EVENTI. Papa Francesco a Alessano: “Don Tonino? Profeta di speranza”
ALESSANO (Le) “Lo auspichiamo ardentemente…”, aveva detto il Vescovo della diocesi di Ugento-S. Maria di Leuca, Monsignor Vito Angiuli. Tema: la causa di beatificazione di don Tonino Bello. Ma da Papa Francesco nessuna news, e forse non poteva che essere così.
E’ uno degli aspetti prevalenti di una giornata radiosa, storica: un’ora e mezza di grande pathos popolare, in cui i cammini del vescovo pugliese “artigiano di pace” e del Papa “venuto da lontano” si sono intrecciati nella preghiera mesta su un sepolcro scavato nella nuda terra.
E’ notte alta quando il popolo di Tonino (“gli invisibili”, autodefinizione) già affolla Macurano, la mitica area archeologica sulla via per il mare di Novaglie (Adriatico): qui c’è il Cimitero che guarda il Castello dei Baroni Romasi di Montesardo.
La giornata è bella, l’aria trasparente, pura, proprio come quel giorno di 25 anni fa: corsi e ricorsi. La primavera è esplosa nei colori, profumi, odori. Tra le foglie nuove sussurra una leziosa tramontana unta di sale e fra la gente si coglie un mood inafferrabile, come una prossimità col mistero, di un estenuato abbandono a un abbraccio rassicurante, ma anche di incredulità: un Papa in queste terre povere e desolate, “avare e sitibonde”, dove regna il silenzio dei gechi e la sapienza dei ragni e da secoli si parte per una sorte meno matrigna di quella scritta per noi che ci siamo nati. Dna barocco, prismatico.
Saranno 30mila, il sole è già caldo, sguardo al cielo luminoso, orecchie tese a percepire il ronzio, il Papa arriverà da nord. Alle 7 e 25 un falso allarme: c’è un elicottero, la gente si zittisce, ma non è Francesco. Il coro di Alessano (diretto dal maestro Sergio Filippo) dà il meglio del suo repertorio, don Stefano Ancora distilla i minuti con filmati e citazioni (“Non armarsi, ma amarsi…”. Un giorno andò dal Papa polacco e disse: “Sono venuto a trovare Pietro”, e Giovanni Paolo II: “Un giorno Pietro verrà a trovare te…”).
Nel parterre la maestra Carolina Schillaci, vedova dello storico Antonio Caloro (amico di don Tonino) e il chirurgo Luigi De Blasi: 2 settembre 1992, operò il tumore assassino.
Reduce da una veglia di preghiera, don Luigi Ciotti riempie l’attesa: “Mi colpì la sua umiltà e semplicità, il sorriso disarmante. Ricordo la sua amarezza quand’era combattuto all’interno della Chiesa… Si impegnò per la liberazione dell’uomo e la pace. Il Papa va a pregare sulla sua tomba perché egli è
vivo”.
Piccolo ritardo sul programma. A Galatina l’aereo arriva alle 8 e 32, alle 8 e 44 l’elicottero bianco appare sul cielo di Macurano (agro di Montesardo), sfavilla sulle nostre teste. La folla è colta da un fremito, c’è chi piange per l’emozione. Un’energia dolce si posa su quest’area dove 50 anni fa c’era una vigna di uve dolcissime (Bianco d’Alessano il vitigno autoctono).
All’entrata nord del Cimitero, il Vescovo e la sindaca Francesca Torsello salutano l’ospite. Più formale il primo, emozionata la seconda che gli sussurra qualcosa, un “grazie” per il “dono” che potrebbe cambiare le vite e il futuro di questa terra “finestra di speranza sul Mediterraneo” (il Papa) antica e fiera, babele di popoli, confessioni religiose, contaminazioni, sedimentazioni all’ennesima potenza.
Il vento fa volar via la papalina, qualcuno la raccoglie, accadrà anche sul palco. Papa Francesco ha in mano una corona di fiori, la depone sulla tomba (realizzata dall’ing. Agostino Laganà) e mentre il vento fruga fra gli ulivi e agita le bandierine “pace”, prega emozionato, assorto. La folla tace, la sosta orante dura 10 minuti, poi l’applauso. Palloncini colorati riempiono il cielo come alle feste di paese. I maxischermi qui a “Frisi” danno il saluto ai famigliari in attesa tra i viali, i fratelli, Marcello e Trifone, il presidente della Fondazione Giancarlo Piccinni e la moglie Tiziana Campanile, ecc. Lo zoom di Tv2000 trova la sindaca commossa.
