESARDO – Metti una sera d’estate sotto le vaghe stelle dell’Orsa, a parlare di pietra, svelata in tutta la sua ricchezza semantica, e di volte leccesi: a botte (case povere), stella, maltrotta, squadro (più signorile), spigolo, ecc. Al “Massarone”, topos mitico (l’attuale costruzione risale al 5-600, forse era una torre del sistema difensivo contro le incursioni dei Turchi) per la gente di Montesardo (sud Salento), dove ha sede il centro di ricerche ambientali “Serafini-Sauli”, che da qualche mese un gruppo di giovani sta rivalutando col programma Sac Porta d’Oriente e il contributo dell’associazione L. i. b. e. r. azione).
Lascia un commentoIl 14 Maggio 2015 nella periferia di Ugento in direzione Gemini, durante alcuni lavori di scavo per conto dell’Acquedotto Pugliese, è stata rinvenuta una tomba messapica del IV sec. a.C. contenente i resti di un’intera famiglia oltre ad un corredo funerario molto pregiato che lascerebbe trasparire le nobili origini degli inumati.
2 CommentiSita a metà strada tra i comuni di Galatone e Nardò in quello che una volta era il casale feudonegro, la chiesa duecentesca di Sant’Angelo della Salute, parte di un’abbazia, è uno dei relitti del romanico pugliese, quella rielaborazione artistica di uno stile architettonico nato ed evoluto altrove che in queste terre ai confini del mondo si mescolava con elementi tipici dell’architettura araba e bizantina.
Lascia un commentoBARBARANO (Le) –Xylella fastidiosa e complesso di disseccamento rapido: grande è la confusone sotto il cielo. La micidiale sputacchina ha stravolto la coltivazione secolare dell’ulivo, mercati a rischio, redditi precari. Incubava perfida da almeno una decina di anni, ma solo nel 2013 è esplosa nell’area a sud di Gallipoli, trovando condizioni favorevoli (rispetto al resto del Salento la temperatura è superiore di 4-5 gradi) la scienza è impreparata (come la politica, se tocchi un ulivo secolare censito dalla Regione Puglia con la targhetta sei passibile di sanzione da 30mila a 300mila euro). Si conosce la patologia e l’agente patogeno, ma non la cura efficace per debellarlo (colpisce anche mandorli, mirto, rosmarino, ecc., ma non vite e agrumi, muta velocemente patrimonio genetico e dovrebbe provenire dalle piante tropicali importate dal Costarica via Rotterdam, qui era ignoto, c’è in Brasile, Argentina, ecc.).
Lascia un commentoUna campagna assolata solleticata dalle foglie di centinaia di ulivi che tormentano la loro esistenza in spericolati contorsionismi. Un’antica strada basolata, probabilmente del ‘700-‘800. Colori accesi, inconsueti, si profilano all’orizzonte come un tramonto materializzato tra i sassi e la macchia mediterranea. Una decina di anni fa in queste contrade c’era molto fermento…siamo nella metà degli anni ’60, nel Bosco dei Reali.
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