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I luoghi della memoria – Escursione a passo lento da Macurano a San Dana

Era intitolata I luoghi della memoria. Escursione a passo lento sui sentieri degli antichi Pellegrini l’escursione svoltasi lo scorso 2 giugno, che ha portato un centinaio di moderni Pellegrini in uno splendido paesaggio caratterizzato da tratturi, pajare, muretti a secco ulivi e fichi d’india, tra la zona industriale di Tricase e le campagne di Castiglione d’Otranto.

È stato sufficiente percorrere pochi metri della via dei Pellegrini per rendersi conto dello scempio che sarà perpetrato dai promotori dell’opera più golosa mai realizzata nel Capo di Leuca negli ultimi 20 anni. E questo nonostante i vani tentativi di responsabilizzare la classe politica Pugliese che, più delle altre, asserisce di voler tutelare il paesaggio, le risorse archeologiche e le bellezze tipiche, definendole addirittura le fabbriche del futuro.

L’incontro e l’accordo del 3 marzo 2011 fra Vendola e Fitto e la recente e inaspettata decisione dell’Amministrazione Regionale di schierarsi contro il ricorso al T.A.R. degli espropriati a fianco della Provincia di Lecce hanno sancito la vittoria delle lobby sugli ideali e ha definitivamente smascherato chi si traveste per motivi evidentemente elettorali da Masaniello e si scopre Borbone.

La passeggiata di domenica 9 ottobre, organizzata dalle associazioni Archès e Gaia – da sempre sostenitrici del Comitato 275 – ci porterà a spasso per i luoghi che potrebbero essere messi in pericolo dall’inutile e dannoso progetto di distruzione di massa, ossia la costruzione della strada che dovrebbe servire le “fiorenti” zone industriali del Capo di Leuca, nonostante lo sviluppo industriale del territorio sia morto e sepolto.

Si tratta della seconda tappa che ci permetterà, in questo caso, di scoprire il fascino millenario di insediamenti scavati nella roccia e paesaggi incontaminati caratterizzati da uliveti secolari, di ammirare splendide opere d’architettura rurale come le pajare e le liame, di percorrere antiche carraie e meravigliosi sentieri incastonati tra le falesie della Serra. E, inoltre, ruderi di fattorie romane, cripte e chiese bizantine, la fauna che attende il lungo letargo invernale, ramarri, biacchi, cervoni, farfalle dalle mille sfumature, tutto immerso nei profumi e nei colori della flora autunnale.

Noi non possiamo permetterci di “sacrificare” questa ricchezza, i nostri figli non ce lo perdonerebbero, ed è per questo che non ci arrenderemo mai, andremo avanti con la resistenza attiva e faremo di tutto per impedire questo scempio.

Percorso 2. Insediamento rupestre di Macurano (Alessano) – Cripta di Santa Apollonia (distanza: 5,3 km circa)

L’itinerario si snoda dall’insediamento rupestre di Macurano, tra Montesardo ed Alessano, che sarà lambito ad est dalla strada a quattro corsie. Ubicato lungo la direttrice che collega Alessano alla marina di Novaglie, si tratta di un luogo simbolo della cultura dell’olio, per la presenza di due frantoi ancora utilizzati: trappeto Sauli e trappeto Santa Lucia.

Complesso di Macurano - grotte minori

Il villaggio rupestre di Macurano fu abitato nel corso del Medioevo da un gruppo di monaci italo – greci, che qui si dedicarono all’agricoltura, attività garantita dalla fertilità della terra ricca di acque di scolo provenienti dalla collina, raccolte in cisterne tramite un sistema di canalizzazioni in parte ancora visibile.

Nel corso del ‘500, nell’area già occupata dai monaci bizantini venne edificato il complesso masserizio fortificato, denominato Macurano, consistente nella Masseria Santa Lucia e nella cappella di Santo Stefano.

Il sito si caratterizza per la presenza di alcuni trappeti ipogei, attualmente in completo stato di abbandono, e di numerose grotte alcune delle quali non più accessibili. Probabilmente sul territorio di Macurano insisteva, in età romana, una stazione intermedia situata lungo la “via Sallentina”, ossia la strada che da Vereto (Patù) risaliva il Capo di Leuca verso Castro e Otranto. Il tracciato si conserva ancora in alcuni tratti, come dimostrano le carraie scavate nel banco di roccia, casualmente e inconsapevolmente parallele alla nuova S.S. 275 e ai binari della ferrovia del Sud – Est. L’escursione, a passo lento, ci permetterà di vedere anche antichi tagli di cava, silos per la conservazione di derrate alimentari, cisterne e tombe medievali intagliate nella roccia. Marco Cavalera, Presidente dell’associazione Archès di Lucugnano, afferma che “questa zona è tutta piena di casali romani e bizantini, antecedenti alla fondazione dei centri abitati moderni. Paesi come Alessano, Corsano e San Dana sono di età medievale, mentre Macurano è preesistente a questi paesi. Per Montesardo, invece, il discorso è diverso perché è una città di origine messapica. Tutta l’area, quindi, va indagata sistematicamente per comprendere il sistema insediativo di età romana e bizantina del territorio. Ma se la strada passerà sopra quest’area sarà impossibile capire tutto questo. Macurano, si dice, non verrà interessata ma chi ci assicura che sotto i terreni su cui passerà la strada non ci siano evidenze archeologiche relative all’insediamento? Siamo sicuri che ci sono le grotte, ma i monaci bizantini si spostavano per svolgere le loro attività. Probabilmente ci saranno dei reperti in tutta la zona interessata dai lavori di realizzazione della superstrada.

