Maglie, i versi di-vini dei poeti di ieri e oggi
“Non berremo dallo stesso bicchiere
l’acqua o il dolce vino…”
(Anna Achmatova)
“A me piacciono gli anfratti bui
delle osterie dormienti…”
(Alda Merini)
“La vita è così amara,
il vino è così dolce;
perché dunque non bere?”
(Umberto Saba).
Da Orazio a Esenin, da Neruda a Emily Dickinson, passando per Catullo e Lorenzo dè Medici sino a Herman Hesse, Borges, Vincenzo Cardarelli e Cesare Pavese, poeti e scrittori d’ogni tempo hanno cantato il vino, bevanda modesta ma polisemica, capace di evocare un ventaglio di connessioni, carsiche e di superficie.
Rossella Pulimeno è una ragazza di Maglie, laureata in Lettere Moderne, coltiva da sempre la passione segreta per la poesia, la narrativa, ma anche il giornalismo, la pittura e l’arte nel senso più ampio (da poco è anche editore, ha fondato le Edizioni Libere, e questa giunta nelle librerie del Leccese è la seconda opera edita, fuori collana). E quindi a sua volta, nella polisemicità, si identifica proprio col vino. Ha proceduto a una ricognizione dei versi dei grandi delle lettere d’ogni tempo dedicati a questa bevanda. Ecco allora “Versi (di)vini” (L’enoteca delle parole), pp.60, € 7. Un’idea premiata dall’interesse e il successo: il libro infatti è già alla seconda edizione.
La nascita del vino è sospesa tra storia e leggenda. E, come sempre per le grandi scoperte, fu il caso a mettere in moto la scintilla. Accadde in Asia, circa dieci secoli fa, dove qualcuno, sbadato, dimenticò in un bicchiere un grappolo d’uva. Che fermentò, dando così vita a un succo scuro che scalda le ossa e inebria la mente. Da allora il vino accompagna la storia dell’uomo, compare in tutti i frangenti della vita. Soprattutto nell’area mediterranea e presso le sue millenarie culture. Che gli dedicarono anche delle divinità: dal dio Dioniso dei Greci al Bacco dei Romani. E feste collegate, dai Misteri Eleusini ai Saturnalia.
Il vino è sinonimo di festa, di allegria, di buoni eventi. E attiva anche, sin dagli albori della civiltà, un’economia attraverso la produzione, la commercializzazione, l’export. Anche in Puglia, dove con la civiltà contadina i vigneti erano numerosi e sfamavano le famiglie che a questa coltura faticosa si dedicavano. Sino all’avvento dell’Unione Europea, che anni fa distribuì incentivi a pioggia per chi volesse espiantare le vigne, affinché il prodotto dell’Europa Continentale (la Francia per esempio) quotasse meglio sui mercati, e degradando in tal modo i vitigni che danno la malvasia al ruolo di “taglio” per i nobili vini del Nord. Il tutto senza che la classe politica meridionale, prona agli altrui interessi, aprisse bocca se non, come sempre, per lamentarsi quando s’è accorta della “truffa”.
E dunque, “Versi (di)vini”. Il libro (in copertina il “Bacco” del Caravaggio) è impreziosito dalle chine di Rossella, che cura anche il progetto grafico e l’impaginazione e dunque svela una potenzialità artistica multiforme. Il vino è il filo rosso che da secoli attraversa culture, usi, costumi, tradizioni, valori, sensibilità. Ma influenza anche lo sviluppo di tutte le arti: della poesia s’è detto, ma anche la musica e la danza intrattengono una relazione stretta, ontologica con la bevanda. Non solo, compare quando c’è da festeggiare un lieto evento, una vittoria, una conquista. Ma è anche l’antidoto a cui si ricorre per dimenticare le asprezze di una vita senza luce né gioia.
La Pulimeno ha scoperto che per i poeti simbolisti (da Charles Baudelaire a Stephane Mallarmè), il vino è stato un simbolo di trasgressione. Mentre, per la serie “in vino veritas”, il poeta Cecco Angiolieri si ubriacava per trovare il coraggio di attaccare la Chiesa e i potenti della sua epoca. “Il vino si fa testimonianza sincera della complessità delle esperienze umane – osserva la Pulimeno – assumendo di volta in volta toni e significati differenti, spesso contrastanti. Vino come evasione, confronto, gioia di vivere, condivisione, compagno di liti e invettive, elemento essenziale di ogni terapia. Vino come mitigazione del dolore, superamento della realtà, desiderio di oltrepassare confini materiali e mortali, rituale sacro o profano, sensualità, trasgressione, mistero e rivelazione, argine tra vita e sopravvivenza. Leggere una poesia sul vino è come stappare una bottiglia rara e preziosa: le sensazioni gusto-olfattive innescano intuizioni che il flusso di sostantivi, aggettivi, metafore, verbi, riprendono e dilatano per aprire passaggi segreti nell’universo del cuore. Nel vino pulsano le vene della terra, quel vigore e quella forza ciclica di generazioni di uomini e donne che l’hanno amata, piegata, spesso tradita”.
Dopo la libreria “Idrusa” di Alessano, il libro è stato presentato giorni fa anche a Salve (biblioteca di Palazzo Ramirez) alla presenza del sindaco, Vincenzo Passaseo, gli assessori Nicola De Lecce, Enzo Romano e Massimo Chirivì. La serata è stata organizzata dalla scrittrice Lara Savoia, le poesie sono state lette dalle attrici Elisa Maggio e Giustina De Jaco, della Compagnia teatrale “Salve in Scena” diretta dalla regista Antonella Oceano.
Francesco Greco