Al Carmine di Lecce
A cura di Giuseppe Arnesano
Di ritorno dall’entroterra salentino in questa domenica primaverile raggiungiamo il capoluogo di provincia. Proseguendo nel territorio cittadino da Viale Marche, continuiamo passo dopo passo lungo l’ottocentesco Viale Gallipoli.
Giunti nei pressi della Stazione Ferroviaria, il campo visivo, in precedenza coperto dalla prospettiva alberata, si dilata, ma ahimè attualmente, quel superfluo reticolo elettrico deturpa quella “romantica” visibilità che si mirava nelle modeste architetture civili,testimoni di un passato non più recente. Le fronde verdeggianti del principale rettilineo, ci guidano in direzione della chiesa e, tra pensanti e sospese maglie del desueto filobus, ci fa capolino quell’alta cupola del Carmine decorata a squame verdi e bianche. Percorrendo lo stretto e spigoloso gomito nella secondaria via Giuseppe Cino s’apre la caratterista Piazzetta Tancredi sito dell’elaborata Chiesa del Carmine.
Raggiunta la piazza antistante la chiesa, possiamo notare come l’elegante facciata è contenuta tra l’ala sinistra di un edificio civile e quella destra della nuova sede del Rettorato dell’Ateneo Salentino. La disposizione del sacro edificio rimanda alla concezione di una rocciosa scenografia teatrale scolpita nella malleabile pietra leccese che, presenta un imponente prospetto suddiviso in tre ordini e popolato da raffinate statue di santi, pilastri corinzi e frontoni arcuati, realizzati secondo un’aggiornata lettura dell’opera zimbalesca, voluta dell’architetto leccese Giuseppe Cino fra il 1714 e il 1717. Il primo ordine è caratterizzato dal portale finemente decorato e da un timpano curvilineo entro il quale una fiorita ghirlanda, sorretta da delicati putti, racchiude la rappresentazione della Madonna del Carmine. Ai lati del portale si aprono, quattro lussuose nicchie ospitanti due santi carmelitani come Sant’Angelo da Gerusalemme distinto dalla spada che lo trafigge e Sant’Alberto degli Abati, affiancati dai due profeti Elia ed Eliseo.
Il secondo ordine esibisce un grande finestrone centrale mastralmente lavorato e fiancheggiato da due nicchie presiedute a sinistra dalla statua di Santa Teresa d’Avila raffigurata con l’abito delle Carmelitane Scalze e il cuore trafitto, mentre a destra troviamo la Maddalena dei Pazzi, entrambe attribuite, insieme a quelle del primo ordine, a Mauro Manieri successore di Cino.
Il terzo ed ultimo ordine è articolato secondo volute mistilinee terminanti con un elegante frontone d’ispirazione classica. L’interno della Chiesa è caratterizzato da una pianta originariamente a croce greca, ma che attualmente presenta un corpo longitudinale ellittico innestato ad un transetto poco sporgente sul quale si apre un profondo coro. Lungo la navata affiorano tre cappelle per lato eseguite da Mauro Manieri tra il 1731 e il 1737 mentre, nel braccio destro del transetto è situato l’altare di San Francesco di Paola con statua in cartapesta del 1856 e altri due altari laterali fra cui quello di Sant’Anna, con tela raffigurante la Vergine col Bambino e quello dedicato ai SS. Anna, Giuseppe e Gioacchino. Nel braccio sinistro si può ammirare il pregevole altare della Purificazione della Beata Vergine Maria che ospita le statue in pietra degli Evangelisti, un’antica statua lignea della Vergine del Carmelo e una tela della Presentazione della Vergine al Tempio.
In merito agli interni Giulio Cesare Infantino legge al foglio 51 del manoscritto della Biblioteca universitaria di Lecce «Vi sono delle bellissime cappelle e sopratutto quella di S. Michele Arcangelo colla sua efficie di creta cotta e messa in argento che sembra di argento in pietra opera degno del signor D. Mauro Manieri, eccellentissimo nel modello ed architettura, il quale efficie viene ammirata da forestieri come un portento; ed opera dello stesso Signore Manieri è la statua della Vergine sopra l’altare maggiore».
Giuseppe Arnesano