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“Il pane è stato il sogno della mia infanzia”

All’Alogne di Cursi per presentare il romanzo di Predrag Matvejevic: “Il pane è stato il sogno della mia infanzia” (Garzanti editore)

CURSI – “La mia infanzia è attraversata da un sogno: il pane”. Lo sguardo dello scrittore si riempie dei ricordi del passato, quando la guerra incendiò l’Europa dei nazionalismi feroci spingendola in un baratro limaccioso e il poco pane che si riusciva a trovare era nero, o verde di muffa. “Dacci oggi il nostro pane quotidiano…”, si pregava pe sfamare i bambini. Il padre, d’origine russa, era rinchiuso in un campo di lavoro nazista, il nonno e il prozio sepolti in un gulag staliniano dove la notte la temperatura scendeva a -40 e i prigionieri facevano a pezzi la pagnotta per non farsela rubare (Varlam Salamov in “Kolyma”): non torneranno più. Scene che fanno pensare a “Se questo è un uomo”, di Primo Levi (citato nel libro).

Lo scrittore Predrag Matvejevic è a Cursi, nel cuore di pietra dolce del Salento terra di fame e sete, sotto il pergolato di uva Gesualemme del “Giardino di Alogne” (parola catalana: vuol dire , ), un luogo delizioso appena restaurato da Daniele Lanzilotto, architetto, creatore di ambienti, e rimasto intatto con le stanze di calce bianca dove si respira il tempo andato e tutto è genuino e vero come appena ieri, i sentimenti su tutto. L’idea fu del padre 81enne e i fratelli Lanzilotto (oltre a Daniele, Giovanni), con mogli e figli lo mandano avanti offrendo ai turisti il meglio in vino e cibi del territorio. A Cursi sono nati Oreste Macrì, grande ispanista che visse a Firenze, e Michele De Pietro, costituzionalista e primo Ministro di Giustizia dopo l’ultima guerra (1948).

La sera è dolce e senza vento, il pubblico del piccolo evento è in prevalenza di ragazze, la cucina spande odore di cose buone, pane che cuoce e s’indora, il morbido tepore dell’amicizia e della convivialità (ci sono anche un ragazzo nero e una ragazza slava), il piacere sospeso di stare insieme sotto un cielo buio e condividere, dilatare un’emozione. Lo scrittore-cult è nato a Mostar (Bosnia-Erzegovina), da anni è in stand-by per il Premio Nobel e presenta “Pane nostro” (Garzanti), romanzo uscito l’anno scorso dopo un’incubazione di oltre dieci anni, accolto con l’affetto di sempre da critica (“Rivela le sorprese del più comune degli alimenti”, Paolo Mauri, “La Repubblica”; “Quella del pane è una grande storia, ricca di sapienza e di poesia, d’arte e di fede”, Aldo Grasso, “Corriere della Sera”) e pubblico. Alcuni brani del libro sono stati letti, con grande pathos, dall’attrice Alessandra De Luca.

Dal 1994 vive a Roma, è professore di Slavistica alla “Sapienza”, nominato “per chiara fama”. Lo scrittore è persona modesta, frugale, rispettoso delle parole: usa solo quelle davvero essenziali. Anche qui è la sua grandezza. Dunque, il pane quotidiano: oggi manca a oltre un miliardo di persone, e le previsioni sono nere, entro 25 anni le cose peggioreranno: saremo 8 miliardi e a oltre 2 mancherà. Non pare che i potenti della Terra se ne angustino tanto…

Domanda: Professor Matvejevic, nel suo libro si fa un apologo della mollica…

Risposta: “Nelle antiche civiltà, quando già a 40 anni si restava senza denti, la mollica era preziosa, per la ragione che la scorza non poteva essere mangiata. Nelle prigioni però il pane era così scarso che anche la crosta era preziosa”.

D. Perché il pane ebraico è azzimo?

R. “Gli Ebrei dovevano fuggire dalle truppe del Faraone, quindi non c’era il tempo per farlo lievitare. Per questo l’ostia cattolica si fa senza lievito. I pittori però, nelle loro opere (penso all’Ultima Cena di Leonardo), ci sono riusciti”.

D. Perché da bambini le nostre madri ci sgridavano se mettevamo il pane all’inverso? Dicevano che era peccato, come mettere Cristo a testa in giù…

R. “E’ una caratteristica delle culture molto severe. Prima quando il pane cadeva, la gente lo baciava e poi lo mangiava. Si conservava sempre in un luogo nascosto, appartato”.

D. Quale pane ama di più?

R. “Quello siciliano e sardo su tutti. Ma i Francesi sono il popolo che ha sviluppato di più la cultura del pane, a cui han dato varie forme”. D. Questo cibo antico è affollato di semantica: qual è il significato più pregnante?

R. “Il pane dà anche la misura dell’ospitalità: quando a casa di Abramo arrivano i forestieri, egli chiede alla moglie Sara di mettersi subito a fare il pane. Ma riflettiamo anche sul significato che ha per i mendicanti, ma anche sul rapporto che ha con i cinque sensi”.

D. A chi è dedicato questo bellissimo libro?

R. “Ai poveri di tutto il mondo, che sono la maggioranza, e che in futuro avranno sempre più fame”.

foto di Fernando Bevilacqua: Predrag Matvejevic a Cursi

Francesco Greco


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