Confida Trifone Bello (fratello minore): “E’ un bel giorno, per lui e per tutto il paese”. “L’ho visto molte volte a Roma, ma qui, nella nostra terra è più bello”, dice una signora. “Quanta gente ha mosso don Tonino…”, sorride Luigi Nicolardi, ex sindaco. “Speriamo che per Alessano sia un inizio…”, afferma Francesco Marzo (Casa della Pasta Fresca). Aggiunge Antonio I. Piscopello, direttore della Biblioteca Comunale Antonio Caloro: “Don Tonino era un grande comunicatore, stavi ore ad ascoltarlo, non metteva soggezione…”. Ognuno ha un ricordo, un aneddoto, un incontro che ha cambiato la sua vita.
Il vento afferra la mantellina del Papa mentre in tempo reale i whats-app scagliano le foto in tutto il mondo. Giungono anche nei villaggi dell’Africa dove vivono quelli più “ultimi” di noi, e dove don Bello (che era Terziario Francescano) ha dato il nome a molte missioni.
Sono le 9 quando Bergoglio appare sull’entrata principale, sale sulla papamobile, imbocca via Macurano. Sul palco si ferma davanti al quadro della Madonna di Leuca (lo ha portato in dono per la Basilica omonima). “Grande è la nostra gioia, oggi è un giorno memorabile – esordisce Angiuli – questo evento lascerà un segno indelebile nella nostra storia”. Poi le criticità di questa terra: “Il flagello della xylella, il mare che vorrebbero deturpare, il lavoro che manca, l’immigrazione…”.
Francesco ascolta attento, conosce il peso delle parole. “Sono pellegrino in questa terra che ha dato i natali a don Tonino Bello, e che egli ha seminato…”. Parla per 15 minuti. Di Chiesa “non mondana ma nel mondo”, di “Mediterraneo non arco di guerra ma arca di pace”, di “poveri ricchezza della Chiesa”, di uomo, lavoro, dignità, giustizia sociale, di “guerra che causa la povertà, povertà che causa guerre”. Don Tonino? “Un testimone, dono e profeta dei nostri tempi”, “innamorato di Dio, appassionato dell’uomo”, “allergico a titoli e onori, si liberava dei segni del potere per coltivare il potere dei segni”.
Non c’è bisogno di decodificazioni né metafore: solari le sovrapposizioni fra i concept dell’uno e l’altro.
Poi lo scambio di regali, il saluto dei sacerdoti (don Gigi Ciardo, parroco di Alessano, commosso, don Giuseppe Martella, ecc.), i disabili, i vecchi, i migranti, i bambini, i selfie con la gente di un Papa che ha abituato all’improvvisazione.
Alle 10 e 15 risale sull’elicottero, vola verso Molfetta.
Da domani tutto sarà nuovo, diverso, una sorta di anno zero, incombono “grandi responsabilità” ebbe a dire Angiuli il filosofo (“Dopo non c’è il nulla…”) che ama il creato. Si apre un file pregno di sfide. Nel nome di questo prete di paese, nato a “Finibus Terrae” (Janua Coeli), terra “tumara” (arida), che aveva il dono della parola profetica, onirica (“parlava in trance”, ebbe a dire Monsignor Michele Mincuzzi, arcivescovo di Lecce, al suo funerale a Alessano), che se n’è andato ancora giovane (1935-1993), nel vigore delle energie fisiche e intellettuali, dopo aver detto parole importanti, cui ha ridato semantica ripulendole dai relativismi, che hanno toccato il cuore di tanti, folgorato le menti, spesso cambiato i percorsi delle loro vite.
Piaceva ai credenti e ai laici, finanche agli scettici, che condividevano le sue passioni, coltivavano le sue utopie: si era inventato una koinè originale, fascinosa e magmatica, incantata, sintonizzato col respiro della Chiesa Universale, le ansie e le speranze dell’uomo di oggi e di domani. Aveva avuto intuizioni, visioni scagliate nel tempo, con cui – pur nella breve parabola – è riuscito a fecondarlo, incuriosendo gli uomini di buona volontà, al di là di fede, etnia, ceto sociale. Aveva la sua password originale, un algoritmo segreto.
Era di poche parole, un pò Peter Pan, amava la vita (suonava la chitarra e la fisarmonica, tifava Juventus, gli piaceva il mare). Faceva sentire tutti unici (“personalizzava i rapporti”, dice don Gigi, forse l’uomo che lo conosceva meglio), e ha incuriosito un Pontefice per la solarità e la fragranza della sua parola: l’immagine della “Chiesa del grembiule”, “ospedale da campo”, “l’etica del volto”, dev’essere piaciuta a questo Papa che pure viene da terre lontane e aspre come le nostre, dalla “fine del mondo”. Chissà, anche per questo ha deciso di affacciarsi al balcone di “Finibus Terrae”.
20 aprile 2018, un venerdì di primavera: si chiude una pagina, si passa alla successiva nel grande libro della Storia dell’uomo e dell’umanità. E, a ben vedere, se Madre Teresa fu “la matita nelle mani di Dio”, don Tonino potrebbe essere la penna, di quelle ordinarie, però, che costano poco ma con cui si possono scrivere grandi capolavori.
Francesco Greco