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E’ urgente per i nostri paesi “Un piano cittadino del colore”

Il paesaggio urbano, nella stragrande maggioranza dei comuni del Salento, continua ad essere sempre più sfregiato da forme architettoniche estranee alla nostra cultura, dalla colorazione esagerata delle facciate delle abitazioni, dal ricorso eccessivo della pietra a vista e dalle bombolette spray. Il paesaggio ha subito perciò un trattamento opposto a quello riservato alla musica popolare salentina: le due cose legate insieme da secoli, sono state separate e trattate in maniera indiscriminata.

In questo contesto oggi si balla e si suona il tamburello sullo sfondo di ciò che ci circonda, senza chiederci che cosa dovremmo veramente esorcizzare. “…Con il loro paesaggio i paesi raccontano la loro storia, la loro architettura, i modi di dare forma e colore allo spazio abitato e dunque anche il modo di vivere di intere generazioni attraverso i secoli”. “…Bisogna capire che salvare il paesaggio della propria terra è salvarne l’anima e l’anima di chi la abita”. Il paesaggio che noi salentini abbiamo ereditato porta i segni stratificati delle dominazioni straniere che si sono succedute: bizantine, normanne, angioine, turche, aragonesi, borboniche e savoiarde. Contaminato e sopravvissuto a tutte queste, il nostro paesaggio può ancora raccontare la sua storia come una persona anziana la racconta ai propri nipoti affinché tutto si tramandi e sopravviva.

I turisti giunti nel Salento non sono stati attratti soltanto dal clima e dalla musica ma anche dal paesaggio e quello che essi hanno trovano porta evidenti i segni del degrado e dell’incuria. I turisti dicono di noi che non sappiamo conservare, che è meglio se non tocchiamo più niente che di danno ne abbiamo fatto già troppo. Il danno avviene perché nella nostra mentalità distorta, l’interesse privato prevale su quello pubblico e questa è una deformazione culturale acquisita negli anni con le vicende della nostra storia politica meno recente. I turisti è ovvio hanno una formazione culturale diversa dalla nostra, e qui le cose si invertono: l’interesse della collettività innanzitutto e poi quello del privato. Un paese è un insieme di case e un insieme di case forma un paesaggio, il paesaggio quindi è una entità plurale e pubblica, non privata e come tale ha vincoli e regole che vanno rispettate se gli organi preposti al loro controllo funzionano: le amministrazioni comunali e, in prima persona i sindaci e i tecnici comunali e, per competenza, gli assessori all’Urbanistica e alla Cultura.

Tricase - via Cittadella

Ma si sa, nei sessanta anni e passa di storia della prima e seconda Repubblica, le persone che si sono succedute su quelle poltrone, o sono state incompetenti o hanno avuto altri ed esclusivi interessi da controllare, o, semplicemente, non hanno voluto urtare la suscettibilità di chi li ha votati per non perdere consensi. I geometri, gli ingegneri e gli architetti operano in proprio e non si assumono responsabilità. Il loro ruolo è fare da tramite con il privato, con l’Amministrazione comunale e l’artigiano che esegue i lavori. Poi controllare che i lavori proseguano, fino al completamento, in ordine sparso. Possiamo quindi immaginare quanto può essere banale e monotono un lavoro fatto senza regole, senza passione e molto spesso dannoso e distruttivo. Come aggravante c’è che da tutto ciò si è sviluppata una forma di necessaria ma anche comoda anarchia. Infatti tutto si svolge in un “fai date” generale, un enorme bricolage. L’artigiano porta con se la sua elegante mazzetta dei colori, il cittadino committente la guarda e punta subito il dito sui colori più vistosi. Più forti sono i colori scelti, più ci si distingue dagli altri, (è la cultura dell’apparire senza essere) rosso, azzurro, giallo, viola, verde, arancio e se il prezzo è giusto tutto procede “a regola d’arte” e quello che prima era un unico paesaggio è diventato adesso un agglomerato di singole e ibride case colorate come i pacchi natalizi confezionati in un supermercato. Tranne i palazzi della gente benestante e le Chiese, (comprese quelle che in questi ultimi anni sono state scorticate dell’intonaco all’interno o intonacate all’esterno o completamente abbattute), i centri storici, mai considerati e sottoposti ad un controllo dalla Sovraintendenza alle belle Arti, erano in prevalenza abitati dai ceti poveri e poveri erano i materiali che usavano per colorare le loro abitazioni. Essi, mescolando al bianco della calce le terre colorate tradizionali, ottenevano dei colori dalle tonalità sobrie e non invadenti all’interno o all’esterno dei loro spazi già di per se limitati. Ma il bianco della calce primeggiava incorruttibile nel tempo ed era tutt’uno con la loro indole. Oggi quelle stesse case le vediamo annerite, non dal tempo ma dalla muffa che ha ricoperto quelle stesse superfici pitturate con materiali chimici inquinanti non adatti al nostro clima ed anche molto costosi. Ciò che la povertà ieri ha conservato, oggi il benessere distrugge. Anche se il futuro che abbiamo davanti a noi ha una prospettiva molto incerta, possiamo comunque considerarci fortunati se la nostra provincia, rispetto a tante altre si trova in questi ultimi anni in uno stato di grazia, una sorta di neo rinascimento che qualche comune, nel suo piccolo, si sta disponendo ad onorare avendo capito che dopo l’abbandono delle campagne, la chiusura delle aziende tessili e calzaturiere non resta che investire sul turismo finché abbiamo ancora risparmi da impegnare. Si tratta di iniziative lungimiranti e coraggiose anche se isolate e scollegate da un progetto più generale: è come uscire all’aperto di un mare buio e agitato ma pur di dare un esempio è un percorso che bisogna fare se si è amministratori pubblici liberi da condizionamenti di parte. Il poeta leccese Vittorio Bodini percorrendo, “tra le rime” quell’interminabile tratto che da nord a sud, porta all’estremo e ultimo lembo di terra del Salento , scriveva che alla fine di quel percorso c’è “un faro, un punto di luce e di orientamento: una speranza”.

Ezio Sanapo

Articolo tratto da: Terra di Leuca, dicembre 2011, consultabile anche online a questo link.


Un commento su “E’ urgente per i nostri paesi “Un piano cittadino del colore”

  1. Egidio ANTONAZZO ha detto:

    …ormai siamo all’anarchia urbana del colore e non solo,purtroppo!

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