Le Grecìa Salentina ed il Griko
“Zeni esù en ise ettù ‘s ti Kalimera”
Questo è il messaggio inciso su una stele funeraria posta nei giardini pubblici di Calimera e vuol dire:
“straniera tu non sei qui a Calimera“
La stele è stata donata dal sindaco Di Atene per rinnovare una fratellanza che dura da secoli ormai, tra le due nazioni opposte rispetto al mediterraneo, L’italia e La Grecia. Questo particolare legame in realtà non comprende tutta la penisola ma solo nove piccoli comuni del basso Salento:Calimera, Martano, Castrignano dei Greci, Corigliano d’Otranto, Melpignano, Soleto, Sternatia, Zollino, Martignano. Questi comuni, che nel loro complesso formano quella che è definita la Grecìa Salentina, sono quelli che ancora conservano parte delle tradizioni, della lingua, degli usi e dei costumi degli antichi greci, che si insediarono in buona parte del capo di Leuca dall’adriatico allo iono.
Questa comunità, insieme all’isola linguisitca di Bovesia in Calabria, fa parte della minoranza linguistica greca Italiana, in quanto è particolamente diffusa, soprattutto tra gli anziani, un antica lingua, conosciuta come griko o grecanico. Questa lingua raccoglie uno o più dialetti di tipo neo-greco, residuato probabilmente di una più ampia e continua area linguistica ellenofona esistita anticamente nella parte costiera della Magna Grecia. I greci odierni chiamano la lingua Katoitaliótika (Greco: Κατωιταλιώτικα, “Italiano meridionale”).
Purtroppo però, l’istruzione di massa ha fatto in parte scomparire pian piano questa lingua tradizionale in alcuni comuni della stessa grecìa Salentina come a Calimera, Martano, Zollino, Corigliano, Martignano e Castrignano dei Greci nei quali risulta quasi sconosciuta. Non è un caso quindi che numerosi gruppi etnici salentini stiano investendo nella valorizzazione di questa antica cultura, con la composizione di pezzi, filastrocche e componimenti in lingua grica per poter riaccendere le radici greche del Salento.
Oggi non vi è più l’abitudine di crescere i figli nel dialetto griko: si cerca piuttosto di abituarli all’italiano sin da piccoli, preparandoli all’età scolare.Il griko per tanti è un ricordo poco piacevole di un passato di miseria, di emigrazione, ancora non del tutto lontano, ma da cui si è parzialmente usciti.Tutto questo è testimoniato da alcune antologie di componimenti popolari: un verso di un poeta contadino, tale Kokkaluto vissuto nella seconda metà dell’Ottocento, in poche parole riassume la fatica e la miseria del suo tempo:”Ce avri pao..ce rizze ce xorta ja zomi e’ nna fao” (E domani vado.. a mangiare radici ed erba per pane). Il griko, come se non bastasse, era in passato una discriminante per emarginare i poveri del paese e farsi beffe della loro vita da “cafoni“.Chi lo parlava era visto con diffidenza, come persona di cui non potersi fidare (esiste ancora oggi il detto popolare “guardati dai calimeresi, gente con due lingue e due facce”)
Eminenti studiosi di filologia per anni hanno dibattuto circa la “grecità” del griko, ovvero se si tratti di una lingua che risalga in modo più o meno diretto, considerando i naturali mutamenti, a quella dei coloni della Magna Grecia, approdati sulle nostre coste in età preromana; oppure se si tratti di un greco più moderno, risalente agli immigrati greci che popolarono le nostre terre nei cinque secoli di unione politica e di influssi culturali con Bisanzio (dal VI all’XI secolo).Il Rohlfs, uno studioso tedesco di filologia romanza che tra l’altro ha curato l’edizione di un vocabolario del dialetto salentino, sostiene che la Grecia Salentina sia da considerare una discendenza diretta dei coloni magnogreci: il griko del Salento appare sicuramente affine a quello che si parlava in Grecia prima della conquista turca e ancora oggi il griko parlato a Soleto e il greco di Atene evidenziano diversità minori di quelle che emergono tra il dialetto di Lecce e quello di Bari.Ovviamente se si volesse comparare il griko con il greco classico di Platone, non lo si giudicherebbe più “contaminato” di quanto lo siano i dialetti ellenici diffusi oggi nelle isole di Creta o di Rodi.Ma indubbiamente sono da considerare tutti figli legittimi della lingua magnogreca.Il griko, anzi, conserva meglio tanti elementi arcaici, più di quanti se ne trovino nelle parlate locali in Grecia.
Numerose restano le testimonianze pervenute fino a noi della dualità del gemellaggio tra le due culture: tre Codici greci dei secoli XIII-XIV, provenienti da Martano e acquistati dalla Biblioteca Ambrosiana di Milano, ci confermano storie di secoli in comune; la doppia incisione in italiano e greco della parola Dio sul portone della chiesa Madre di Melpignano; numerose chiese costruite in periferia rispettando il rito greco e ancora aperte al culto.
Con l’avvento del feudalesimo però, il rito e la cultura cattolica si imposero con “prepotenza”, anche se non ci furono soppressioni, per risultare in un totale assorbimento del culto e degli ordini monastici greci in quelli preesistenti, soprattutto in quelli francescani e domenicani.
La piccola comunità ellenica deve compiere ancora una grande sforzo per non vedere dissolversi nel nulla secoli e secoli di storia che ne hanno forgiato le fondamenta. Numerosi sono anche i tentativi da parte di comuni limitrofi e non ellenofoni, per aderire all’Unione dei Comuni della Grecia Salentina.La spiegazione di questo paradosso?Diventarne paesi membri significa poter usufruire di cospicui finanziamenti da parte dell’Unione Europea…si può ridurre tutto sempre e solo ad un’argomentazione di stampo economico?
Marco Piccinni e Enrico Troisio
BIBLIOGRAFIA
Tuttocittà, la città sorride – Lecce 2008
Puglia – istituto italiano edizioni Atlas (1982)
SITOGRAFIA
-Wikipedia: Magna Grecia, Minoranza linguistica greca d’Italia;
–Salento Griko
veramente interessante,grazie
Potreste girare un video col titolo Il mio grosso grasso matrimonio griko perché la minoranza ellenofona sia nota ovunque non solo in Salento