Macurano - Frantoio ipogeo

Lasciato alle nostre spalle l’insediamento di Macurano e superata la S.P. 210 (Montesardo – Novaglie), si procede per circa un chilometro e mezzo in direzione sud, camminando su una stradina sterrata che costeggia la Serra di San Dana, pressoché parallela alla ferrovia, fino all’intersezione con la S.P. 189 (via Corsano). Si svolta a destra, si oltrepassa un ponticello in cemento armato che permette di superare i binari della ferrovia e si giunge, dopo alcune centinaia di metri, alla periferia orientale di San Dana (Gagliano del Capo), dove è prevista la prima sosta.

La nuova S.S. 275 – se realizzata – oblierebbe il paesaggio di pietra che si scorge alla nostra destra, dall’alto della Serra la cui massima altitudine sfiora i 160 metri s.l.m. Anche qui purtroppo non mancano note stonate: discariche di materiale inerte per edilizia (tra cui eternit) e un’antiestetica casa in costruzione all’interno di un boschetto di querce spinose e lecci.

Ci troviamo a ridosso del tanto discusso viadotto della nuova S.S. 275, in un’area ricchissima di evidenze archeologiche, tra cui una villa romana dotata di terme, scoperta negli anni ’70 del secolo scorso e scavata – nel gennaio del 2001 – da ricercatori dell’Università di Lecce, e una cripta dedicata a Santa Apollonia, decorata da pregevoli affreschi – mal conservati – riferibili a diverse fasi storiche. Si tratta di un eremo monastico, la cui particolarità consiste nella presenza di una piccola celletta nella quale è stato realizzato un sedile scavato nella roccia. Il seggio di pietra potrebbe essere stato utilizzato dall’eremita nei momenti di relax, sulla base delle semplici regole imposte dal monaco Pacomio di Esna, fondatore del cenobitismo: dedizione al lavoro, autosufficienza e riposo da seduti. La cripta di Santa Apollonia, quindi, sarebbe una rara testimonianza del monachesimo prebizantino in Italia, le cui origini risalirebbero al IV secolo d.C.

Affresco della Santa Apollonia lungo una della pareti della cripta

Dopo il riposo dei camminanti in un uliveto secolare, l’escursione prosegue scendendo circa 20 metri di quota, lungo un ripido sentiero che conduce ai piedi della Serra di San Dana dove, dopo un percorso di circa duecento metri, sarà possibile ammirare due testimonianze di archeologia industriale: un palmento e un frantoio ipogeo. Il primo, risalente al XVII secolo, non è visitabile all’interno a causa della presenza di vegetazione spontanea infestante. La struttura muraria e la volta a botte, inoltre, presentano evidenti lesioni che mettono in pericolo la stabilità dell’edificio. Attigua al palmento vi è una grotta adibita a trappeto, anch’essa in completo stato di abbandono. Al suo interno si conservano ancora resti di macine, nicchie ricavate nelle pareti, pozzetti di decantazione dell’olio e vasche per la raccolta della sentina. Se si realizzasse il progetto della S.S. 275, di questo luogo intriso di lavoro, sangue e sudore, testimone di un’epoca in cui lo strepitio dell’attività umana giungeva anche dalle viscere della terra, dal buio dei frantoi ipogei, frenetici ed instancabili produttori di “oro giallo”, non rimarrà nient’altro che un cumulo di macerie. Poco distante, dopo aver risalito il rilievo per circa un centinaio di metri lungo un tratturo scavato nella falesia, si lambisce un altro monumento della civiltà contadina, ossia un’aia ricavata sul banco roccioso levigato e delimitata da blocchi di calcare locale. Di fronte all’aia, guardando verso settentrione, troviamo un’altra grotta, che si apre sul versante orografico esposto a sud di un canalone naturale, destinata anch’essa a frantoio. La vicina presenza della cripta di Santa Apollonia induce a ritenere queste cavità delle antiche laure abitate dai monaci bizantini o utilizzate dagli stessi per le attività quotidiane.

Il sole prosegue lentamente il suo cammino verso ovest e la nostra carovana intraprende il viaggio di ritorno, immersi in un suggestivo paesaggio bucolico caratterizzato da campagne coperte da terra rossa come il tramonto, liame e pajare, ulivi e piccoli orti coltivati con amorevole cura dai contadini del posto. Si percorre, per circa un chilometro e mezzo la via vecchia per Montesardo, sulla quale si prospetta la chiesetta medievale di Santa Barbara, annessa ai ruderi di un antico monastero femminile benedettino, con i suoi pregevoli affreschi di età angioina.

Chiesa di Santa Barbara

Il percorso si conclude, dopo aver passeggiato per poco più di un chilometro, nell’area antistante l’insediamento rupestre di Macurano, dove la nostra escursione ha avuto inizio.

Associazione Archès


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