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Lequile: nel cuore della “Cupa”

Questa domenica girovaghiamo a “valle” e precisamente percorriamo il territorio della “Valle della Cupa” per raggiungere il centro cittadino di Lequile. Situato in quella pianura che circonda il capoluogo leccese,caratterizzato da un esteso avvallamento carsico e conosciuto fin dalla metà degli anni quaranta del seicento con il nome di “Cupa” , la nota località venne da sempre frequentata dalla nobiltà cittadina dei secoli scorsi che si rifugiava per trascorrere la stagione estiva.


Le origini del borgo risalgono tradizionalmente all’epoca dei romani, allorquando il centurione Leculo si stabilì in questa zona, edificando inizialmente il nucleo di una villa residenziale dal quale sarebbe sorto successivamente il primo villaggio; e ad avvalorare questa supposizione, notiamo che il gonfalone comunale presenta: «Lo stemma del comune di Lequile raffigura l’emblema del casato di Leculo: ovvero l’immagine dell’aquila imperiale, che rievoca la sua antica origine romana». Un’altra ipotesi,invece,associa il nome “Lequile” al simbolo dei legionari che si insediarono in questo suolo pianeggiante, perciò dall’emblema “Le aquile” si passò a “Lequile” a seguito del troncamento della vocale “a”.

La cittadina devota a San Vito ha omaggiato il “protettore” in più occasioni ad iniziare dalla piazza principale sede del sobrio palazzo comunale, corredato dallo storico Palazzo dei Principi di Saluzzo e soprattutto luogo dove s’alza un’elegante guglia barocca eseguita per mano dello scultore locale Oronzo Rossi nel 1694 e realizzata in pietra leccese. La guglia a pianta piramidale termina con la statua del Santo patrono e, nel complesso,forma e struttura del monumento richiamano alla concezione architettonica del Barocco napoletano.

Lasciando alle spalle Piazza San Vito e proseguendo lungo l’omonima e sinuosa via,dopo qualche metro s’intravede una raffinata silhouette dalle linee ondulate, e più avanziamo più emerge il contrasto di forme e volumi definite dal gioco della luce. Giunti all’incrocio del “trivium” spicca su di una base ottagonale un alto plinto, raffigurante sui quattro lati l’immagine dell’aquila reale e sopra di esso vi è collocata una colonna votiva, sovrastata dalla statua della Madonna che dirige il suo sguardo in direzione della barocca Chiesa di San Vito edificata con un impianto a croce greca tra il 1661 ed il 1670 dal progettista Salvatore Miccoli.

Il prospetto principale si compone di un ordine inferiore,caratterizzato da uno zoccolo che funge da base per le quattro lesene terminanti con capitelli corinzi legati fra loro da ghirlande di frutta e due nicchie vuote fiancheggianti il portale centrale, il cui timpano triangolare è sormontato dalla statuetta di San Vito. L’ordine superiore comprende quattro pilastri che racchiudono due nicchie all’interno delle quali sono collocate le statue dei Principi degli Apostoli, San Pietro da un lato e dall’altro quella di San Paolo. Nella zona centrale si può ammirare il finestrone dalle eleganti cornici sagomate, al di sopra del quale campeggia il cartiglio con la dedica voluta dal popolo lequilese al suo patrono: D.O.M. DIVO PATRONO LEQUILENSIUM PIETAS AUGUSTIUS INSTAURAVIT A.D.1670.

Chiesa di San Vito (Fonte: Wikipedia)

Chiesa di San Vito (Fonte: Wikipedia)

Il prospetto termina con un frontone semicircolare finemente abbellito da una balaustra che delimita il perimetro di tutta la terrazza, da ultimo come coronamento si erge la maestosa e variopinta cupola ricoperta da una moltitudine di ceramiche policrome.

Giuseppe Arnesano


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