Cronaca di una serata a Palazzo Comi
Palazzo Comi non è una semplice residenza nobiliare di metà XIX secolo. La facciata, dallo stile architettonico armonioso e lineare, cela un luogo intriso di storia e cultura, letteratura ed umanità.
La Casa di Girolamo Comi chiude a meridione una piazza, oggi intitolata allo stesso poeta, grande quasi quanto il paese. Un giardino cinto da una bassa siepe, qualche agrume, una palma ad alto fusto e un mezzo busto colpevolmente senza targa identificativa, proteggono da sguardi indiscreti l’ingresso poco monumentale del palazzo.
Due bar, uno di fronte all’altro, perpetuano la memoria dell’illustre concittadino nelle loro insegne: Bar Comi uno, Bar-one l’altro, così come il poeta veniva chiamato dalla gente di Lucugnano in virtù di radici nobiliari che tuttavia non amava esibire. In paese lo chiamavano anche lu signurinu, per il suo status di unico maschio tra cinque figli.
Un castello con alta torre, adornato da un’elegante merlatura rinascimentale, appartenuto alle più influenti famiglie salentine (Capece, Scanderberg e Castromediano), fa da cornice alla suggestiva piazza che appare immortalata in una fotografia di inizio secolo scorso, se non ci fossero le automobili al posto delle carrozze e dei traini.
La descrizione della poetessa salentina Rina Durante, in occasione della sua prima visita a Casa Comi, rende perfettamente l’idea dell’aria che si respirava a Lucugnano nella prima metà del ‘900: “Tra le pagghiare e le pietraie, si sentiva solo il frinire delle cicale, poi neppure più questo, come se il mondo cominciasse da quel punto a finire. Si entrava in un altro paesaggio in cui i segni umani ed economici scomparivano del tutto e la natura era un vuoto minerale, aspro e desolato. […]. Gli interni erano ancora più rispondenti al paesaggio, di una semplicità disadorna: mobili di legno nudo, di stile francescano, cui la diuturna cura di generazioni di servi aveva conferito un’opaca lucentezza; volte a stella, grandi arazzi di fiocco leccese alle pareti e quadri rinascimentali, còtime di terracotta ovunque con la raffigurazione dell’ulivo, simbolo della casa editrice; pavimenti in mosaico che richiamavano quello di Otranto. Ogni cosa concorreva a un effetto di rustica raffinatezza e andava a sigillare per incanto il paesaggio che avevamo attraversato”[1].
Una scalinata consunta dal tempo e dal calpestìo conduce al primo piano. Al termine della rampa fanno bella mostra di sé i mezzi busti seri e severi di Pagano e Bodini, posti uno accanto all’altro a memoria degli antichi fasti letterari della casa. Le stanze si presentano, a primo impatto, fredde e spartane. Il colore predominante è il giallo, che accomuna cromaticamente – in perfetta simbiosi – le pareti ai volumi, ai manoscritti rari e alle lettere (alcune di Ungaretti e Montale) conservati negli scaffali di legno massiccio, ottimo cibo per i tarli che in questi ambienti la fanno da padroni.
È questo il contesto che ha accolto, sabato 1 dicembre, un evento che rimarrà nel cuore di chi lo ha voluto e vissuto: la presentazione del libro “Volti di Carta”, di Raffaella Verdesca.
La sala di rappresentanza, gremita fino all’ultimo ordine di posti, è stato lo scenario ideale che ha dato vita alle venti fotografie rinvenute per caso in un vecchio baule, da cui l’autrice ha tratto spunto per “tessere” i racconti del volume come in un ricamo.
“Storie di Donne del Salento che fu” sono state vissute anche a Casa Comi: basta ammirare gli enormi arazzi tessuti da abili mani di donne (cugine del poeta) e chiedere agli anziani del paese notizie su Tina Lambrini, governante e moglie di Comi nei suoi ultimi anni di vita, che i lucugnanesi amavano come una figlia della loro terra (era di origini lombarde) e consideravano “gran lavoratrice che non si vergognava nemmeno di zappare il giardino”[2]. Oppure c’è chi si ricorda di Natalia Perrone, la giovane e graziosa fanciulla che aiutava Tina nelle faccende domestiche, che si racconta sia stata la musa ispiratrice di una delle più belle poesie di Comi (“Piccolo idillio per piccola orchestra”, Lucugnano 1954).
La serata, introdotta dall’intervento del sindaco di Tricase Antonio Coppola e magistralmente condotta da Giuliana Coppola, scrittrice e giornalista, entrambi cresciuti a Palazzo Comi, è stata allietata da tre splendide voci femminili (Deborah De Blasi e le due signore di Borgagne) che hanno contribuito a rievocare con i loro canti i racconti e le atmosfere descritti “come un affresco del Salento” nelle pagine del volume. Giustina De Iaco ha dato voce alle protagoniste di alcune storie.
Un rinfresco, infine, è stato offerto agli ospiti e ai convenuti in ricordo della generosità di Comi, nella grande sala da pranzo utilizzata dal poeta nelle grandi occasioni conviviali, con le delizie preparate accuratamente da Tina e dalla cuoca di famiglia Addolorata Baglivo, rigorosamente a km 0.
Raffaella Verdesca, di ben radicate origini salentine, ha ammaliato ed emozionato la platea entrando – con questa sua opera di raccolta di memorie sopravvissute all’oblio – a pieno titolo nell’Olimpo degli autori salentini contemporanei, suggellando un ideale legame con i poeti e scrittori che a Palazzo Comi erano di casa: Vittorio Bodini, Vittorio Pagano, Maria Corti, Alda Merini, Michele Pierri e Alfonso Gatto, che alla Casa del poeta di Lucugnano, dedicò questa lirica:
“Nel silenzio e nella calma della tua casa
anche le parole non fanno rumore, vengono
da lontano. fermano l’anima, a deciderla.
a specchiarsi. Così sul paesaggio di
questa terra, la luce – per troppa luce –
non è più luce, ma la reliqua di
un evento, la rovina di un ordine.
Forse lasciammo il nostro gesto, un
giorno: forse vediamo quello che
abbiamo creduto di vedere.
Questa è la casa della tua poesia, caro
Girolamo Comi: e io so di che timbro,
di che squillo, è lo specchio della tua
parola.
Ho mangiato assieme a te e ho
trovato, dopo notti d’insonnia, un’ora
di pace nel tuo letto. Perché nella
tua casa non c’è paura, anche le
ombre sono amiche”.
[1] Rina Durante, Gli amorosi sensi, pp. 21-22, Lecce 1996.
[2] Girolamo Comi. Uomo di ogni giorno, a cura di Indino C., Minerva E., p. 25, Gallipoli 1990.
ricordo i bei articoli che il Professor Valli scriveva, con passione e trasporto, in occasione delle feste natalizie sul giornale la Fera che veniva dato, ai visitatori, in occasione della fiera di Santa Lucia a Lecce.