Salta al contenuto

Un monumento per ricordare i deportati di Puglia in Crimea

Tempo di lettura: 3 minuti

Perseguitati da Stalin, venivano dal Barese. L’opera è di Antonio Sodo

Su di loro, implacabile, è calata la mannaia dell’oblio, forse della rimozione. Sono gli italiani – pugliesi, soprattutto – che a partire dalla prima metà dell’Ottocento cercarono pane e futuro in Russia, più precisamente nella penisola di Crimea (a sud dell’Ucraina, sull’istmo fra il Mar Nero e il Mare d’Azov). Deportati poi per volere di Stalin – siamo nel gennaio 1942 – in Kazakhastan. Figli e nipoti di italiani, benché ormai naturalizzati russi. Contadini e pescatori soprattutto. Bastò a perderli perché provenienti da un Paese schierato da Benito Mussolini contro l’Urss.

Lascia un commento

Castiglione, “Festival delle Migrazioni” tra Emigranti e Africans

Tempo di lettura: 4 minuti

Valige di cartone, pane e zucchero, cioccolata amara e camice bianche

Due sere intense dedicate alle migrazioni, topos d’ogni tempo dai Messapi agli Africans, che ridisegna paesaggi, contamina etnie, rafforza identità, irrobustisce radici. Ieri contadini, oggi laureati di 3a e 4a generazione. Simbolica la location scelta dall’Associazione culturale “Arturo Benedetti Michelangeli”: la stazione ferroviaria Sud-Est di Castiglione-Andrano (Le). Qui, a partire dagli anni ‘60, mogli e madri piangevano abbracciando mariti e figli diretti a Glarus (“Little Italy”), Ginevra, Parigi, e i bambini s’attaccavano alle gambe dei padri per trattenerli. Poi una littorina asmatica inghiottiva ragazzi magri che avevano già famiglia, valige di cartone piene di robe pulite e cose da mangiare: un po’ d’olio, qualche frisa, un bottiglione di vino (“quasi sempre si rompeva nel viaggio”), per annusare l’odore d’una terra “tumàra”, mai però considerata “matrigna”, amata anzi più nell’umida baracca affittata dal “padrone” ai muratori alla periferia di Zurigo che zappando i “cuti” dei “don”, gli avidi agrari al paese, col Piano Marshall che sviluppa il Nord e la riforma agraria che ossifica lo status quo.

Lascia un commento

Santa Maria di Leuca: storie di indulgenze, papi, pellegrini e di un santuario

Tempo di lettura: 5 minuti

Terra di sud, terra di sud, terra di confine, terra di dove finisce la terra”. Basterebbero queste poche parole della canzone “il Ballo di San Vito” di Vinicio Capossela per descrivere Santa Maria di Leuca, de Finibus Terrae, l’estremo fazzoletto di terra che si protende verso il mare che riflette e si mescola all’azzurro del cielo a tal punto da non poter più distinguere dove comincia uno e dove finisce l’altro. E il vecchio promontorio, testimone di eventi festosi e nefasti: dal naufragio dei primigeni della civiltà messapica agli attacchi di eserciti saraceni, l’arrivo di Santi Pietro e Paolo o delle flotte aree coinvolte nei conflitti mondiali.

1 commento

La “Sagra della Pasta Fatta a Casta” per l’Oratorio “Giovanni Paolo II” di Depressa

Tempo di lettura: 2 minuti

Depressa è ormai giunta alla X edizione della Sagra de “La Pasta Fatta a Casa – Sapori Antichi”, un evento che arriva a coinvolgere l’intero paese. Il fine di questa iniziativa era la costruzione dell’Oratorio “Giovanni Paolo II” per l’accoglienza e la formazione dei ragazzi e dei giovani della parrocchia.

Lascia un commento

“Il pane è stato il sogno della mia infanzia”

Tempo di lettura: 3 minuti

All’Alogne di Cursi per presentare il romanzo di Predrag Matvejevic: “Il pane è stato il sogno della mia infanzia” (Garzanti editore)

CURSI – “La mia infanzia è attraversata da un sogno: il pane”. Lo sguardo dello scrittore si riempie dei ricordi del passato, quando la guerra incendiò l’Europa dei nazionalismi feroci spingendola in un baratro limaccioso e il poco pane che si riusciva a trovare era nero, o verde di muffa. “Dacci oggi il nostro pane quotidiano…”, si pregava pe sfamare i bambini. Il padre, d’origine russa, era rinchiuso in un campo di lavoro nazista, il nonno e il prozio sepolti in un gulag staliniano dove la notte la temperatura scendeva a -40 e i prigionieri facevano a pezzi la pagnotta per non farsela rubare (Varlam Salamov in “Kolyma”): non torneranno più. Scene che fanno pensare a “Se questo è un uomo”, di Primo Levi (citato nel libro).

Lascia un commento

“Màngani” e “ffranca stangùria”, i due volti degli abitanti di Corigliano

Tempo di lettura: 3 minuti

Ogni comune del Salento ha tanto da raccontare, anche in relazione alle piccole cose che si perdono ormai nella routine quotidiana, in quel vortice di ovvietà che spesso porta l’individuo a non interrogarsi più sull’effettiva realtà e origine delle cose. Come ad esempio due semplici epitteti, mangani e ffranca stanguria, vocabili ormai triti e ritriti nell’area delle Grecìa Salentina, con i quali si è soliti indicare gli abitanti di Corigliano. L’utilizzo di queste espressioni ormai è patrimonio comune ma ben pochi ne conoscono il significato o le origini.

Lascia un commento