Lo spettatore che partecipa alle rappresentazioni di P40 è immediatamente coinvolto dalle sue canzoni (la voce), dalla musica (il suono) e dalle movenze del corpo, che sembrano dettate dall’improvvisazione ma che in realtà affondano – forse inconsapevolmente – nella tradizione delle rappresentazioni teatrali plebee, popolari, non letterarie. Nello stesso tempo i suoi testi fanno riferimento a situazioni tipiche degli usi e costumi popolari, per es. alla frequentazione del mercato, come luogo del commercio minuto di prodotti locali, e della piazza, luogo di frequentazione pubblica dove si discute di tutto. La rappresentazione scenica popolare – come si sa – manca di canovaccio, mentre l’improvvisazione e la vivacità del dialogo, infarcito di battute licenziose, grasse e argute, mettono a proprio agio lo spettatore ed anzi egli ne diventa quasi protagonista, immedesimandosi nelle vicende rappresentate in scene esilaranti e per lo più risolte, nella loro drammaticità, con trovate geniali e scrosci di risate liberatorie.
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Sarà presentato a fine novembre, a Miggiano, il volume “Il culto dei Sette Elementi Cosmici e la rutta di Miggiano”, a cura di Luigi Carbone (presidente dell’Associazione socio-culturale “Medianum – Terra di Mezzo”), edizioni Dell’Iride.
Lascia un commentoSan Martino… chi era costui? Cosa crediamo di sapere davvero sulla figura di un Santo divenuto importantissimo nell’Europa occidentale? Al secolo Martino di Tours, festeggiato l’11 Novembre, il cavaliere romano che donò metà del suo mantello ad un povero mendicante che gli rivelò successivamente in sogno di essere Gesù Cristo divenne rapidamente simbolo di grazia, bontà e carità in tutto il mondo cristiano e non. Quella stessa mantella, la cappa, ricongiuntasi con la sua metà recisa, venne considerata alla stregua di una sacra reliquia, conservata in una stanza dalla quale prese il nome, “cappella“, e sorvegliata da un “cappellano.”
Lascia un commentoAlessano è, storicamente, uno dei topos fenomenologici e antropologici più semanticamente affollati del Salento. Curioso, intrigante, originale. Da sempre c’è una borghesia illuminata delle professioni e l’impresa (negli anni ’50 del Novecento i Torsello – il nonno di Kash rapito dai talebani nel 2007 – aprirono la fabbrica del ghiaccio e il cinema “Arcobaleno”), che tuttora, sebbene in termini relativizzati, sopravvive.
Lascia un commentoUn anno fa, il 21 ottobre 2010, si spegneva nella sua casa di Cutrofiano, un paesino del Salento, a sud di Lecce, il grande aedo Ucciu Aloisi. La sua storia è narrata dai mille concerti tenuti in tutte le piazze del sud, in ogni sagra o festa paesana, quando si presentava l’occasione di cantare le gesta non dei grandi eroi, ma delle fatiche inenarrabili dei contadini, della povera gente che si sforzava di riuscire a vivere e che trovava solo nel ritmo irrefrenabile, cadenzato delle canzoni, la vaghezza di perdersi, quel sollievo necessario a sopportare le sofferenze, la rudezza tipica della vita popolare. Ma non di meno colpivano anche, nelle espressioni e nelle immagini dei suoi testi, il calore e la passione di uno sguardo, di un amore fugace, così come l’invito a danzare ritmi forsennati, il piroettamento senza fine delle tarantate, portate alla cronaca antropologica da Ernesto De Martino nel suo celebre saggio “Sud e magia” del 1952.
Lascia un commentoUna stele di pietra infissa verticalmente nel terreno, un cartello turistico che indica la presenza di un “attrazione” per il visitatore, un pannello illustrativo che descrive cosa si sta osservando. Sono tutti indizi che indicano la presenza di un menhir, un “monumento” litico dalle origini ancora non propriamente definite che spesso, nei libri di storia, si trova in compagnia del dolmen, una struttura decisamente più complessa e dalle molteplici funzioni. Cosa rappresentino in realtà e da chi siano stati eretti nessuno può dirlo con certezza ma vi sono numerose teorie in proposito.
3 CommentiTutti “pacci per i porci”: la devozione del maiale a Muro Leccese tra santi e beffe e “lu porcu meu”
“Porci“, ossia maiali, è il soprannome che è stato assegnato agli abitanti di Muro Leccese da parte delle popolazioni limitrofe. Come abbiamo avuto modo di dire in diversi contesti, nel Salento vigeva la tradizione di indicare famiglie, categorie di lavoratori e anche interi comuni con dei soprannomi, alcuni più simpatici, altri più ingiuriosi, ma tutti provenienti da aneddoti legati alla storia del nucleo di persone in oggetto o, molto più spesso, ad aneddoti legati a singoli individui facenti parte di una comunità ben più numerosa.
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